La guerra tecnologica degli Stati Uniti contro la Cina continua, vietando l’accesso dei dispositivi cinesi alla rete americana e chiedendo ai partner dell’alleanza Five Eyes e della NATO di fare altrettanto. Si tratta di un regime di esclusione di mercato e tecnologica che tenta di riconquistare la produzione manifatturiera che gli Stati Uniti e i paesi europei hanno perso a favore della Cina.

Il commercio internazionale presupponeva che le merci potessero provenire da qualsiasi parte del mondo. La prima violazione di questo sistema è stata la precedente ondata di sanzioni statunitensi contro Huawei lo scorso anno, secondo cui ogni azienda che utilizzava il 25%, o più, di componenti americani doveva sottostare alle sanzioni. Questo significava che software americani o chip basati su progetti americani, non potevano essere esportati a Huawei. L’ultima ondata di sanzioni, a maggio di quest’anno, ne ha ampliato la portata a tutti i prodotti con componenti statunitensi, estendendo la sovranità ben oltre i propri confini.

Negli ultimi trent’anni di globalizzazione commerciale, gli Stati Uniti hanno orientato sempre di più la produzione verso altri paesi, ma hanno comunque mantenuto il controllo dell’economia globale attraverso quello esercitato sulla finanza globale, sulle banche, i sistemi di pagamento, le assicurazioni e i fondi di investimento. Con la nuova ondata di sanzioni, è emerso un altro livello di controllo da parte degli Stati Uniti sull’economia globale: quello sulla tecnologia, sia in termini di proprietà intellettuale che di attività manifatturiera essenziale per la produzione di chip.

Le nuove sanzioni commerciali imposte dagli Stati Uniti violano le regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Esse invocano la sicurezza nazionale e l’intesa sul nucleare in seno all’OMC, su questioni che sono chiaramente legate al commercio. Il motivo per cui gli Stati Uniti hanno tagliato fuori l’OMC, rifiutando di accettare qualsiasi nuova nomina al tribunale per la risoluzione delle controversie, è ormai chiaro: la Cina non può presentare ricorso all’OMC per le sanzioni illegali poste dagli Stati Uniti al fine di una risoluzione delle controversie, in quanto l’apposito organo è stato praticamente scardinato dagli Stati Uniti.

La battaglia sul 5G e Huawei è diventata il terreno di scontro su cui si sta combattendo la guerra tecnologica tra Stati Uniti e Cina. Si prevede che il mercato del 5G (comprese installazioni e apparecchiature di rete) raggiungerà i 48 miliardi di dollari entro il 2027, ma, cosa ancora più importante, porterà migliaia di miliardi di dollari in più di giro d’affari generato attraverso le reti 5G. Qualsiasi azienda o paese che controlla la tecnologia 5G avrà quindi un vantaggio sugli altri in questo spazio economico e tecnologico.

Il 5G aumenterà la velocità delle reti wireless da 10 a 40 volte. Per i consumatori, il problema principale di applicazioni come videoconferenze e giochi online multigiocatore è la scarsa velocità di Internet, dove le velocità sia di upload che di download devono essere elevate. Al contrario, ciò non vale per i servizi di video streaming come Netflix, dove è importante solo la velocità di download. Attualmente, Internet ad alta velocità è disponibile solo in aree urbane densamente popolate e su reti in fibra ottica. Le reti 5G aumenteranno la disponibilità di Internet ad alta velocità oltre questi limiti e ne consentiranno l’accesso dai dispositivi mobili.

Altri due settori che trarrebbero vantaggio dal 5G sono quelli dell’auto a guida autonoma e dell’Internet delle cose (IoT), in cui i nostri oggetti comunicheranno tra loro attraverso la rete wireless. Anche se le auto a guida autonoma sono ancora lontane, l’Internet delle cose potrebbe presto essere molto più importante, ad esempio per migliorare l’efficienza e mantenere le infrastrutture fisiche di elettricità, semafori, acqua e fognature nelle future “città intelligenti”.

