Apprendiamo che la vertenza della lavoratrici e dei lavoratori della Rinascente di Palermo – che a fine mese sembra voler chiudere i battenti della sede di via Roma – ha assunto rilevanza nazionale. Infatti, su sollecitazione dei sindacati, è stato convocato per lunedì prossimo un incontro in videoconferenza promosso dal sottosegretario al lavoro e alle politiche sociali in cui le parti in causa tenteranno di trovare una soluzione alternativa alla chiusura del punto vendita. Pertanto il nostro pensiero corre veloce alle commesse della Rinascente di Palermo incontrate durante gli scioperi di settembre, per esprimere solidarietà e sperare che non prevalga il puro interesse finanziario dell’impresa e che la Rinascente di Palermo non chiuda.
Per sensibilizzare l’opinione pubblica sul destino delle tante donne impiegate presso i grandi magazzini prospicienti la monumentale piazza di San Domenico, il cui monoreddito è spessissimo unica fonte di sostentamento per l’intera famiglia, proponiamo la lettura del Le signore in nero di Madaleine St John, romanzo ambientato nella lontana Sidney alla fine degli anni ’50 che tanto ci racconta della competenza, professionalità, pazienza ma anche delle aspettative e desideri di queste lavoratrici.
Mentre leggeva le taglie sulle etichette dei vestiti esposti dalla extra small alla extra large, della quale c’erano al momento solo due esemplari, e riordinava i capi, Lisa tornò al ritornello cui ricorreva nei momenti bui. “Tigre, tigre, che bruci luminosa nelle foreste della notte”, prese a recitare mentalmente. Era appena arrivata a “Quali terribili piedi?”, quando una cliente che non aveva notato la interruppe, alzando davanti i suoi occhi un tubino nero e rosso magenta. <<Avete una media di questo?>> chiese. <<Qui vedo solo delle small. >>
Lisa, la giovane assunta a tempo determinato presso i magazzini Goode’s di Sydney nel romanzo Le signore in nero di Madaleine St John (edito da Garzanti), ha appena terminato gli studi liceali e nell’attesa di conoscere l’esito degli esami si è proposta come recluta da Goode’s durante il convulso periodo che va dagli acquisti natalizi ai successivi sconti. Entriamo così subito nel racconto, in uno scenario che riguarda da vicino noi donne delle grandi metropoli occidentali: l’atmosfera natalizia all’interno di un grande magazzino, la frenetica corsa verso il capo da indossare per le feste, la scelta dei regali e poi, con i saldi d’inizio anno, il sopraggiungere della enorme massa di signore di tutte le età che invadono i reparti di abbigliamento per non perdere l’occasione del grande affare da acquistare a prezzi stracciati, sempre aiutate dalle commesse messe a dura prova dal dissonante coro delle clienti che pretendono una attenzione esclusiva.
Scene da era pre-Covid che non sappiamo se vedremo ancora nel nostro pianeta, tenuto conto che il distanziamento sociale lascerà un’impronta indelebile dentro ciascuna e ciascuno di noi anche – e vogliamo essere ottimisti – quando avremo superato questa terribile pagina della storia umana.
Torniamo al romanzo. Le signore in nero sono le commesse dei grandi magazzini Goode’s che, nella loro divisa in crespo di rayon in stile anni Trenta, una linea ormai fuori moda, propongono alle clienti le ultime creazioni del 1959. Abiti dai corpini stretti, dalle gonne arricciate e svasate, segnati da importanti cinture alla vita, una silhouette che ci rimanda al New Look lanciato nel 1947 da Christian Dior: una moda improntata a un lusso insolente dinanzi alla fame del dopoguerra, realizzata con enormi metraggi di tessuto, e che tuttavia contribuì al rilancio della haute couture parigina e alla ripresa del mercato dell’abbigliamento in Europa, negli Stati Uniti e nell’Australia delle impiegate raccontate da Madaleine St John.
Ma siamo all’alba di un nuovo decennio, gli anni ’60, che come sottolinea Helena Janeczek nella prefazione, fu “decisivo per le lotte di libertà e di indipendenza delle donne”. La protagonista del racconto, una giovane diciottenne dall’apparenza esile e insignificante, spiazza infatti le più anziane colleghe quando dichiara che non intende fare la commessa per sempre perché il suo sogno è proseguire gli studi universitari e diventare “poetessa”. Per questo suo desiderio dovrà vedersela col padre che non è affatto soddisfatto dell’idea che si è messa in testa Lesley, assecondata dalla moglie. Nonostante l’alleanza tra figlia e madre, quest’ultima dovrà fare i conti con la sua piccola originale Lesley che al colloquio di lavoro da Goode’s sceglie di non presentarsi con il nome assegnatole alla nascita, perché si presta all’equivoco del maschile nella pronuncia in inglese, dichiarandosi Lisa. Nondimeno, per assumere le fattezze di donna, Lesley-Lisa dovrà attraversare la caverna rosata del secondo piano dei grandi magazzini che, dagli abiti da cocktail made in Australia, porta ai capi esclusivi giunti da Parigi e Londra dove incontrerà la sacerdotessa dell’eleganza Magda, la tigre della moda che trasformerà con pochi dettagli l’aspetto da adolescente di Lisa in un corpo segnatamente femminile.
Diversamente dalle sue colleghe e dalla stessa Magda, anche dopo aver acquisito un certo fascino, Lisa non è interessata al matrimonio; il suo sogno, che infine si realizzerà, è vincere la borsa di studio che le consentirà di proseguire gli studi. La vittoria di Lisa – accedere a un’istruzione riservata per tanti secoli ai soli uomini – esemplifica una delle più importanti conquiste delle femministe nel secolo scorso. Tante oggi sono le donne che hanno conseguito studi superiori e universitari, ma forse altrettante hanno rinunciato alle proprie aspirazioni nella ricerca di un lavoro corrispondente alla propria formazione.
Dopo la lettura de Le signore in nero di Madaleine St John, all’interno di un grande magazzino, probabilmente ci chiederemo se nella gentile e raffinata commessa che ci viene incontro non ci sia una poetessa, un’artista, una scrittrice mancata. Purtroppo per tante ragazze e signore questo lavoro appare oggi sempre più declinante a causa dei tagli nel settore dovuti agli effetti post-Covid sul mercato della moda reinventatasi in formato on line, modello-Amazon, che in nome del profitto sta sacrificando l’economia e il lavoro interno alle città e ai centri storici. Infatti la chiusura della Rinascente di Palermo significherebbe non solo la perdita dell’impiego per le lavoratrici e i lavoratori dei grandi magazzini palermitani (un organico di oltre 300 dipendenti), ma anche la morte dell’indotto economico che insiste sull’asse viario storico di via Roma.