Amnesty International ha condannato la decisione delle autorità giudiziarie britanniche di non consentirle di seguire, in presenza e da remoto, l’udienza sull’estradizione di Julian Assange negli Usa, iniziata a Londra il 7 settembre.
L’organizzazione per i diritti umani ha inoltrato svariate richieste di accesso all’udienza, sempre negate. Nella prima, datata 17 agosto, ha chiesto al ministro della Giustizia Robert Buckland l’accreditamento ufficiale e l’assegnazione di un posto numerato all’interno del tribunale, come consentito nella prima fase dell’udienza, il 20 febbraio.
Il 1° settembre è arrivata la risposta: sarebbe stato consentito di seguire l’udienza solo in collegamento da remoto.
Ma il 7 settembre l’osservatore di Amnesty International non ha trovato il link. Ha chiesto spiegazioni e gli è stato risposto, direttamente dalla giudice capo Emma Arbuthnot, che il permesso era stato revocato. La motivazione ufficiale è che nell’udienza di febbraio qualcuno che seguiva l’udienza da remoto aveva diffuso online una foto di Assange seduto in aula, violando le disposizioni emanate dalla corte.
Allora, lo stesso giorno Amnesty International ha rinnovato la richiesta di avere un osservatore presente di persona. Il giorno dopo è arrivata la risposta negativa.
Alla ripresa dell’udienza, il 14 settembre, Amnesty International ha inoltrato un’altra richiesta, questa volta per avere un posto nella galleria aperta al pubblico. Di nuovo, il 16 settembre, è arrivata una replica negativa, in cui la giudice Arbuthnot ha specificato che non avrebbe emanato “alcun provvedimento specifico” in favore di Amnesty International.
Amnesty International sta continuando a chiedere di poter assistere allo svolgimento dell’udienza, nel rispetto degli standard internazionali sul monitoraggio dell’equità dei processi.