La scorsa settimana, la Corte d’appello di Francisco Morazán ha notificato alle parti il contenuto di tre sentenze del 3 marzo sul delicato caso dei difensori dei beni comuni della comunità di Guapinol, nel nord-est dell’Honduras. A otto di loro è stato confermato il rinvio a giudizio e la custodia cautelare in carcere, mentre ad altri cinque è stata revocata la sentenza di proscioglimento emessa in primo grado.
Tra il 2018 e il 2019, almeno 32 persone sono state inquisite per presunti reati connessi alla difesa del territorio e delle risorse idriche del Parco nazionale “Montaña de Botaderos”, la cui area centrale è minacciata dalla compagnia mineraria Inversiones Los Pinares (NE Holdings Inc e NE Holdings Subsidiary Inc), precedentemente conosciuta come EMCO Mining Company.
In questa area ci sono circa 34 sorgenti le cui acque riforniscono città e comunità della zona. In modo particolare, i fiumi Guapinol e San Pedro sono quelli che subiscono i maggiori impatti ambientali. Comunità e popolazioni della zona non sono mai state consultate prima del rilascio delle concessioni minerarie.
Le holding gestite da Inversiones Los Pinares sono controllate da Lenir Pérez Solís, già coinvolto in passato in altri conflitti minerari[1] e Ana Facussé Madrid, figlia del noto latifondista e produttore di palma africana Miguel Facussé Barjum. Il nome di Facussé è stato collegato in passato al grave conflitto agrario del Bajo Aguán[2], in cui persero la vita decine di contadini organizzati, e all’espropriazione territoriale nella penisola di Zacate Grande[3].
Criminalizzazione e crudeltà
Nel febbraio 2019, 12 ambientalisti[4] della comunità di Guapinol, tutti membri del Comitato per la difesa della proprietà comune e pubblica, sono stati accusati di vari delitti nei confronti di Inversiones Los Pinares, tra cui furto, sequestro di persona, incendio doloso aggravato e usurpazione. Sono stati anche accusati di associazione per delinquere. Dopo quasi due settimane di carcerazione preventiva sono stati prosciolti da tutti i capi di imputazione.
Cinque mesi dopo, altri 7 difensori dei beni comuni appartenenti alla stessa comunità[5] furono arrestati e sottoposti a custodia cautelare in carcere per i reati di incendio doloso aggravato e sequestro di persona. Nel dicembre 2018 era già stato arrestato Jeremías Martínez Díaz, anche lui attivista della comunità di Guapinol.
Nonostante i diversi tentativi da parte dei loro difensori di ottenere un riesame delle misure cautelari, i giudici hanno sistematicamente negato loro questa possibilità. Un anno dopo l’arresto, gli otto difensori dell’acqua e della vita sono ancora in carcere in attesa del processo, sette nella località di Olanchito e uno a La Ceiba.
Che si tratti di persecuzione è risultato ancora più evidente dopo le recenti sentenze della Corte d’appello.
Nella prima (085-2020) i magistrati hanno ribaltato la sentenza di proscioglimento emessa lo scorso anno a favore di cinque dei dodici attivisti: Juan Antonio López, Carlos Leonel George George, Reynaldo Domínguez Ramos, José Adalid Cedillo Mendoza e Marco Tulio Ramos.
Il pubblico ministero potrà ora richiedere il loro rinvio a giudizio e la custodia cautelare in carcere, in quanto presunti autori dei crimini di “sequestro di persona e incendio doloso aggravato ai danni di Santos Hernández Corea, e del reato di incendio doloso aggravato ai danni di Empresa Los Pinares SA de CV”, segnala la sentenza.
Ma non è finita qui. I magistrati, infatti, hanno anche modificato da ‘definitivo’ a ‘provvisorio’ il proscioglimento emesso lo scorso anno a favore dei 12 difensori dei beni comuni di Guapinol per il reato di furto. Hanno invece confermato la sentenza di non luogo a procedere per il delitto di associazione per delinquere.
Nella seconda sentenza, la Corte d’appello ha ratificato la decisione di rinviare a giudizio gli altri otto attivisti ambientali attualmente in carcere. Come nel primo caso, sono stati prosciolti dall’accusa di associazione per delinquere ed è stata modificata la sentenza di proscioglimento per furto.
Nessuna decisione è stata ancora presa invece sul presunto reato di usurpazione, un’ennesima spada di Damocle che pende sugli attivisti di Guapinol.
