Siamo al terzo giorno di combattimenti nella regione del Nagorno Karabakh contesa dai due paesi. Questa regione è sotto il controllo dell’Azerbaigian dopo la guerra conclusasi nel 1994 nella regione. Pare che negli ultimi giorni sia tornata alta la tensione ed entrambi i paesi ne rivendicano la sovranità.
Pare che sia scoppiato uno di quelli che il the Guardian chiama frozen conflicts. I due paesi vivevano in conflitto da prima della creazione dell’URSS che li ha tenuti a bada ma all’alba del crollo dell’unione sovietica si sono risvegliati gli animi in un conflitto durato circa sei anni.
Il territorio è a maggioranza armena ma controllato dall’Azerbaigian, stando ai fatti l’Armenia avrebbe tentato di riprendersi i territori perduti militarmente respinte dalle truppe azere.
Entrambi i paesi accusano l’altro di aver attaccato per primo, e al momento il Consiglio dell’Onu chiede un cessate il fuoco ma né Armenia né Azerbaigian sembrano intenzionate a concludere l’offensiva.
Oltre agli interessi interni della regione ci sono a sostegno le varie potenze politiche satellite che orbitano intorno dirigendo lo scontro da dietro le quinte.
La Turchia infatti – pronta a fomentare qualsiasi focolaio del Caucaso – avrebbe schierato miliziani mercenari in difesa di Baku, che ha smentito l’accusa. Secondo Everan, una società privata turca avrebbe ingaggiato e schierato contro l’Armenia dei foreign fighters siriani. Non sarebbe la prima volta, dato ciò che ha fatto in Libia in passato.
La Turchia insieme a Iran e Russia ha interessi nella regione di gas e petrolio. Tutte hanno scelto i loro schieramenti, la Russia appoggia l’Armenia e la Turchia sostiene – non soltanto formalmente – l’Azerbaigian.
Ed è questo il vero scontro geopolitico che sembra essere di sottofondo ma è in realtà in primo piano. Mentre la Russia come sempre cerca di mediare tra Turchia e Armenia, pur appoggiando il popolo di Everan, Erdogan non va per il sottile non mascherando il suo inveterato odio contro gli armeni accusandoli di essere “la più grande minaccia alla pace”. Allo stesso tempo Ankara è legata culturalmente ai suoi fratelli azeri e coglie l’occasione di “proteggerli” scagliandosi contro gli armeni.
A complicare il quadro geopolitico della regione vi è la chiamata verso l’Azerbaijan di miliziani jihadisti. Questi combattenti sono al servizio di una compagnia segreta e privata turca e militano in Siria e Libia.
L’appoggio concreto che Ankara sta dando a Baku potrebbe far degenerare gli equilibri con Mosca, oltre a scatenare una guerra vera e propria nella regione.
Rivendicazioni nazionalistiche e territoriali si trasformano in un pretesto per la guerra dei potenti che hanno interessi nell’approvvigionamento di gas e petrolio dalla regione del Caucaso e risorse umane militanti nel territorio. Ma sembra proprio che l’odio secolare contro un popolo stia muovendo l’ingenuità di Ankara facendole rischiare i suoi rapporti con Mosca e rischiando di bruciare quelli con l’Europa.