Non se n’è mai sentito parlare, fin quando non è andata alla ribalta sui media la storia dell’Orso M49, che nella notte del 15 luglio 2019 evase superando barriere e recinzioni apparentemente invalicabili, per poi esser stato catturato e per poi fuggire nuovamente il 27 luglio 2020, venendo nuovamente imprigionato poche settimane fa in questa struttura-lager nel paese di Casteller. Sebbene sia nata negli anni 60’ come “Centro di recupero fauna alpina” e “vero e proprio luogo di pace per gli animali feriti”, in seguito è diventata una prigione in cui gli animali reclusi vengono quotidianamente bombardati da psicofarmaci, rinchiusi in gabbie di pochi metri quadrati, in fortissime condizioni di stress psico-fisico, che li portano addirittura a rifiutare il cibo.
Fra il 1996 e il 2002 viene realizzato in provincia di Trento il Progetto Life Ursus, profumatamente finanziato dalla Comunità Europea, con finalità di ripopolamento degli orsi bruni, all’epoca sostanzialmente estinti nell’arco alpino. Inizialmente si pensava che un progetto di questo tipo avesse portato turismo e ingrassato le casse provinciali, come riportano i compagni di Assemblea Antispecista. In poco tempo ci si rende conto che la salvaguardia degli orsi bruni “non è compatibile con l’attuale modello di turismo consumista e invasivo, nel contesto di un territorio in realtà ampiamente antropizzato”. Da “ricovero per animali” diventa un centro di detenzione il cui scopo è controproducente rispetto agli obiettivi del progetto. A confermare tale scempio è un documento sugli orsi gestiti dalla Regione e dalla Provincia di Trento attraverso il Progetto Life Ursus, reso noto da Assemblea Antispecista, che riporta la sorte di una trentina di orsi censiti dal 2000 al 2020.
In 20 anni, 34 orsi sono stati inseriti nel territorio, tolti dal territorio, o abbattuti, o imprigionati, o “uccisi per errore”, o morti per cause sconosciute o addirittura “scomparsi”. I militanti antispecisti hanno evidenziato che i milioni di euro spesi per il Progetto Life Ursus sarebbero stati più efficaci se usati per finanziare progetti di educazione nelle scuole, formazione di operatori turistici, sensibilizzazione naturalistica e informazione a residenti e turisti per una convivenza pacifica, cose che negli anni non sono state fatte e nemmeno pensate. Risultato: si sono spesi soldi per un progetto per il ripopolamento degli orsi, che ha causato la morte degli orsi stessi.
Dopo il caso dell’orsa KJ2 che aveva portato sul banco degli imputati l’ex Presidente Ugo Rossi (che ha affermato che rifarebbe tutto senza alcun pentimento) e il funzionario Zanin per maltrattamenti animali, la persecuzione degli orsi vede coinvolta l’attuale giunta leghista. Il presidente Fugatti, che sta revocando le ordinanze di cattura perché non ha abbastanza gabbie in cui rinchiudere gli orsi, vorrebbe spostare l’orsa DJ3 per liberare spazio da destinare ad altri orsi da rinchiudere al Casteller, provocandole gravi danni a livello etologico qualora venisse trasferita in un contesto, come quello dello zoo di Spormaggiore (Trento), nel quale non vivono altri orsi. Per questo, nella denuncia fatta dalle associazioni animaliste, si richiede il sequestro dell’orsa, auspicando un intervento del Ministro Costa “in ottemperanza alla norma nazionale che individua gli orsi quale patrimonio indisponibile dello Stato italiano e non della provincia di Trento”, come ha sostenuto Massimo Vitturi di LAV.
