La crisi innescata dal COVID-19 sta aggravando la difficile condizione di milioni di apolidi in tutto il mondo, ha avvertito oggi l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, Filippo Grandi.

In occasione del sesto anniversario della campagna #IBelong lanciata dall’UNHCR, volta a porre fine all’apolidia entro il 2024, Filippo Grandi ha esortato i leader di tutto il mondo ad assicurare inclusione e protezione alle popolazioni apolidi e ad adottare rapidamente misure coraggiose per sradicare tale fenomeno.

“La pandemia di COVID-19 ha mostrato, come mai prima, la necessità di assicurare inclusione e l’urgenza di porre fine all’apolidia. Una pandemia non fa distinzioni tra cittadini e non cittadini. Non è nell’interesse di alcuno Stato, società o comunità ospitare persone costrette a vivere in tale condizione e ai margini”, ha dichiarato Filippo Grandi.

“È necessario intensificare gli sforzi per porre fine a quello che, nel XXI secolo, rappresenta un affronto all’umanità”.

Privati di importanti diritti legali e, spesso, impossibilitati ad accedere ai servizi essenziali, molti apolidi sono emarginati dal punto di vista politico ed economico, discriminati e vulnerabili a sfruttamento e abusi. In molti Paesi, le persone apolidi, compresi i rifugiati apolidi, vivono in condizioni sanitarie inadeguate e non conformi alle norme, fattore che può far incrementare il rischio di contrarre malattie.

Sebbene sia difficile raccogliere dati su scala mondiale, dal momento che le popolazioni apolidi non sempre sono tenute in considerazione o incluse nei censimenti nazionali, secondo l’UNHCR vi sarebbero 4,2 milioni di apolidi in 76 Paesi. Tuttavia, si ritiene che il numero reale sia significativamente più elevato.

Pur essendo stati compiuti progressi significativi nella riduzione dell’apolidia su scala mondiale a partire dal lancio della campagna nel novembre del 2014, la pandemia da coronavirus ora ha aggravato molte delle difficoltà e delle ingiustizie a cui gli apolidi devono far fronte.

“Privi di cittadinanza, molti apolidi non hanno accesso oppure non sono inclusi nei servizi essenziali di salute pubblica e nelle reti di sicurezza sociale. Sono stati lasciati in condizioni di estrema vulnerabilità di fronte a questa pandemia”, ha affermato Filippo Grandi.

Alcuni Paesi hanno, tuttavia, mostrato capacità di leadership includendo le persone apolidi nei loro piani di risposta al COVID-19, assicurando che avessero accesso a test e cure, cibo, indumenti adeguati e mascherine. Alcuni governi hanno reso la registrazione delle nascite e il rilascio di altri documenti di stato civile un servizio essenziale, continuando ad assicurarne l’operatività nonostante la pandemia e contribuendo, in tal modo, a prevenire l’emergere di nuovi casi di apolidia.

“L’apolidia rappresenta un problema che si può facilmente risolvere e prevenire, una questione di volontà politica di cambiare lo status e la vita delle persone. Eppure, le conseguenze di non agire, specialmente nel mezzo di una pandemia, possono rivelarsi letali,” ha dichiarato Filippo Grandi.

“Al fine di proteggere e salvare vite umane, esortiamo i governi a sradicare l’apolidia e assicurare che nessuno sia lasciato indietro”.


Informazioni di contesto – dall’inizio della campagna #IBelong:

  • Quasi 350.000 apolidi hanno acquisito una nazionalità in diversi Paesi quali Kirghizistan, Kenya, Tagikistan, Thailandia, Russia, Svezia, Vietnam, Uzbekistan e Filippine.
  • Si sono registrate 25 nuove adesioni alle due Convenzioni delle Nazioni Unite sull’apolidia, portando a 94 il numero attuale di Paesi contraenti della Convenzione del 1954 sullo status degli apolidi, e a 75 quello dei Paesi contraenti della Convenzione del 1961 sulla riduzione dell’apolidia.
  • 16 Paesi hanno inoltre istituito o migliorato procedure di determinazione dell’apolidia per identificare le persone apolidi presenti sul proprio territorio, e alcuni hanno messo a disposizione percorsi agevolati per l’acquisizione della cittadinanza.
  • 8 Stati hanno apportato modifiche alle proprie leggi in materia di cittadinanza al fine di concedere la cittadinanza ai bambini nati sul proprio territorio che, diversamente, si ritroverebbero apolidi, e due Stati hanno riformato le proprie leggi in materia di cittadinanza per consentire alle madri di trasmettere la propria cittadinanza ai figli su un piano paritario rispetto a quanto è garantito ai padri.

Per saperne di più: https://www.unhcr.org/it/cosa-facciamo/riduzione-dellapolidia/

Per l’anniversario della campagna #IBelong Edin⁠, Khando, Aleks, Christiana e Francesko, persone apolidi attualmente residenti in Italia e altri paesi, raccontano la loro esperienza sull’account Instagram di UNHCR Italia.