L’italia è una Repubblica fondata sul lavoro. Articolo 1 della Costituzione. Sugli aspetti squisitamente costituzionali del tema e sul fatto rivoluzionario, per i tempi e tutt’oggi, di questa definizione all’interno di una Costituzione rimando ai numerosi studi dei costituzionalisti (1).
La mia riflessione vuol toccare un tema che è diventato una ferita aperta nelle conseguenze della crisi del coronavirus: che cos’è il lavoro?
Perché nella vulgata corrente è chiaro che quando si parla di lavoro si parla in realtà di lavoro salariato; si lavora per un salario e questo lavoro più è pagato e più è prestigioso. La mente va immediatamente al tema del taglio dello stipendio dei parlamentari, o all’ingaggio di Cristiano Ronaldo, o agli inspendibili stipendi e dividendi dei presidenti dei consigli di amministrazione.
Cioè stiamo spostando l’attenzione dal lavoro al denaro; e lo facciamo quasi inconsapevolmente come se fosse una cosa ovvia, come se fosse una cosa normale.
Quando parliamo del Reddito di Base Incondizionato ci incontriamo con questa obiezione: “ma se diamo i soldi a tutti, chi lavorerà?”; obiezione che si basa, per l’appunto sul pre-giudizio appena enunciato: lavoro = soldi.
E’ evidente che il coronavirus ha danneggiato alcune categorie economiche mentre non ha influenzato quasi per nulla altre categorie, fino ad arrivare a quelle che ci hanno perfino guadagnato. Un virus che genera disuguaglianze economiche. Ma al tempo stesso la crisi ha messo in risalto un’altra concezione del lavoro, proprio quella a cui pensavano i costituzionalisti quando scrissero l’articolo 1.
Il lavoro è qualunque attività di trasformazione del mondo: questo concetto radicalmente diverso del senso del lavoro umano getta una luce diversa sulle attività umane degli ultimi tempi e offre una nuova prospettiva per il futuro. I medici e gli infermieri che hanno salvato tante vite lo facevano perché erano impagabili, così come la vita umana. I volontari che aiutano, le persone che accolgono, noi che scriviamo gratuitamente questa agenzia stampa lavoriamo per la trasformazione. Trasformazione di oggetti, trasformazione di strutture, trasformazione di idee, trasformazione di affetti.
Il fatto di avere legato la trasformazione al salario è un errore storico tipico dell’epoca industriale, proseguito nella post-industriale epoca della finanziarizzazione in cui i soldi finiscono per produrre altri soldi, senza alcuna trasformazione sociale diversa dall’arricchimento. Tale arricchimento diventa fine a se stesso perché spesso produce ricchezze inspendibili così come la creazione di salari dove il senso delle proporzioni scivola nell’insensatezza totale.
Dobbiamo pensare a una società dove ci sia un senso nelle azioni: il falegname trasforma il legno perché ci sia una sedia per sedersi, il medico cura un paziente perché guarisca, l’insegnante insegna per formare migliori cittadini, le fabbriche producono oggetti utili al benessere comune, i contadini producono cibo per chi ha fame, il politico governa per il bene comune…
Un concetto complicato? Non stiamo dicendo che il denaro, come mezzo di scambio, non possa giocare qualche ruolo in tutto questo, stiamo dicendo che non può e non deve avere l’importanza che ha attualmente, importanza che si trasforma nella dittatura del denaro e dell’economia nei confronti di tutto il resto.
La crisi ha dimostrato che altri parametri funzionano e sono utili: la solidarietà, il senso dell’azione, la generosità, il dare disinteressato, la cura degli altri, l’empatia. Su questi valori è opportuno e urgente costruire un altro mondo, un mondo che si preoccupi del Bene Comune, a partire dalla nostra casa, la Terra, affrontando le vere emergenze che attanagliano l’Umanità: la crisi ambientale ed ecologica, la crisi del senso della vita, l’ineguaglianza di diritti e opportunità, il perdurare e incancrenirsi dei conflitti e delle guerre, l’odiosa minaccia del disastro nucleare.
Su queste cose c’è molto lavoro da fare!! E lo potranno fare bene solo le persone senza interessi di prestigio e denaro.
(1) Mi permetto di consigliare, per approfondire questo tema e molti altri, I sentieri costituzionali della democrazia di Filippo Pizzolato, pubblicato da Carocci nel 2019.