L’Assemblea Legislativa Plurinazionale va avanti nell’esecuzione di un giudizio di responsabilità nei confronti del governo della Áñez per crimini contro l’umanità, crimini di genocidio, tortura, sparizioni forzate e altri, in relazione alla firma del Decreto 4078, che “esentava da qualsiasi responsabilità penale” le forze di sicurezza che stavano reprimendo le proteste contro il colpo di Stato. Con quel decreto venne data libertà assoluta alle forze militari e di polizia di reprimere la popolazione, di uccidere, senza poi correre il rischio di venire processati ed essere ritenuti responsabili davanti alla giustizia.

Il cambio di governo in Bolivia, con la vittoria del presidente socialista Luis Arce, che ha posto fine al regime golpista dell’autoproclamata Jeanine Áñez, si trova però a dover combattere il capitolo della fuga di diversi ex ministri ed ex funzionari, alcuni dei quali con indagini giudiziarie aperte[1].

Molti degli ex funzionari sono indagati per corruzione, mentre altri sono sotto accusa per la loro partecipazione ai massacri e ad atti repressivi registrati durante quel periodo.

Tra gli ex funzionari indagati c’è Marcel Rivas, direttore dell’ufficio Migrazione del Paese, accusato di aver facilitato la fuga degli ex ministri dell’Interno a della Difesa Murillo e López, nonché di aver emesso illegalmente 495 note di allarme per impedire a politici, giornalisti, uomini d’affari e altre persone considerate oppositori del regime della Áñez di lasciare il Paese per proteggersi.

Secondo la Polizia Nazionale, l’ex vice ministro del governo Javier Issa, ora negli Stati Uniti, è accusato di aver partecipato al furto e al rogo di alcuni documenti personali dell’ex presidente Evo Morales. Per lo stesso caso è detenuto anche l’ex direttore della Forza Speciale per la Lotta al Crimine (FELCC) Iván Rojas, processato anche insieme alla moglie per una vicenda di profitti illeciti.

Se per Jeanine Áñez la Procura non ha ancora emesso un ordine di cattura, altri funzionari hanno abbandonato di corsa il Paese sfuggendo ai rispettivi mandati d’arresto e sono arrivati ​​negli Stati Uniti o a Panama secondo quanto riferito dalla Polizia Nazionale Boliviana.

Pochi giorni fa, il procuratore capo boliviano ha ordinato in questi giorni l’arresto del generale Alfredo Cuéllar accusato per il massacro di Sacaba contro i manifestanti che protestavano contro la detronizzazione del presidente socialista Evo Morales. Massicce proteste chiedevano il suo ritorno e le dimissioni dell’autoproclamato governo.

In queste manifestazioni, le forze armate hanno utilizzato armi e agenti chimici per disperdere i manifestanti a Sacaba[2] e Senkata[3], rispettivamente il 15 e 19 novembre e hanno causato la morte di almeno 18 cittadini. Il primo massacro è avvenuto il 15 novembre nel comune di Sacaba, Cochabamba, dove 12 persone sono state uccise e 125 ferite in una repressione della polizia. Il secondo è avvenuto nella città di Senkata, il 19 novembre, quando un’operazione di polizia e militare ha ucciso 10 persone.

Secondo il procuratore Lizeth Martinez, “il mandato d’arresto è stato emesso per il rischio di fuga e l’ostruzione delle indagini, oltre ad altri elementi contro il militare”.

Questa misura è arrivata il 24 novembre, con l’insediamento degli esperti della Commissione Interamericana sui Diritti Umani (IACHR), che indagherà sugli eventi di violenza nel 2019.

Il Ministro della Giustizia boliviano Iván Lima ha dichiarato che il nuovo governo metterà a disposizione della IACHR “tutti i file” della Polizia boliviana, delle Forze armate e del Ministero pubblico per identificare “gli autori intellettuali e materiali” dei fatti.

“Apriamo le porte alla comunità internazionale per indagare, valutare ed emettere un rapporto. L’ultima parola sugli eventi di Sacaba e Senkata sarà data al nostro Pubblico Ministero e ai giudici di questo Paese”, ha sottolineato.

I cinque esperti, accompagnati dal presidente della IACHR, Joel Hernández, consegneranno un rapporto tecnico all’ufficio del procuratore generale dello Stato (FGE) per avviare azioni legali contro i responsabili.

Il rappresentante del Pubblico Ministero ha aggiunto che Cuellar, il primo uomo in divisa ad essere detenuto per questi eventi, “si trova in stato d’arresto e verranno effettuati gli atti investigativi ritenuti opportuni per chiarire i fatti”.

Cuellar è ora in attesa di un’udienza dalla quale sono previste misure cautelari. Secondo il suo avvocato Edwin Paredes, il suo cliente durante il massacro sotto inchiesta “ha svolto solo funzioni amministrative e non è colpevole”.

L’elenco degli ex funzionari oggetto di indagine comprende anche Víctor Hugo Zamora, che era a capo del Ministero degli Idrocarburi, per uso improprio dell’influenza e violazione dei doveri, e Roxana Lizárraga, ex Ministro delle comunicazioni di Áñez, ma non è escluso che tra i golpisti il numero di indagati cresca. Nel frattempo L’Organizzazione Internazionale della Polizia Criminale (Interpol) ha autorizzato la ricerca, per una successiva cattura all’estero, degli ex funzionari e ministri golpisti boliviani fuggiti nonostante un mandato di arresto. Il direttore dell’Interpol-Bolivia, Pablo García, ha confermato le disposizioni nei confronti dell’ex ministro degli Interni Arturo Murillo e dell’ex ministro della Difesa Fernando López, che hanno un mandato di arresto per il loro coinvolgimento nel caso dell’acquisto irregolare di gas lacrimogeni con tangenti. Inoltre sono state completate tutte le procedure per scovare gli ex ministri nei 194 paesi firmatari che, una volta ritrovati, si richiederà all’autorità giurisdizionale il mandato di cattura.

 

[1] https://www.telesurtv.net/news/investigaciones-bolivia-corrupcion-represion-20201126-0016.html

[2] Nel Tropico di Cochabamba (zona natale di Evo) sul ponte di Huayllani

[3] città di El Alto