Il Senato della Repubblica italiana ha votato per concedere l’autorizzazione a procedere davanti al Tribunale di Palermo nei confronti dell’ex Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e omissione d’atti d’ufficio per la vicenda che vide protagonista la nostra nave, la Open Arms, nell’agosto del 2019.
Come più volte ribadito, in quell’occasione il nostro equipaggio e le oltre 100 persone soccorse, furono costretti ad attendere 20 giorni in mare prima di poter ottenere un porto di sbarco. Gli uomini, le donne e i bambini che avevamo a bordo, già stremati dalle violenze subite e dalla traversata in mare, furono costretti a sopportare un ulteriore abuso, quello dell’attesa indefinita, immotivata, incomprensibile. Giorni interi a nutrire la speranza di poter toccare terra, di poter essere finalmente curati, di poter ricevere abiti puliti, di poter fare una doccia, di poter vedere i loro diritti riconosciuti.
Giorni di incertezza e di paura che trasformarono presto quella speranza in angoscia, nel terrore di essere riportati indietro, di essere rimandati nell’inferno da cui erano riusciti a fuggire. Un terrore che si tradusse nel tentativo di raggiungere le coste a nuoto per 13 dei nostri ospiti, che non sostenendo più lo stress psicologico dell’incertezza preferirono, ancora una volta, rischiare la vita. Anche in quell’occasione, furono i nostri soccorritori a salvarli.
Il voto di oggi è stato importante perché ha assunto, ancor più dopo gli eventi di questo ultimo anno, un valore universale: non è l’ex ministro che vorremmo fosse giudicato, ma una visione del mondo e della politica, quella che ha continuato a preferire l’omissione di soccorso e i respingimenti per procura al soccorso, che ha continuato a scegliere di fermare con azioni amministrative pretestuose le navi umanitarie anziché coordinarle al meglio in mare, che ha scelto di chiudere i porti anziché organizzare protocolli di sbarco sicuri, che ha preferito assistere a naufragi in diretta piuttosto che assumersi la responsabilità di dire che la vita ha lo stesso valore per tutti, che siamo tutti uguali davanti alla legge, che di ogni essere umano va tutelata la dignità e che i diritti o sono di tutti o non sono di nessuno.
Ci auguriamo che l’assemblea legislativa che compone il Parlamento italiano abbia scelto oggi di accertare la verità e le eventuali responsabilità di un ministro, non per scopi politici, ma per dare un segnale definitivo e inequivocabile, per affermare che le istituzioni democratiche di ogni paese liberale esistono per tutelare i principi su cui sono fondate, principi da cui non possono e non vogliono derogare a nessun costo.
Il voto di oggi marca un passaggio importante, tuttavia resta ancora molto da fare, dalla modifica dei decreti sicurezza, all’organizzazione di protocolli di sbarco in grado di garantire la sicurezza e la dignità di tutti, da un sistema strutturato di soccorso e di redistribuzione delle persone salvate su tutto il territorio europeo, per finire con la sospensione di accordi criminali con paesi illiberali che finanziano trafficanti e miliziani.
Queste sono le scelte politiche che fanno la differenza tra un paese che ha come fondamenta il rispetto dei diritti umani e la vita e un paese che sceglie di rinunciare alla parte migliore di sé, quella che garantisce la libertà e l’integrità di chi arriva sulle sue coste, ma soprattutto quella che tutela i suoi cittadini e le sue cittadine attraverso l’inderogabilità della sua Costituzione.