In Cile si vota per riformare la Costituzione, che risale agli anni della più che ventennale dittatura di Augusto Pinochet.
Il referendum costituzionale in Cile non è “un regalo dell’elite” ma il “frutto di una mobilitazione sociale”, che dovrà “mantenersi viva sempre, durante tutto il processo di redazione della Costituzione che seguirà”. A parlare, in un’intervista con l’agenzia Dire, è il deputato cileno Tomas Hirsch. Nato 64 anni fa nella capitale Santiago, due volte candidato alla presidenza, nel 1999 e nel 2005, siede in Parlamento con la formazione Accion Humanista.
L’intervista si svolge in una settimana che il politico definisce “un momento eccezionale di un anno eccezionale”. È passato da poco il 18 ottobre, primo anniversario della mobilitazione popolare contro l’aumento del costo della metro di Santiago, diventata poi una più ampia richiesta di cambiamento strutturale della politica e della società cilena. Tra le richieste arrivate dalla piazza, quella di indire un referendum per riformare la Costituzione, che risale agli anni della più che ventennale dittatura di Augusto Pinochet. Hirsch è sicuro che “almeno il 70 per cento degli elettori sceglierà di cambiarla”. Una stima, questa, che trova conferma in molti sondaggi.
Il deputato è noto per la sua linea contro la Carta fondamentale dei tempi della dittatura: nel corso delle due campagne da candidato presidente, a distanza di anni tra il primo e il secondo episodio, buttò letteralmente nella pattumiera il documento su cui si basa l’ordinamento cileno. “Furono gesti simbolici, che all’epoca raggiunsero poche persone”, ricorda il deputato. “Le cose sono molto cambiate e la richiesta di oggi unisce tanti settori della società”. Secondo Hirsch, una nuova Costituzione è “catalizzatore di tutte le energie diverse che hanno animato l’anno e i protagonisti della protesta, dagli studenti alle femministe, dai lavoratori ai popoli originari”. Ne sarebbe derivato “un profondo processo psicosociale”, che potrebbe culminare “nel taglio del cordone ombelicale con la dittatura”. Lo scenario che si trovano davanti i cileni appare però complesso.
“C’è un misto di grande aspettativa ma al contempo di delusione” dice Hirsch: “Si ha l’impressione che un anno di lotte non abbia prodotto modifiche strutturali a livello sociale ed economico”. Da capire poi come sarà composto l’organismo che deciderà le modifiche. I cileni saranno chiamati a decidere tra una “convenzione mista”, costituita da esponenti del parlamento in carica e da altri eletti direttamente, e una “convenzione costituzionale”, composta esclusivamente da membri eletti ad hoc. L’unica cosa certa è che, in caso di vittoria dei “sì” al referendum, l’organismo sarà composto da un numero eguale di donne e uomini. L’opzione della “convenzione costituzionale” è quella che trova appoggio a sinistra, sia per via della sua maggiore inclusività e democraticità sia perché allontanerebbe la possibilità di avere un organismo che rifletta l’attuale maggioranza parlamentare di centro-destra. Secondo Hirsch, alla fine l’opzione dell’assemblea ad hoc avrà la meglio, anche se “con un margine ridotto”.
Il deputato non ha invece dubbi sullo stato di salute del governo del presidente Sebastiano Pinera. Lo definisce “finito” e “incapace di produrre qualcosa che miri al miglioramento del paese”. L’ultimo tentativo di rallentare il cambiamento, secondo Hirsch, è stato lo stop a un emendamento proposto da Accion Humanista per includere nella “convenzione costituente” seggi garantiti per esponenti della comunità Mapuche. “È fermo in Senato da tempo” dice il parlamentare: “L’ultima volta l’hanno respinto pochi giorni fa”.