In questi mesi l’intera famiglia umana è stata messa in ginocchio dal coronavirus. Il bilancio globale delle vittime continua a crescere quotidianamente; la disperazione dell’umanità aumenta; gli effetti fisici, psicologici ed economici aumentano. Questa pandemia ha raggiunto praticamente tutti: abbiamo capito che siamo tutti vulnerabili e ci rendiamo conto che la vera sicurezza deve essere, in sostanza, condivisa.
Il prossimo mese di agosto – sperando di giungervi con sempre più vite salvate – il mondo commemorerà una minaccia che per 75 anni ha rappresentato il più grave dei rischi per l’umanità. Le conseguenze dannose della pandemia Covid-19 impallidiscono rispetto a quelle che sarebbero capitate alla famiglia umana, e alla terra stessa, in caso di guerra nucleare.
Papa Francesco ci avverte che le armi nucleari costituiscono un affronto mortale non solo al benessere della terra e dei suoi abitanti, ma anche al nostro rapporto con Dio. Le armi nucleari sono un abominio: la “minaccia del loro uso, così come il loro possesso, è da condannare fermamente”. (dal discorso di Sua Santità ai partecipanti al Simposio internazionale “Prospettive per un mondo libero da armi nucleari e per lo sviluppo integrale”, 10 novembre 2017)
La cosiddetta “sicurezza” offerta dalle armi nucleari si basa sulla nostra volontà di annientare i nostri nemici e la loro volontà di annientarci.
Il coronavirus ha rappresentato un campanello d’allarme per il mondo. Stiamo sperimentando in prima persona come investire centinaia di miliardi di dollari per lo sviluppo, la fabbricazione, i test e lo spiegamento di armi nucleari non solo non è riuscito a renderci sicuri, ma ha privato la comunità umana delle risorse necessarie per il raggiungimento della vera sicurezza umana: sufficienza alimentare, alloggio, lavoro, formazione scolastica, accesso all’assistenza sanitaria.
Di fronte al coronavirus, le speranze di sopravvivenza nelle nostre comunità si sono fondate sul sacrificio in prima linea dei soccorritori. Eppure, come ammonisce la Croce Rossa Internazionale, tali soccorritori non ci sarebbero in caso di un attacco nucleare: i medici, gli infermieri e le infrastrutture sanitarie sarebbero essi stessi cancellati. Né soccorritori esterni, nella misura in cui sopravvivessero, potrebbero accedere in sicurezza nelle zone esposte alle radiazioni. (https://www.icrc.org/en/doc/resources/documents/legal-fact-sheet/03-19-nuclear-weapons-human-health-1-4132.htm)
Mentre la terra stessa sta vivendo una nuova inattesa esperienza di guarigione e rinascita, a causa della temporanea cessazione delle attività umane dannose, un attacco nucleare sortirebbe l’effetto opposto. Né la terra, né alcuna delle sue creature, sarebbe risparmiata dall’avvelenamento prodotto dalla radioattività risultante da una guerra nucleare, anche se limitata. Le colture appassirebbero e morirebbero mentre la luce del sole sarebbe bloccata dalle nuvole atmosferiche di polvere prodotta. La vita sulla terra sarebbe messa in grave pericolo.
Come comunità umana stiamo imparando delle dure lezioni sulla nostra sicurezza collettiva durante questa pandemia globale. E’ giunto il momento di affrontare la sfida e di cogliere l’opportunità per apportare le modifiche necessarie a salvaguardia del nostro futuro.
Ma la finestra temporale che ci resta potrebbe essere troppo breve. Se non riusciamo ad agire adesso e con decisione per eliminare le armi nucleari dalla faccia della terra, giochiamo pericolosamente non solo con la pandemia ma anche con la estinzione totale.
Il trattato sul bando totale delle armi nucleari, approvato all’ONU nel 2017, ha un sempre più crescente sostegno mondiale. Per diventare effettivo c’è però bisogno di altre firme per superare la soglia necessaria di cinquanta stati.
Il Vaticano stesso lo ha da tempo ratificato e le Conferenze dei vescovi cattolici di Giappone e Canada chiedono ai loro governi di fare altrettanto.
A nome di Pax Christi International e di Pax Christi Italia sollecitiamo la Conferenza Episcopale Italiana, in occasione del 75° anniversario dei bombardamenti atomici, a chiedere al nostro Governo di firmare il trattato.
Articolo pubblicato su Il Manifesto del 5 agosto 2020