Ancora mistero sulla morte di Mario Paciolla, il cooperante napoletano trovato morto nella sua abitazione a San Vicente del Caguán, in Colombia, dove viveva da 5 anni. Mario lavorava per l’ONU in un progetto di verifica e mediazione per la pace tra le formazioni guerrigliere della Forze armate rivoluzionarie della Colombia (FARC) e l’Esercito di Liberazione Nazionale (ELN).
Mario aveva 33 anni, una laurea all’Università Orientale di Napoli in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali, appassionato di basket e lettura. Da sempre impegnato nel mondo del giornalismo e del volontariato; aveva anche svolto dei progetti a Salta, in Argentina.
Le parole della madre hanno già fatto il giro dei principali quotidiani. Mario già da alcune settimane si sentiva in pericolo per alcune cose che avrebbe visto o sentito. Delle situazioni che gli hanno causato anche dei problemi con i suoi capi. La madre racconta che negli ultimi mesi Mario era anche impegnato in un progetto per trasformare il tratto di un fiume della Foresta Amazzonica (noto per il trasporto di cocaina) in un percorso di rafting. Insomma, non si sentiva più al sicuro, al punto da comprare un biglietto di ritorno per il 20 luglio. Come aveva detto alla madre, voleva tornare a bagnarsi nelle acque di Napoli, si sentiva sporco.
La polizia locale colombiana ha comunicato che Mario si sarebbe suicidato; impossibile da credere. Il corpo è stato trovato con dei graffi di armi da taglio, simili a quelli di una tortura. “A breve sarebbe dovuto tornare a Napoli con un collega”, dice la madre, “non si è suicidato e ne sono certa”. Ciò che la spinge a pronunciare queste parole è il ricordo della preoccupazione di Mario nelle ultime telefonate a casa.
La storia di Mario ricorda quella sulla verità di Giulio Regeni e il rilascio di Patrick Zaki: situazioni su cui il nostro governo deve fare chiarezza, a tutti i costi.
Siamo tutti Mario Paciolla. Era ognuno di noi, che ci battiamo per rendere il mondo un posto migliore, ogni giorno.
Ognuno di noi deve sentirsi orgoglioso di appartenere a una generazione, paese e terra che ha partorito figli come Mario.
Mario è l’anima di ogni persona, attivista, volontario che ogni giorno lotta contro le contraddizioni del mondo in cui viviamo, nonostante tutto. Che sa di non dover mai rinunciare a giustizia e verità.
Mario rappresenta i passi, chilometri di ognuno che lascia la vita di sempre e tenta di dare un briciolo di giustizia a chi da troppo tempo non ne ha, o non ne ha mai avuta.
Lui era ogni persona che cerca di mettere in luce la vitalità di chi troppo spesso, agli occhi di molti, non rappresenta questo mondo.
Mario è morto in cerca di pace, coerenza e giustizia. Anche noi non avremo pace finché non verrà fatta giustizia e verità sulla sua morte.
Gli amici hanno lanciato una petizione sulla piattaforma change.org. Il link: https://bit.ly/3jel5Vs