Sono passati ben 16 anni dalla sua morte, avvenuta l’11 novembre del 2004, probabilmente per avvelenamento.
Ma ci sono persone che per il loro agire e per il simbolo che rappresentano diventano personaggi immortali al punto che, se la nostra vita ha coinciso per qualche anno con la loro, ci sembra che ancora due giorni fa erano presenti e vivi, e solo quando una commemorazione ce lo ricorda ci si accorge che sono passati anni.
Il presidente Yasser Arafat era uno di questi uomini e anche per questo ha motivo di essere il personaggio – in vita come in morte – più odiato dal sionismo. Non certo per gli accordi di Oslo, anzi, per quelli i sionisti dovrebbero fargli un monumento!
Il presidente Arafat è odiato perché è l’uomo che ha fatto fallire il progetto di Ben Gurion (i vecchi moriranno e i giovani dimenticheranno) ed ha impedito che un popolo cacciato dalla sua terra e reso profugo si disperdesse.
Sotto la sua guida centinaia di migliaia di profughi sono rimasti popolo, un popolo resistente che dichiara come propria patria la Palestina e che, in 72 anni di occupazione, non ha ceduto né a cosiddette “generose offerte” né a cosiddetti “piani del secolo”. Ed è così grazie alla linea tracciata da Arafat.
Non è un caso che anche nella Striscia di Gaza, dove governa Hamas, così come nelle case dei palestinesi della diaspora in varie parti del mondo, o in quelle dei campi profughi in Libano o in Giordania e ovunque, quale che sia la fazione politica di riferimento, è generalmente presente e rispettata l’immagine del presidente Arafat.
Il popolo palestinese è “un popolo” che l’occupazione è riuscita a ferire, a violare, a calpestare, ma non a distruggere grazie a Yasser Arafat, l’uomo che amava ripetere al mondo che la lotta per la dignità e la libertà non ha confini né luogo di nascita e che arrendersi gettando nel fango i diritti inalienabili di cui si rivendica il riconoscimento non si può. O, per dirla con le parole del grande poeta Darwish, Arafat ha insegnato al mondo che c’è qualcosa per cui vale la pena vivere. Anche quando tutto sembra venirci contro.