Oltre alla vita di M49 anche quelle di M57 e di DJ3 sono diventate un vero e proprio supplizio che non si può più tollerare. DJ3, figlia dell’orsa Daniza (più tristemente nota nella mala gestione della provincia di Trento) è reclusa da ben 9 anni, mentre M57 è riuscito a trascorrere solo due anni della sua vita in libertà prima di essere imprigionato. Ma in conseguenza di quali colpe è stato deciso che la coercizione fisica di questi animali fosse necessaria? Attraverso la retorica della “pericolosità” Fugatti ha condannato alla reclusione al Casteller anche un numero imprecisato di orsi, quelli che, secondo la sua ordinanza, si aggirano nei pressi degli abitati di Andalo e Dimaro Folgarida: un’ordinanza di cui è già stato chiesto l’immediato ritiro, poiché condannerebbe gli orsi ad una vita da ergastolani. È notizia di questi giorni che le condizioni psico-fisiche dei tre plantigradi sono state definite “inaccettabili” persino dagli organi di controllo istituzionali che, come da copione, propongono per voce delle associazioni veterinarie la costituzione di “comitati etici” per ripulirsi la faccia con la solita favola del “benessere animale”. Gli attivisti antispecisti hanno affermato di riconoscere, nell’operato della Giunta Fugatti, le stesse politiche repressive nei confronti di tutti quei “corpi indecorosi ed eccedenti, che varcano confini ed esprimono volontà di autodeterminazione, che mille volte abbiamo visto all’opera nei più disparati contesti di resistenza”. Ma la critica è più ampia, sottolineando come “la classe politica che ha governato il Trentino ha più volte dimostrato tutti i limiti e l’ipocrisia di un’impostazione antropocentrica rispetto alla convivenza con gli altri animali”. Basti pensare che la stessa giunta leghista, che nel 2011 organizzava banchetti a base di carne d’orso, ha affidato la gestione (crudele e fallimentare) della struttura-lager di Casteller interamente all’Associazione dei Cacciatori Trentini. Per questi motivi, Centro Sociale Autogestito Bruno, Assemblea Antispecista e Universitari Autorganizzati hanno indetto per il 18 ottobre la manifestazione nazionale STOP CASTELLER – SMONTIAMO LA GABBIA a Trento per chiedere la liberazione immediata di M49, M57 e DJ3, il sequestro della struttura e la liberazione immediata di tutti i plantigradi. Forme di proteste sono già partite il 21 settembre con la dichiarazione dello sciopero della fame da parte delle attiviste Stefania Sbarra e Barbara Nosari per gli orsi trentini dichiarando “una lotta a oltranza per liberare gli animali in prigionia”. Gli organizzatori della manifestazione hanno fatto appello a tutte le soggettività e i collettivi impegnati nelle lotte ecotransfemministe, antirazziste, antifasciste, antispeciste, ambientaliste e anticapitaliste per la giustizia climatica. Come hanno scritto gli organizzatori sulle pagine social, solo l’intersezione di tutte queste lotte può ambire a scardinare “il paradigma proprietario del capitalismo antropocentrico”. È ora di smettere di pensare che gli altri animali siano creature senza voce, per le quali è necessario usare la nostra. Come ha affermato Francesco De Giorgio, etologo antispecista: “Abbiamo bisogno di scritti, voci e azioni coraggiose, che sappiano muoversi oltre il filo spinato dello specismo, che sappiano non prostrarsi ad una presunta unica realtà, che sappiano anche fare liberazione animale attraverso una logica animale, che non siano appassionati di animali ma titolari di una resistenza nel nome dell’Animalità. Perché estrema ed estremista non è la resistenza, ma l’oppressione.”
La narrazione tossica dell’animalismo apolitico ha dipinto spesso gli altri animali come degli inermi che solo con l’aiuto “illuminato” umano possono salvarsi, mentre esiste una consistente storia di ribellione animale, tra cui anche M49 da Casteller, che ci chiede di rinunciare al nostro privilegio di specie per metterci al servizio della resistenza animale, mostrando la nostra solidarietà attiva contro l’ingiustizia di qualsiasi lager. L’appuntamento lanciato dagli attivisti è alla stazione di Villazzano, domenica 18 ottobre alle ore 11. La manifestazione durerà tutta la giornata, pranzo al sacco, scarponi e abbigliamento da montagna e obbligo di mascherina.
Fermiamo Casteller per fermare tutti i lager!