La G nelle reti di telecomunicazione si riferisce alle generazioni, e ogni generazione di tecnologia nelle comunicazioni wireless significa aumentare la quantità di informazioni trasportate dalle onde radio. Le reti 5G sono molto più veloci delle equivalenti reti 4G e possono supportare un numero molto più elevato di dispositivi in una determinata area. La difficoltà è che, a differenza delle attuali reti 3G e 4G, quella 5G non può percorrere lunghe distanze e ha bisogno di un certo numero di ripetitori, cioè di celle e antenne, per coprire la stessa distanza. Tuttavia, una rete 5G può fornire la stessa alta velocità delle attuali reti in fibra ottica senza il grande costo del cablaggio fisico. La rete 5G può quindi raggiungere centri abitati a bassa densità di popolazione, comprese le zone rurali, fornendo Internet ad alta velocità a costi molto più bassi.

Chi sono gli altri attori sul palco del 5G? Oltre a Huawei, vi sono Samsung (Corea del Sud), Nokia (Finlandia), Ericsson (Svezia) e ZTE (Cina). Nonostante gli Stati Uniti non vantino un attore importante a livello di apparecchiature di rete, possiedono Qualcomm, che produce componenti wireless e chipset, e Apple, leader di mercato nel settore degli smartphone.

Precedentemente, le sanzioni statunitensi hanno colpito Huawei, approfittando della posizione di dominio sui software. Android di Google alimenta la maggior parte dei telefoni cellulari cinesi, così come altri telefoni cellulari non Apple. Tra i produttori di chip di semiconduttori, i processori ARM occupano una posizione di rilievo nel settore dei sistemi integrati e sul mercato della telefonia mobile, dove molte aziende che necessitano di processori avanzati sono passate da Intel a ARM. Quest’ultima, una società con sede nel Regno Unito e di proprietà della giapponese SoftBank, non produce chip in proprio, ma fornisce progetti per i core che vengono posizionati all’interno dei processori. I core sono concessi in licenza ad aziende come Huawei, Qualcomm, Samsung e Apple, le quali progettano processori basandosi sui core di ARM e delegano la fabbricazione alle fonderie di silicio. Questi processori alimentano apparecchiature di rete mobile, telefoni cellulari o laptop di diversi produttori.

Le fonderie di silicio che fabbricano i veri e propri processori utilizzando i core di ARM su progetto di Huawei, Samsung o Apple sono aziende come la Taiwan Silicon Manufacturing Company (TSMC). La TSMC è la più grande fonderia di silicio al mondo, detentrice del 48% del mercato globale. Anche Samsung ha una fonderia di silicio altamente produttiva, possedendo così un altro 20% del mercato globale. Samsung utilizza i propri impianti sia per attività interne che per altri produttori. La Cina possiede la Semiconductor Manufacturing International Corporation (SMIC), quinta fonderia di silicio più grande al mondo, ma è solo un decimo delle dimensioni di TSMC. TSMC e Samsung sfruttano una tecnologia più avanzata a 7 nanometri, mentre SMIC ha attualmente una tecnologia meno avanzata a 14 nanometri.

Il precedente attacco degli Stati Uniti contro Huawei e la Cina, che aveva messo al bando il software americano dai sistemi Huawei, ha fatto sì che quest’ultima dovesse abbandonare il sistema operativo mobile Android di Google e varie applicazioni nell’app store di Google (il Google Play Store), che dipendono dal sistema Android. Huawei aveva anticipato questo attacco e creato un proprio sistema operativo, HarmonyOS, e un proprio app store. Inoltre, Huawei utilizza una versione open source di Android e del relativo app store, (App Gallery), in sostituzione del Google Play Store. Se gli utenti se la caveranno senza il Play Store di Google è tutto da vedere: dipenderà da quanti sviluppatori di app passeranno a Huawei e dalla qualità delle app sviluppate per gli utenti Huawei sul mercato cinese.

Inizialmente si pensava che i processori ARM non sarebbero stati disponibili per Huawei. Ciò ha sollevato un punto interrogativo sulle apparecchiature Huawei, poichè dipendono in modo critico dai processori progettati appositamente da ARM per le apparecchiature di rete, per i telefoni cellulari e per i laptop. La ARM ha inizialmente sospeso tutte le future vendite dei progetti di processori a Huawei, in quanto gli Stati Uniti affermavano che queste avessero più del 25% di contenuti americani e quindi rientrassero nel regime di sanzioni. Successivamente, ARM è giunta alla conclusione che il suo contenuto statunitense è inferiore al 25% e quindi non soggetto a sanzioni.

