A due settimane dall’incendio che ha distrutto il campo di Moria, la Commissione europea ha pubblicato il nuovo patto europeo sulla migrazione e l’asilo. Quest’iniziativa, rinviata per mesi a causa dell’emergenza sanitaria e attorno a cui si era creata grande attesa da parte di governi e organizzazioni della società civile, è stata presentata come una riforma onnicomprensiva della gestione dei flussi migratori. Tra gli obiettivi dichiarati dai commissari Schinas e Johansson c’è quello di accelerare le procedure di frontiera ai confini esterni dell’Unione, per decongestionare le isole greche e ridurre gli ingressi irregolari lungo la rotta balcanica.
Che cosa prevede il piano
Il piano, articolato in tre pilastri, prevede 10 proposte legislative che dovranno essere sottoposte all’approvazione del Parlamento e, soprattutto, del Consiglio dell’Unione europea. Sul piano delle relazioni esterne, la Commissione si impegna a innalzare il tasso di riammissioni dei migranti irregolari nei paesi di origine attraverso schemi di cooperazione internazionale più mirati e facendo leva sulle politiche di liberalizzazione dei visti.
Il secondo pilastro prevede una gestione più severa delle frontiere esterne dell’Unione: l’introduzione di una “pre-selezione” all’ingresso dei migranti irregolari permetterà di trattare più velocemente le domande di asilo dei migranti originari da paesi con un basso tasso di riconoscimento di protezione internazionale, attraverso procedure di frontiera della durata di massimo 12 mesi e minori garanzie di protezione legale.
In ultimo, sul piano delle regole interne all’Ue, la Commissione mette in soffitta il sistema di redistribuzione basato su quote nazionali – che non è mai stato effettivamente attuato. La solidarietà “flessibile” nel nuovo pacchetto prevedere che gli stati membri possano scegliere tra accogliere i beneficiari di asilo o farsi carico dei rimpatri di chi non ha diritto a restare sul suolo Ue.
Che cosa c’è davvero di nuovo?
Come alcuni giornalisti non hanno mancato di sottolineare in conferenza stampa, molte delle proposte annunciate dai commissari Schinas e Johansson ricordano i buoni propositi già annunciati nell’Agenda europea sulla migrazione del 2015, racchiusi nell’ormai anacronistica formula “affrontare le cause profonde della migrazione“.
Una delle novità più evidenti è la risemantizzazione del concetto di solidarietà. Con questo piano la Commissione cede di fatto alle pressioni dei paesi membri dell’Europea centro-orientale, che nel nuovo schema di cooperazione europea potranno assolvere ai propri obblighi di prestare assistenza ai paesi costieri come la Grecia e l’Italia senza farsi carico dell’accoglienza dei rifugiati.
Per contro, l’impegno a far sì che non ci siano più “nuove Moria” perde credibilità di fronte agli esercizi di equilibrismo politico delle istituzioni europee. Al netto di procedure più rapide di ricollocamento e rimpatrio, le isole dell’Egeo orientale, come le altre aree nevralgiche lunghe le frontiere esterne dell’Unione, sembrano infatti destinate a rimanere zone di smistamento per i migranti, gestite secondo il modello degli hotspot chiusi.