Negli ultimi giorni, almeno 278 parlamentari europei e statunitensi hanno inviato lettere pubbliche al presidente Abdelfattah al-Sisi denunciando la situazione dei prigionieri di coscienza in Egitto. A dimostrazione della crescente preoccupazione sul tema, 84 membri del Parlamento europeo, 138 membri di parlamenti nazionali europei e 56 membri delle due camere del Congresso Usa hanno sollecitato il presidente al-Sisi a porre fine all’ingiusto imprigionamento di difensori dei diritti umani, giornalisti, avvocati e attivisti politici finiti in carcere solo per aver esercitato i loro diritti fondamentali.
Le sette organizzazioni non governative (*) che hanno promosso l’iniziativa considerano l’azione dei parlamentari tempestiva e assai necessaria per porre rimedio alla terribile situazione dei diritti umani in Egitto e chiedono a loro volta al governo del Cairo di rilasciare tutti coloro che sono detenuti solo per aver esercitato in modo pacifico i loro diritti. È giunto davvero il momento che le autorità egiziane rispettino i diritti alla libertà d’espressione, di associazione e di manifestazione pacifica e spezzino il circolo dell’impunità per le gravi violazioni dei diritti umani in corso nel paese.
Soprattutto nell’attuale periodo, in cui i rischi per la salute sono aggravati dalla pandemia da Covid-19, i parlamentari europei e statunitensi chiedono al presidente egiziano di dare priorità ai diritti dei detenuti.
Le lettere dei parlamentari, inviate una dopo l’altra, riflettono le preoccupazioni espresse in precedenza dall’Ufficio dell’alta commissaria per i diritti umani delle Nazioni Unite, dagli esperti delle Nazioni Unite sui diritti umani e da organismi internazionali che si occupano di sanità ed esprimono crescente preoccupazione per il clima d’impunità dominante in Egitto.
Le lettere sono state inviate in una fase di continuo deterioramento della situazione dei diritti umani in Egitto, appena poche settimane dopo l’ulteriore ricorso alla forza illegale, agli arresti di massa e alla censura nel contesto delle proteste contro il peggioramento dell’economia. Nonostante gli enormi rischi per la loro vita, la loro incolumità e la loro libertà, gli egiziani continuano a far ascoltare la loro voce.
Il governo del Cairo ha persino strumentalizzato la pandemia da Covid-19 per restringere ulteriormente le libertà fondamentali e ridurre al silenzio ogni critica nei confronti del modo in cui ha gestito l’emergenza sanitaria.
Alcuni dei prigionieri di coscienza menzionati nelle lettere dei parlamentari, tra cui Ramy Shaath e Zyad el-Elaimy, sono detenuti senza processo da oltre un anno solo a causa del loro pacifico attivismo politico. Avvocati per i diritti umani come Mohamed al-Baqer e Mahienour al-Massry, a loro volta citati nelle lettere, sono in carcere per aver difeso vittime di sparizione forzata e di detenzione arbitraria.
Le lettere riportano i nomi anche di Esraa Abdel Fattah, Solafa Magdy, Hossam al-Sayyad e Mahmoud Hussein, giornalisti imprigionati per i contenuti critici dei loro articoli o delle loro opinioni, e includono anche i ricercatori sui diritti umani Patrick Zaki e Ibrahim Ezz el-Din, che si trovano in detenzione preventiva a dimostrazione della politica di “tolleranza zero” nei confronti dell’attivismo per i diritti umani.
(*) EuroMed Rights, ACAT France, Amnesty International, Istituto del Cairo per gli studi sui diritti umani, Federazione internazionale dei diritti dell’uomo e Organizzazione mondiale contro la tortura (entrambe nell’ambito dell’Osservatorio per la protezione dei difensori dei diritti umani) e The Freedom Initiative.