Per questo motivo, a maggio gli Stati Uniti hanno imposto nuove sanzioni: se qualsiasi apparecchiatura di origine statunitense viene utilizzata per produrre componenti o sistemi per Huawei, anche tali componenti o sistemi rientrano nel suo regime sanzionatorio. TSMC utilizza macchinari di origine statunitense per la produzione di chip e ha smesso di accettare nuovi ordini da Huawei. Samsung utilizza un mix di macchinari americani e non, per le sue linee di produzione e potrebbe, se volesse, cambiare almeno alcune di queste linee di produzione per utilizzare solo macchinari non americani. Ciò si configura per Huawei come una possibilità per evitare le sanzioni statunitensi. Huawei ha ancora alcune carte da giocare, una delle quali è la cessione del mercato della telefonia mobile di fascia alta a Samsung per accedere ai suoi impianti di produzione di chip.

Se Huawei dovesse dipendere solo da fonti nazionali, la sua produzione futura ne sarà colpita. L’azienda cinese attualmente ha una scorta di chip per 12-18 mesi, tale è la finestra temporale che ha a disposizione per trovare un nuovo fornitore o per passare a una tecnologia meno densa, di 10 o 14 nanometri, utilizzando il suo fornitore nazionale: la SMIC.

Per il mercato 5G, la fabbricazione a 7 nanometri può non essere l’unico fattore decisivo. Huawei ha un vantaggio significativo nelle radio e nelle antenne, componenti chiave delle reti 5G, le quali dipendono dal cosiddetto sistema MIMO (antenne multiple sia sul lato emittente sia sul lato ricevente), per il quale l’azienda cinese è di gran lunga più avanti delle altre. Questo sistema, più che le dimensioni del processore, può configurarsi un vantaggio tecnico decisivo. Inoltre, Huawei è anche all’avanguardia nella produzione di dispositivi a base di nitruro di gallio, piuttosto che di silicio. Nokia ed Ericsson stanno usando chip Intel per le loro stazioni base, che non hanno nulla da invidiare ai processori ARM. E con il supporto di Huawei, la SMIC cinese di Shanghai potrebbe essere in grado di passare rapidamente a una tecnologia a 10 nanometri, accorciando il divario tra i suoi processori e quelli delle altre aziende.

Huawei è in grado di fornire una soluzione 5G completa, dalle reti ai telefoni cellulari, e di installarle molto più velocemente di altri. Il mercato interno di Huawei in Cina è più grande di tutti gli altri mercati 5G del mondo, il che può favorirne la crescita.

Per Huawei la partita non è certamente persa, nonostante molti analisti tecnici stiano così giudicando prematuramente. Lo hanno già fatto due volte, la prima in occasione del rifiuto del sistema Android di Google e successivamente per il blocco dei processori della ARM. Grazie alla nuova ondata di sanzioni, gli Stati Uniti si sono assicurati un vantaggio temporaneo rispetto ad altre aziende occidentali, ma hanno anche creato un incentivo per i produttori non statunitensi ad abbandonare le apparecchiature statunitensi. Tali divieti sono sempre armi a doppio taglio.

Per Huawei e per la Cina c’è molto in ballo nella guerra tecnologica contro gli Stati Uniti. Come in ogni altra guerra, una sola battaglia, combattuta in una sola arena, non decreterà il vincitore. Il 5G, infatti, è solo un’arena di battaglia; ce ne sono molte altre. E in molte di queste, la Cina è in una posizione di potere. Il resto del mondo non è un mero spettatore, dovrà decidere dove costruire il proprio futuro, non necessariamente scegliendo tra Stati Uniti o Cina, ma in quanto giocatore indipendente. Le forze più grandi dell’economia politica a livello globale decideranno questa guerra.

Di Prabir Purkayastha

Questo articolo è stato prodotto in collaborazione con Newsclick e Globetrotter, un progetto dell’Independent Media Institute.

Prabir Purkayastha è l’editore fondatore di Newsclick.in, una piattaforma di media digitali. È un attivista per la scienza e il movimento del software libero.

Traduzione a cura di Giulia Paola Pattavina.

Revisione: Thomas Schmid