Forse lo stesso Gandhi sarebbe stato contrario a questa ricorrenza, refrattario com’era a cerimonie rituali e culti formali. Più interessato al metodo di lotta che alla meta da raggiungere: “Abbiate cura dei mezzi e i fini si realizzeranno da soli“. Tutta la sua vita è stata una sperimentazione delle tecniche (spirituali, personali, sociali, politiche) per cercare la Verità. La sua eredità è l’esempio che ci ha lasciato. Nient’altro. Ora dobbiamo andare avanti noi.
Gandhi era molto severo con se stesso: “Abbandono il mahatma al suo destino. Non desidero prestigio in nessun luogo. Non esiste un gandhismo. Non ho dato origine a nessuna nuova dottrina. La verità e la nonviolenza sono antiche come le colline. Chi crede a queste verità può diffonderle soltanto vivendole. Non serve a nulla ripetere in continuazione che la nonviolenza dei forti è la forza più potente dell’umanità. L’India non ha avuto esperienza della nonviolenza dei forti. Non chiedo a nessuno di seguirmi. Ciascuno deve seguire la sua voce interiore. L’unica cosa che chiedo ai miei amici è di attuare nella loro vita il programma della nonviolenza“.
Questo è quello che conta. Il programma della nonviolenza. Qual è oggi il nostro programma? Quale direzione dobbiamo seguire?
Facciamoci aiutare da Aldo Capitini. “Bisogna arrivare a moltitudini che rifiutino la guerra, che blocchino con le tecniche nonviolente il potere che voglia imporre la guerra. L’Europa ha sofferto per non avere avuto questo moltitudini di dissidenza assoluta riguardo al potere dei fascisti e dei nazisti. L’omnicrazia deve prendere corpo in questo modo: nella capacità di impedire dal basso le oppressioni e gli sfruttamenti. Una volta c’è stato un pacifismo molto blando, tanto è vero che davanti alla prima e alla seconda guerra mondiale vacillò. Il vecchio pacifismo era ottimista e di corta vista. La nonviolenza pone impegni precisi. La nonviolenza è una continua lotta. La nonviolenza è attivissima”.
Fu per questo che dopo il grandissimo successo della Marcia Perugia-Assisi del 1961, anche se molti enti ed associazioni chiesero a Capitini di ripetere l’iniziativa annualmente, egli rifiutò sempre, per evitare il rischio che la Marcia, e di conseguenza lo stesso ideale di Pace, divenissero ritualità e stanca ricorrenza.
In piena sintonia con Capitini era anche Alexander Langer: “Mi capita con una certa frequenza di partecipare a iniziative e incontri per la pace. Spesso ho l’impressione che si tratti di una pace astratta, e di un pacifismo privo di strumenti per raggiungere i suoi obiettivi. Un movimento per la pace che fosse fatto principalmente o esclusivamente di marce e petizioni per chiedere disarmo o condanna di certe aggressioni militari, non avrebbe grande credibilità, soprattutto se si limitasse ad invocazioni generiche di pace cui nessuno potrebbe dirsi contrario, ma dalle quali non deriva nessun effetto concreto. Sono convinto che oggi il settore ricerca e sviluppo della nonviolenza debba fare grandi passi in avanti e non debba fermarsi alle ormai tradizionali risorse”.
Ecco la sfida cui siamo chiamati se vogliamo stare sul binario della nonviolenza senza deragliare: il salto di qualità da un pacifismo generico ad un movimento maturo. Noi del Movimento Nonviolento, insieme a tantissime altre associazioni del mondo pacifista, nonviolento, disarmista, della solidarietà, del servizio civile, della giustizia sociale, della cultura, dell’ambientalismo, ci stiamo provando con la Rete Italiana Pace e Disarmo.
La nuova Rete è uno strumento per lavorare insieme su alcune campagne concrete e precise in corso (Difesa Civile non armata e nonviolenta, Adesione al Trattato per la messa al bando della armi atomiche, No F35, Stop Bombe in Yemen, Io Accolgo, Pace Diritto Giustizia in Israele/Palestina, Interventi civili di pace nei conflitti in corso, per la riduzione delle spese militari, per il controllo dell’export di armi, ecc.) e per andare avanti insieme su quanto fatto e quanto ci resta ancora da fare, per dare voce alle esperienze di resistenza civile e nonviolenta e fissare nuovi obiettivi comuni. C’è bisogno oggi di competenze, di studio, di pensiero, di informazioni e di azioni, personali e politiche. Slogan vuoti e gesti simbolici lasciano il tempo che trovano. Per questo abbiamo unito le nostre forze e trovato terreni di unità per un futuro di pace e disarmo. La nostra forza è la nonviolenza, la nostra unità è nell’azione concreta diffusa sui territori. Ci pare questo l’unico modo concreto per dare un senso alla Giornata internazionale della nonviolenza, e ai giorni che seguiranno.