Dopo più di quaranta giorni dalla morte di Mario Paciolla, emergono ulteriori indizi dalle analisi sul corpo del cooperante napoletano trovato morto lo scorso 15 luglio nella casa a San Vicente del Caguán, in Colombia, dove viveva da cinque anni.
Non si tratta di suicidio. Mario sarebbe stato ucciso e dopo la morte il corpo è stato posizionato in modo da far credere alla scena di un gesto volontario.
Come abbiamo già raccontato, contrariamente a quanto comunicava la polizia locale colombiana, fin dal primo momento l’ipotesi del suicidio era poco attendibile. Sul corpo di Mario sono stati trovati chiari segni di tortura e i particolari che non convincevano erano tanti.
È proprio dai tagli ai polsi che emergono ulteriori prove: i tagli sono troppo lievi per attribuirli a un tentato suicidio. Come riportato da Repubblica, poco dopo la sua morte e prima del sopralluogo della Polizia locale, la casa sarebbe anche stata ripulita con la candeggina da due domestiche. Appunto per questo, quattro agenti della polizia locale colombiana sono indagati per non aver vigilato la scena del crimine.
Da quel giorno sono tante le risposte che sono poco chiare a chi, come noi, cerca giustizia e verità per la sua morte.
La famiglia e gli amici hanno sempre sostenuto che Mario è stato ucciso; già da alcune settimane prima della sua morte si sentiva in pericolo per alcune cose che avrebbe visto o sentito. Aspettava con ansia di fare rientro a Napoli.
Mario è stato trovato morto cinque giorni prima del volo per tornare in Italia. Dopo le ferite di arma da taglio ai polsi, la casa ripulita con la candeggina, dopo aver fatto sparire la valigia con i regali da portare in Italia per amici e parenti, finalmente la strada del suicidio sembra essere abbandonata definitivamente.
Fonti: https://rep.repubblica.it/pwa/generale/2020/08/27/news/in_colombia_mario_fu_ucciso_le_prove_della_verita_nascosta-265651282/