Da ICAN e da varie organizzazioni sta circolando in questi giorni un petizione importante che chiede – potremmo dire in modo ormai affermato “bipartisan” – ai 9 stati che possiedono armi nucleari di aderire al Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari (TPAN, acronimo inglese TPNW). Abbiamo detto petizione “bipartisan” perché è lanciata congiuntamente da autorevoli organizzazioni della Russia e degli Stati Uniti, e altre: in fondo riportiamo il testo in italiano e il sito dove firmare.
La petizione è stata promossa dall’agenzia russa “Strategic Stability” (specificamente da Vladimir Kozin, consigliere speciale dell’Amministrazione Presidenziale Russa sulle questioni militari e i trattati nucleari) e dalle organizzazioni statunitensi Global Network Against Weapons & Nuclear Power in Space, RootsAction.org, Peaceworkers, sezioni di Pax Christi, e da organizzazioni globali come World BEYOND War e la Wilpf.
La petizione chiede ai 9 stati nucleari di impegnarsi in una politica di no first strike (essenziale per scongiurare il rischio immediato di una guerra nucleare), di firmare e ratificare il TPAN, e di accordarsi per iniziare immediatamente il disarmo nucleare con un’agenda per la completa eliminazione di queste armi dalla terra entro il 6 agosto 2045. L’indicazione di questa data è evocativa perché saranno 100 anni da Hiroshima. Tuttavia gli autori di questo articolo si sono interrogati sul motivo per indicare una scadenza così lontana – 25 anni – per l’eliminazione delle armi nucleari che costituiscono una minaccia immediata: crediamo che tutti gli attivisti antinucleari, e anche noi, pensino istintivamente che qualora gli stessi stati nucleari aderissero al TPAN, impegnandosi pertanto alle sue prescrizioni, l’eliminazione di queste armi dovrebbe essere immediata.
Noi non siamo geostrateghi, né esperti diplomatici, ma abbiamo cercato di capire quali motivi possano esserci per l’indicazione di tempi così lunghi, e ci siamo convinti che neanche l’adesione al TPAN dei 9 protagonisti nucleari potrebbe in nessun modo implicare l’eliminazione delle armi nucleari … il giorno dopo. Abbiamo cercato di immaginare quale processo si aprirebbe, quali problemi si dovrebbero affrontare e risolvere. Procediamo per gradi: pensando che questa nostra riflessione, per quanto necessariamente approssimativa, possa introdurre una posizione più realistica nel movimento antinucleare.
Un primo problema tutt’altro che banale è la differenza fra la firma e la ratifica del TPAN, anche se l’appello per semplicità le accomuna. Nel caso specifico si consideri che gli Stati Uniti (ma forse non sono i soli) hanno una lunga tradizione di trattati firmati e mai ratificati. Basta pensare, proprio in relazione alle armi nucleari, al trattato del 1996 di bando totale dei test nucleari (CTBT, Comprehensive Test Ban Treaty) che gli USA firmarono ma Camera e Senato non hanno mai ratificato: tanto che Trump ha adombrato di recente la ripresa dei test (gli USA non hanno mai dismesso il Nevada Test Site, anzi lo hanno sempre mantenuto in efficienza). La firma spetta al governo federale, ma la ratifica spetta a Camera e Senato: e qui potrebbe cadere l’asino, o anche una processione di asini. Cosa accadrebbe se gli altri 8 stati nucleari “sulla parola” avviassero lo smantellamento dei propri arsenali e poi il Congresso USA bocciasse la ratifica? Già da qui si può capire a nostro avviso che il processo sarebbe comunque lungo e complesso.
Non a caso, a nostro parere, il primo punto dell’appello è che gli stati nucleari rinuncino a qualsiasi strategia di first use delle armi nucleari, che mantiene l’umanità sul bordo del baratro di una guerra nucleare che cancellerebbe la società umana quale la conosciamo.
Semmai noi rileviamo una lacuna dell’appello, che francamente non ci spieghiamo. Il rischio di precipitare in una guerra nucleare non è dato solo dalle strategie di first use, con gli annessi rischi di attacco per errore. Gli esperti denunciano da tempo i rischi (es. per falsi allarmi) dovuto allo stato di lancio immediato su allarme (launch on warning) dei missili nucleari e raccomandano misure estremamente semplici e immediate per “de-allertare” i missili: se fosse necessario un certo tempo per armare i missili – ad esempio separando fisicamente le testate dai missili – in caso di una crisi ci sarebbe il tempo per avviare un negoziato, anziché ricorrere immediatamente a una ritorsione nucleare per evitare che un first strike annienti le testate a terra.
