Doveva essere solo una presentazione del libro “Pescatori di Uomini”, scritto a quattro mani dal giornalista dell’Avvenire Nello Scavo e da Don Mattia Ferrari, cappellano della Mediterranea Saving Humans, e invece è stato un duro viaggio nel Mediterraneo, tra intrecci mafiosi e gravi violazioni dei diritti umani. Martedì 7 luglio quasi 150 persone- tutte distanziate tra loro- hanno assistito nel centro sociale bolognese TPO alla presentazione del libro e al dibattito. Tra i protagonisti Don Ciotti, Nello Scavo, Don Mattia Ferrari, e le attiviste Giulia Sezzi e Francesca Zanoni. Il dibattito si è aperto con i saluti dell’equipaggio della Mare Jonio, in quarantena a largo di Augusta. Tra i presenti, in prima fila Elly Schlein e l’assessore alla cultura di Bologna Matteo Lepore.
Cosa ci fanno due preti e un giornalista dell’Avvenire in un centro sociale? Può sembrare l’inizio di una barzelletta è invece è un meraviglioso esempio di commistione tra mondi diversi, uniti dall’amore verso il prossimo e la giustizia, che ha già salvato 300 vite.
Don Mattia Ferrari, ventiseienne parroco di Nonantola, racconta il suo primo incontro con le attiviste e gli attivisti (che lui chiama compagni e compagne Ndr), del TPO e del Labas. Nel 2017 il Don venne a sapere di Jusufa, un giovane migrante che dormiva in stazione a Bologna. Cercò un posto dove potesse vivere, attivando i suoi contatti, ma purtroppo la ricerca non andò a buon fine. Dopo diverse peripezie, il Don si imbatté nel progetto del centro sociale Labas “Accoglienza Degna”. Da lì dice “venne tirato dentro l’esperienza della Mediterranea Saving Humans”- partecipando nel’aprile 2019 alla quinta missione
Nello Scavo, noto giornalista dell’Avvenire sotto scorta per le sue inchieste sulla mafia, ha raccontato di essersi avvicinato alla nave Mare Jonio scettico e di aver subito cambiato idea. Lui si era imbarcato per indagare sui traffici malavitosi dei libici e ha apprezzato, ovviamente, l’azione di salvataggio degli attivisti e delle attiviste, ma soprattutto il ruolo di sentinella delle navi delle ONG nel traffico degli esseri umani, di armi e petrolio. Le uniche navi rimaste nel Mediterraneo, dalla fine delle missioni UE.
Fotoreportage @Vittoria Sichi
Durante la serata si è parlato di intrecci tra la mafia siciliana, con interessi nel contrabbando del petrolio libico, e i trafficanti di persone. Storie turpi che hanno in comune il Mediterraneo, lo sfruttamento delle vite umane per il profitto, e il disinteresse generale, acceso -di tanto in tanto- da qualche polemica politica. Si è parlato dell’inumanità dell’Unione Europea e della necessità di tornare a salvare le vite nel Mediterraneo come ha sottolineato Don Ciotti “per una questione di giustizia”.
Più volte è stata evidenziata la necessità di cancellare i decreti sicurezza. Infatti, nonostante i governi siano cambiati, l’approccio alla questione delle migrazioni è sempre utilitaristico, come nel caso della sanatoria temporanea per i braccianti. Una discussione complessa che ha anche toccato il tema dell’emergenza climatica ed ecologica, molto spesso insieme alle guerre il fattore che spinge le persone ad intraprendere il percorso verso l’Europa. Emergenza strettamente legata al sistema di sfruttamento, don Ciotti , citando il Papa, ha chiosato :”I disastri ambientali e sociali son un’unica grande crisi socio-ambientale”.
La serata si è conclusa con l’appello di Don Ciotti per un “nuovo umanesimo che rimetta al centro la persona” per creare un mondo in cui i valori cardine siano uguaglianza e giustizia. All’insegna “dell’azione e non solo della commozione “, trovando forme di collaborazione tra diversi mondi della società civile, come l’esperienza di Mediterranea Saving Humans ha insegnato.