Chi più chi meno, siamo tutti preparati a morire, ma non lo siamo mai abbastanza quando muore un amico, perché l’amicizia, in particolar modo per un anarchico, è il sentimento più forte di qualsiasi altro legame.
La scomparsa di Paolo Finzi, tra i fondatori, redattore e direttore responsabile, di “A-Rivista Anarchica”, mi ha spiazzato e addolorato, anche perché è impossibile per un prigioniero dimenticare un amico che ti viene a trovare in carcere quando sei condannato a essere cattivo e colpevole per sempre. Paolo non solo mi veniva a trovare in carcere, ma con la sua rivista ha dato sempre voce a me e agli uomini ombra (così si chiamano fra loro gli ergastolani). Paolo, perché te ne sei andato? Avevamo ancora bisogno della tua voce e della sua luce per tentare di cancellare nel cuore degli umani e nel nostro ordinamento giuridico la pena più crudele che un uomo possa dare e ricevere: la condanna alla “Pena di Morte Viva”.
Nella nostra ultima telefonata mi aveva espresso il desiderio di dedicare un numero speciale sul carcere ed io avevo già cominciato a raccogliere le testimonianze dal “di dentro”, adesso come farò a continuare a lottare da solo? Nelle nostre chiacchierate nella sala colloqui in carcere mi diceva spesso, per farmi coraggio, che non tutta la società era d’accordo a considerare irrecuperabili per sempre i condannati all’ergastolo e mi stimolava a resistere, a scrivere e a lottare. Ci siamo visti spesso anche fuori, quello che mi piaceva più di tutto di Paolo era la sua ironia, unita alla sua umanità.
Una volta parlando di amore, religione e anarchia, commentando una frase di Margherita Hack che diceva “Non c’è bisogno di nessuna religione per avere una morale”, io avevo commentato che un anarchico non ha bisogno né dell’una né dell’altra e tu, Paolo, avevi sorriso con il cuore, gli occhi e le labbra… Ecco, ti voglio ricordare così… perché gli anarchici non hanno paura di morire, sono contrari a qualsiasi potere, anche quello della morte, sono immortali. Buon riposo Paolo.