Marzo scorso, tutti a casa. Anche le lezioni di italiano dei vari CPIA (scuole di italiano come seconda lingua) sparsi per l’Italia si attivano e lavorano online per quanto possibile.
Un maestro concentra le lezioni di un gruppo tra mezzogiorno e le due e in questo modo gli studenti si collegano dall’Australia, dall’Argentina, dallo Sri Lanka, dalla Francia e da Barcellona. Per tre mesi intensi si vedono e si parlano dal lunedì al sabato senza interruzioni. Un gruppo in cui molti non si sono mai incontrati di persona. Durante le lezioni raccontano, imparano, sognano. Sognano che la giovane che fa sushi per ore stando in piedi possa soffrire meno, che il grafico iraniano che consegna cibo in bicicletta possa fare il suo mestiere, che la giovane modella non sia mai sfruttata, che la scultrice abbia uno spazio dove lavorare, che la pubblicitaria che lavora 10 ore al giorno possa lavorarne meno, che i vari disoccupati non trovino solo qualche scampolo di lavoretto sottopagato, ma facciano quello che sanno fare e siano dignitosamente riconosciuti.
Sognano un luogo dove mettersi insieme e dare vita alle loro idee, dove progettare, costruire, inventare. A settembre finalmente si rivedono; il corso è finito, le relazioni restano. Vorrebbero abbracciarsi, ma non possono, così si accontentano di guardarsi negli occhi veri.
Il maestro propone: andiamo a conoscere un luogo dove sono riusciti a fare quello che abbiamo a suo tempo immaginato. E così prendono i mezzi pubblici e vanno fuori Milano a RIMAFLOW. Gigi Malabarba, una delle colonne di quella che da occupazione è diventata un luogo legale di creatività, li accompagna in visita. “Ma sapete che Gigi è stato anche senatore della Repubblica Italiana?”… “Nessuno è perfetto….” si schermisce Gigi.
Si unisce alla visita anche la Cooperativa Sherwood con quattro giovanissimi ragazzi che stanno scontando pene alternative al carcere minorile. C’è anche Alessandra dell’associazione “Buen Vivir”. Tutti e tutte ascoltano. Gigi racconta i dieci anni di lotte, sofferenze, ingiustizie, resistenza. Una volta tanto sembra esserci il lieto fine: come nei migliori film di Ken Loach, escono rafforzati e traboccanti di solidarietà dal ricatto e dall’attacco violento di Unicredit. Da un anno non sono più “fuorilegge”.
Andiamo a vedere gli spazi, le decine e decine di laboratori: un formicaio formidabile, un’esperienza che ha copiato quelle argentine dei riscatti delle fabbriche. Anziani e giovanissimi che lavorano gomito a gomito, l’esperienza si fonde con l’energia fresca. Camici da lavoro azzurri e bianchi. Una storia rara in Italia, un modello da riprendere.
Ci fermiamo a pranzo, con 5 euro si mangia alla mensa, con tutte le attenzioni anti-covid del caso. Alcuni giovani con qualche handicap mangiano ai tavoli, si confondono tra tutti. “Sono di un centro qui vicino, vengono volentieri qui a mangiare, credo si sentano più che accettati.
Grazie Rimaflow di esistere, grazie Gigi che ci hai raccontato tutto, ma vorremmo saperne ancora di più, grazie Massimo che ci hai raccontato quando alle 4 di mattina mentre eri in vacanza al paese del Sud sono venuti a prenderti per arrestarti. Grazie di averci aperto le porte, grazie di aver resistito anche per tutti quelli che all’inizio non credevano in voi.
Ora sta a noi. Pensare dove, come, quando, mettere in pratica gli insegnamenti di questa giornata iniziata con la pioggia e finita con il sole.