La Open Arms, nave umanitaria dell’omonima ONG, ha lasciato il porto di Burriana, in Spagna, per far rotta verso il Mediterraneo centrale. A bordo un equipaggio di 20 persone, tra le quali un medico, un infermiere e un mediatore culturale di EMERGENCY.
EMERGENCY e Open Arms uniscono di nuovo le forze per tornare sul confine più letale del pianeta e soccorrere donne, uomini e bambini che fuggono da guerre e violenza mettendo a rischio la propria vita. La partenza avviene a un anno di distanza dalla missione 65, durante la quale 107 naufraghi sono stati trattenuti a bordo della Open Arms al largo delle coste di Lampedusa per oltre 20 giorni e che ha portato all’apertura di un’indagine per sequestro di persona a carico dell’ex Ministro degli Interni.
“Torniamo operativi dopo molti mesi di cantiere, la nostra imbarcazione aveva infatti bisogno di una ristrutturazione completa e l’arrivo della pandemia da Covid-19 ha reso ancora più urgente e necessario ridisegnare spazi e ambienti all’interno della nave. Abbiamo fatto in modo che venissero rispettati tutti i protocolli necessari, così da poter tornare in mare in assoluta sicurezza. In questi mesi il Mediterraneo ha visto naufragi, respingimenti, omissioni di soccorso. In questo momento inoltre le navi umanitarie presenti in zona SAR sono pochissime, quasi tutte bloccate dalle autorità con cavilli amministrativi. Torniamo quindi in mare consapevoli che la nostra presenza è sempre più necessaria, a salvare vite naturalmente, ma anche a denunciare le continue violazioni dei diritti da parte dei governi europei” – così Riccardo Gatti, Presidente Open Arms Italia e Capo Missione.
Mentre l’equipaggio della ONG spagnola, la Open Arms, si occuperà di coordinare la missione e le operazioni di soccorso, EMERGENCY gestirà l’assistenza medica a bordo. La nave seguirà dunque protocolli medici, sviluppati sulla base delle attività di prevenzione del contagio che EMERGENCY ha già sperimentato nei mesi scorsi nei suoi progetti di risposta al Covid in Italia e nel mondo: sono previste quindi misure per la compartimentazione dei flussi, il monitoraggio e la segnalazione di eventuali casi sospetti tra i migranti. L’equipaggio sarà sottoposto, inoltre, al tampone prima della partenza e una volta rientrato in porto così da poter identificare subito eventuali casi positivi.
“Da inizio anno 514 migranti sono annegati nel Mar Mediterraneo, oltre due morti al giorno, trasformando quelle acque in un cimitero. L’Europa maschera i respingimenti illegali con il proprio supporto alla Guardia Costiera libica che, dal 2017, ha riportato indietro circa 40.000 persone in un Paese in guerra, dove i diritti umani vengono sistematicamente e costantemente violati. Non esiste alcuna missione di ricerca e soccorso comune e, con il pretesto del Covid-19, i governi ostacolano ulteriormente le organizzazioni della società civile che operano in mare, camuffando tali decisioni come politiche di tutela della salute pubblica. Ma per EMERGENCY, che dal 1994 cura le vittime dei conflitti e conosce molto bene i paesi di provenienza e di transito da cui scappano queste persone, l’imperativo morale non può che essere quello di soccorrere chi fugge dall’inferno alle porte di casa nostra. Pensiamo che le vite umane debbano essere salvate anche in questo periodo di pandemia, e che si possa farlo in sicurezza. Per questo, forti di una esperienza pluriennale nella gestione delle epidemie, sulla Open Arms applicheremo tutte le misure possibili per minimizzare il rischio di contagio e proteggere l’equipaggio e i naufraghi,” ha dichiarato Rossella Miccio, Presidente di EMERGENCY.
La missione si atterrà strettamente ai principi della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea e della Convenzione di Ginevra.