La scorsa settimana, 117 organizzazioni per i diritti umani hanno partecipato alla 36a pre-sessione del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite (UNHRC), durante la quale hanno divulgato un documento che anticipa i contenuti del rapporto alternativo a quello dello stato honduregno, che verrà presentato il 6 novembre nell’ambito dell’Esame Periodico Universale (EPU-UPR).

Nel documento[1] le organizzazioni hanno segnalato la grave situazione del paese centroamericano, martoriato dalle disuguaglianze sociali, dalla corruzione, dall’aumento dei casi di tortura e dalla militarizzazione della società.

Hanno inoltre sottolineato l’aumento dei casi di violazione dei diritti umani nei confronti di “gruppi vulnerabili”, come l’infanzia, le donne, le popolazioni indigene e contadine, le persone migranti, i membri della comunità LGBTI e chi difende la terra e i beni comuni.

L’Honduras è attualmente il paese più diseguale dell’America Latina, con quasi il 70% della popolazione in condizioni di povertà e oltre il 40% in povertà estrema. È inoltre uno dei paesi più pericolosi per chi difende i diritti umani. Una situazione che molto probabilmente peggiorerà dopo la recente approvazione del nuovo codice penale, che criminalizza la protesta sociale.

Le organizzazioni avvertono anche che più di 140 difensori dei beni comuni sono stati assassinati tra il 2010 e il 2019 e che sono stati documentati almeno 2.137 attacchi tra il 2016 e il 2017.

La sparizione forzata di quattro giovani leader della comunità garifuna di Triunfo de la Cruz, l’ingiusta carcerazione preventiva per gli otto difensori dell’acqua della comunità di Guapinol[2] e per il giovane maestro Rommel Herrera Portillo, nonché i continui attacchi, spesso mortali, contro i popoli Garífuna, Lenca e Tolupán e lo sgombero delle famiglie contadine che vedono negato l’accesso alla terra, sono l’esempio vivo della crisi di diritti umani che colpisce l’Honduras.

Ancora più drammatica è la situazione di violenza contro le donne, i giornalisti e la comunità LGBTI. Sono 6.265 le donne assassinate tra il 2001 e il 2018, più di 360 le persone LGBTI morte in modo violento nell’ultimo decennio e 86 i giornalisti e comunicatori sociali assassinati in meno de vent’anni

L’impunità per tutte queste morti violente supera il 90%.

Una delle conseguenze di questa situazione è lo sfollamento interno di oltre 250 mila persone tra il 2004 e il 2018 e l’inarrestabile fuga da violenza, miseria e mancanza di opportunità di migliaia di persone e famiglie verso gli Stati Uniti.

Nell’ultimo EPU-UPR (2015) sono state fatte più di 150 raccomandazioni allo Stato dell’Honduras.

“L’EPU-UPR è un’opportunità che le organizzazioni per i diritti umani hanno per presentare al mondo la grave situazione che sta vivendo il popolo honduregno. Non capisco come sia possibile che la delegazione del governo arrivi nuovamente a questo appuntamento mentendo spudoratamente sull’attuazione delle raccomandazioni”, ha spiegato Bertha Oliva, coordinatrice del Comitato dei famigliari dei detenuti scomparsi in Honduras (Cofadeh).

“Viviamo un contesto drammatico e queste persone sono esperte nel vendere un’immagine di paese che non esiste nella realtà. Se sono stati fatti passi in avanti sono solo verso la barbarie. Solo nel periodo della pandemia abbiamo contato 12 casi di sparizione forzata.

Siamo inoltre preoccupate per i livelli sempre più alti di militarizzazione della società e della sicurezza pubblica. Oramai è diventato quasi normale seguire processi e vedere persone sottoposte a carcerazione preventiva all’interno delle caserme”.

Oliva assicura di non avere dubbi sulla perversità delle autorità honduregne.

“Questo governo vuole distruggere il movimento di protesta che lotta contro un sistema politico ed economico corrotto e colluso con il sistema giudiziario e coi militari, per garantire gli interessi dei grandi gruppi economici nazionali e del capitale multinazionale.

La maggior parte delle raccomandazioni fatte allo Stato nel 2015 sono state ignorate. L’EPU sarà una nuova occasione per esigere alle autorità cambiamenti strutturali in materia di diritti umani”, ha concluso.

Note

[1] https://bit.ly/2SV8gTW

[2] Al momento della redazione di questo articolo è stato assassinato Arnold Morazán Erazo, uno dei 32 difensori della comunità di Guapinol criminalizzati per aver difeso le risorse idriche della zona dallo sfruttamento minerario di Inversiones Los Pinares.

Fonte: Rel UITA (spagnolo)