In ogni caso le ipotetiche firme e ratifiche non potrebbero che aprire un negoziato – forse il più complesso della storia, data la delicatezza del problema – per concordare i passi, le modalità, i controlli, le verifiche del processo di eliminazione della armi nucleari, come specifica efficacemente l’ultimo punto dell’appello. Perché è ovvio che in nessun momento si dovrebbe verificare una situazione di superiorità di uno stato rispetto agli altri, dato che gli attori si guardano in cagnesco (si pensi oltre a USA e Russia, ad esempio a India e Pakistan da sempre sull’orlo di un conflitto armato). Chi dovrebbe condurre questo negoziato? Evidentemente tutti i 9 stati nucleari (Israele sarebbe presumibilmente un osso particolarmente duro), sicuramente l’ONU attraverso la sua agenzia IAEA alla quale spettano i controlli dei trattati nucleari, presumibilmente la NATO, e, tra i “non nucleari”: gli stati sul cui territorio insistono armi nucleari, tutti gli stati che il Trattato hanno ratificato e forse anche osservatori degli stati non firmatari: se già i negoziati fra i soli Stati Uniti e Russia sono così complessi, figuriamoci un negoziato con tanti protagonisti! Abbiamo assistito al negoziato all’ONU che ha prodotto il TPAN, ma qui non si tratterebbe solo di concordare delle regole bensì di concordare i dettagli, i passi concreti di un processo delicatissimo, i meccanismi di verifica di ogni passo (che sono stati uno degli aspetti più complessi dei trattati di riduzione delle armi nucleari), fra soggetti che sono avvezzi a sospettare l’uno dell’altro, “a prescindere” come diceva Totò.
Si tenga conto fra l’altro che non si tratta “solo” di eliminare in modo bilanciato e controllato le testate nucleari e i vettori (cosa già avvenuta parzialmente con i trattati START fra USA e Russia di riduzione delle armi nucleari strategiche), ma l’intero sistema nucleare, dai sommergibili ai bombardieri (basta pensare per esempio che gli F35 sono a capacità nucleare).
Ma non solo: poiché il sistema degli armamenti nucleari si fonda su un colossale complesso di ricerca (negli USA tre enormi laboratori federali più molti altri “minori”, ma gli altri stati nucleari non sono certo da meno) e di produzione, se non si smantellerà in modo totale e definitivo questo sistema, ogni stato potrebbe riprendere in qualsiasi momento la produzione di armi nucleari, perché è evidente che le conoscenze e le competenze non si cancellano.
Vi è poi il problema dello smaltimento e della custodia di materiali di interesse militare, in molti casi fisicamente ineliminabili (il plutonio è un isotopo artificiale che non esiste in natura e impiega 24.000 anni solo per ridursi alla metà, ed ha un interesse militare strategico).
Altri problemi tutt’altro che secondari ci porterebbero al di là dei termini dell’appello e sarebbe improprio affrontarli ora: per fare un esempio non secondario il fatto che alcune potenze nucleari lo sono anche negli armamenti convenzionali, i quali hanno raggiunto potenzialità al limite degli armamenti nucleari. Il processo per venire condotto in sicurezza deve evitare squilibri che potrebbero causare colpi di coda pericolosissimi. Per esempio la Russia, che ha un PIL inferiore a quello dell’Italia e una spesa militare di circa un decimo di quella del Pentagono e un quindicesimo di quella della NATO, deve ormai il suo status di potenza mondiale al possesso del suo arsenale nucleare e per eliminarlo necessita di precise garanzie. Si può riassumere dicendo che è difficile concepire un disarmo nucleare che non sia collegato con un processi di disarmo totale. Ma qui si va oltre l’ambito dell’appello, e dello stesso TPAN, ed entrano in gioco concetti e strategie più generali.
Concludiamo affermando che, nonostante l’indubbia autorità dei promotori dell’appello che noi speriamo trovi ascolto presso le potenze nucleari, è urgente come mai finora, avere il massimo impegno di tutti per ottenere una mobilitazione universale per realizzare la massa critica necessaria ad ottenere l’abolizione delle armi nucleari.
Per firmare la petizione, disponibile in numerose lingue: https://actionnetwork.org/petitions/global-appeal-to-nine-nuclear-governments