Con la terza sentenza, infine, la Corte d’appello ha respinto il ricorso presentato dai difensori degli otto privati di libertà, contro la sentenza del tribunale di primo grado che ordinava la carcerazione preventiva.
Una decisione tutta politica
“Sono chiaramente sentenze politiche. Prima di tutto sono state emesse il 3 marzo, cioè ci hanno nascosto le informazioni per quasi sei mesi. Poi non è certo un caso che i cinque attivisti a cui è stata ribaltata la sentenza di proscioglimento siano proprio quelli che hanno denunciato pubblicamente ciò che sta accadendo nella loro comunità e i danni che provoca il modello estrattivista in Honduras”, ha detto Edy Tabora, membro del pool di difensori ed ex direttore di C-Libre.
La decisione presa in appello potrebbe avere come conseguenza la revisione delle misure cautelari per i cinque difensori dei beni comuni e il loro trasferimento in carcere. La difesa ha comunque presentato un ricorso contro la sentenza.
“Non è possibile che in Honduras si continui a criminalizzare e a imprigionare chi difende la terra e i beni comuni, mentre si mettono in libertà persone coinvolte in gravi casi di corruzione, come è accaduto la scorsa settimana con 22 funzionari legati al caso Pandora[6].
Il messaggio politico che stanno mandando è fin troppo chiaro: qui continua a comandare la dittatura e il sistema giudiziario serve a garantire gli interessi degli ‘amici’. Chi invece protesta e denuncia è nostro ‘nemico’ e finirà sotto processo e in carcere”, ha aggiunto Tabora.
Honduras, la morsa letale
L’Honduras ha più del 35% del suo territorio dato in concessione per progetti estrattivi ed energetici. Quello che sta accadendo ai difensori di Guapinol non è un caso isolato. Secondo il più recente rapporto di Global Witness[7], l’Honduras è tra i Paesi con la maggiore quantità assoluta di attivisti assassinati (14 nel 2019).
Tuttavia, se calcoliamo il numero di uccisioni pro capite, l’Honduras diventa il Paese più pericoloso per coloro che tutelano la terra e i beni comuni. Nel contempo, è il Paese col maggior aumento percentuale di attacchi letali contro attivisti.
Il Gruppo di lavoro su imprese e diritti umani delle Nazioni Unite, la cui delegazione ha visitato l’Honduras lo scorso anno, ha segnalato nel suo rapporto che la maggior parte dei conflitti associati a progetti di investimento su larga scala ha un’origine abbastanza comune e cioè “la mancanza di dialogo e coinvolgimento (delle comunità e popolazioni) e l’insufficiente e debole consultazione e ricerca di consenso”.
Allo stesso modo, il gruppo di lavoro ritiene indispensabile garantire l’indipendenza del sistema giudiziario per rendere effettiva “la responsabilità delle aziende coinvolte e l’accesso a giustizia e risarcimento per le vittime di violazione dei diritti umani”.
Ha infine esortato le autorità honduregne ad agire immediatamente per “affrontare le cause dei conflitti sociali e dell’estrema sfiducia nelle capacità delle istituzioni di promuovere un’economia equa e inclusiva”.
“Purtroppo la magistratura in Honduras riflette la volontà del potere economico e ne garantisce gli interessi. In questo senso continua a criminalizzare chi resiste, si oppone e lotta contro l’imposizione di progetti estrattivi”, ha concluso Tabora.
Sebbene la situazione sia complicata e la persecuzione contro i difensori dell’ambiente non si fermi, il pool di difensori chiederà nuovamente la revisione delle misure cautelari per le persone private di libertà e impugnerà le sentenze della Corte d’appello.
Note
[4] Marco Tulio Ramos, Reynaldo Domínguez Ramos, Juan Antonio López, José Eugenio Esquivel Villeda, Juventino Cruz Hernández, Ally Magdaleno Domínguez Ramos, Juan Manuel Cruz Hernández, Juan Francisco Cruz García, José Santos Hernández, Carlos Leonel George George, José Adalid Cedillo Mendoza y Lourdes Elizabeth Gómez Roda.
[5] Porfirio Sorto Cedillo, José Abelino Cedillo, Kelvin Alejandro Romero, Arnold Javier Alemán, Ever Alexander Cedillo, Orbin Nahún Hernández y Daniel Márquez