Nel 1687, Isaac Newton pubblicava “Philosophiae naturalis principia mathematica”, dove formulava i tre principi della dinamica: il principio di inerzia, il principio della dinamica e il principio di azione e reazione. La loro combinazione ha dato origine a una quarta legge: la legge di gravità. Quest’opera ha segnato una svolta nella storia delle scienze ed è considerata da molti l’opera scientifica più importante della storia.
Fino alla fine del diciannovesimo secolo, il mondo operava secondo il tic tac inesorabile dello scorrere del tempo, questo fino all’arrivo di Albert Einstein.
“Il profilo di Einstein come teorico ci porta a immaginarlo sempre con la testa tra le nuvole, ma la verità è che ha coltivato la passione per le macchine per tutta la sua vita.
Due episodi simboleggiano il processo di iniziazione di Einstein alle scienze: una bussola, donatagli da suo padre quando aveva quattro anni, e la lettura di un volume di geometria euclidea. L’ago magnetizzato spiegava davanti ai suoi occhi i misteri della natura; gli assiomi e i postulati di Euclide, il potere deduttivo dell’intelligenza (…). Il magnetismo può essere interpretato come un effetto puramente relativistico, e la relatività stessa come una visione geometrica dell’universo. Così, nella bussola e nel libro di Euclide era scritto il suo destino”. [1]
Fin da giovane, Einstein si era scontrato con l’autorità accademica. La sua mente geniale lo aveva portato a sviluppare un’idea non intuitiva di spazio-tempo, che andava a cozzare con quell’idea fissa ormai da centinaia di anni: ciò che non può essere visto o misurato in un laboratorio, non esiste.
La relatività ha stabilito una diversa nozione di spazio e tempo. Come risultato delle sue formulazioni, l’orologio di Einstein poteva fare tac tic invece di tic tac. Così scompariva il tempo unico e assoluto della meccanica classica. Tutto dipendeva allora dalla luce e dallo stato di movimento dell’osservatore.
L’unica cosa assoluta della nuova teoria era la velocità della luce, tutto il resto era relativo.
Le distanze sono relative. La lunghezza di un certo oggetto spinto a una velocità vicina a quella della luce si accorcerà di quasi la metà; non è un’illusione ottica, succede ed è dimostrabile scientificamente.
Allo stesso modo, la simultaneità è relativa. Apparentemente, due cose accadono contemporaneamente in luoghi diversi, ma due diversi osservatori in movimento non si troveranno d’accordo: uno vedrà che prima si è verificato A e poi B, invece, per l’altro, prima B e poi A; entrambi avranno ragione perché la simultaneità è relativa alla velocità della luce.
Così sorgeva il problema della causalità. Sembra ovvio che le cause avvengano prima degli effetti, ma la relatività si è scontrata con il principio di causalità. Lo scienziato ha risolto questo paradosso affermando che nulla nell’Universo può andare più veloce della velocità della luce. Ciò si scontrava completamente con l’imponente fisica tradizionale newtoniana. Per Newton, la gravità agiva all’istante, perciò aveva una velocità assoluta…
Einstein ha trascorso 10 anni (dal 1905 al 1915) alla ricerca di una nuova teoria della gravità coerente con il principio di relatività. Per fare questo, ha considerato il principio di equivalenza di Galileo, che stabiliva che tutti gli oggetti cadono alla stessa velocità indipendentemente dalla loro massa. Quindi se tutti gli oggetti cadono con la stessa accelerazione, i percorsi che seguono non costituiscono una proprietà del singolo oggetto, ma piuttosto una proprietà dello spazio.
Inoltre, le traiettorie sono curve quando gli oggetti cadono, descrivono una parabola o rimangono, come la Luna, in una situazione di caduta permanente verso la superficie curva della Terra, descrivendo un’orbita.
Pertanto, quando c’è gravità, lo spazio è curvo. La gravità è una manifestazione della geometria distorta dello spazio-tempo.
Il problema dell’autorità accademica non riguardava solo il lavoro di Einstein, ma anche quello di Planck e Born, che ponevano le basi per l’emergente meccanica quantistica. Insieme a loro Heisenberg, Bohr, Pauli, Schrödinger hanno smantellato le basi tradizionali della fisica. A partire dagli anni ’20, la matematica che descriveva il mondo andava componendosi di formulazioni estremamente complesse.
Ma il pensiero della gente comune continuava a rimanere abbastanza classico. Tuttavia, potevamo ancora cambiare le nostre routine, i nostri costumi e le nostre leggi naturali del 19° secolo, o ancora antecedenti, spensierate e immerse in un’esistenza relativamente priva di sostanza.
La società occidentale è fuggita da approcci complicati per concentrarsi sugli sviluppi della rivoluzione industriale, e in questo modo abbiamo camuffato con euforia ciò che in realtà nascondeva grande confusione e disorientamento esistenziale…
Nel frattempo, il vecchio albero della conoscenza dei primi miti, prima della cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso, assumeva un aspetto frattale. [2]
(IMMAGINE – L’albero di Pitagora è un piano frattale costruito a partire da quadrati inventati dal Professore Albert E. Bosman nel 1942)
Muovendo i primi passi verso la Teoria del caos, Henri Poincaré aveva introdotto l’idea di non linearità, dove origine e risultato divergono e le formule non servono più a risolvere il sistema.
Nel 1927 Heisenberg aveva formulato il principio di incertezza, che stabilisce l’impossibilità di effettuare una misurazione sperimentale senza interferire con ciò che si intende misurare. Questo principio suppone un cambiamento fondamentale nel modo di studiare i fenomeni, dal momento che passa da una conoscenza teoricamente esatta a una conoscenza basata solo sulle probabilità e sull’impossibilità di non superare mai un certo livello di errore.
La manifestazione delle centinaia di particelle subatomiche conosciute si basa su questa forma sperimentale. Questi tipi di test vengono eseguiti in un acceleratore di particelle in cui viene scoperto ciò che in precedenza si prevede si verifichi con una percentuale di ipotesi sulla scoperta.
Questo ha posto le basi per la scoperta del Bosone di Higgs nel 2012, proposta nel 1964 da Peter Higgs insieme ad altri. Per la fisica era di vitale importanza, perché proprio grazie al meccanismo di Higgs la materia aveva massa e senza di esso il sistema era completamente privo di sostanza e coerenza. A tal fine, a Ginevra è stato costruito il famoso acceleratore di particelle LHC (ad oggi il più grande al mondo, situato a una profondità di 100 metri e lungo 27 km). Lì i protoni si scontrano e le particelle che derivano da tali collisioni vengono studiate per vedere se il modello standard per la fisica delle particelle è soddisfatto e oltre …
È una tecnologia estrema; l’interno dei tubi LHC è uno dei luoghi più freddi dell’Universo e, allo stesso tempo, nei punti in cui si verificano le collisioni, viene generata la temperatura più alta dell’intera galassia, circa 100.000 volte la temperatura all’interno del Sole. In quei punti vengono ricreate le condizioni in cui l’Universo si trovava una frazione di secondo dopo il Big Bang.
A questo punto la comprensione del vuoto, intesa come una struttura frattale, diviene paradossalmente sostanziale.
Oggi, l’acceleratore LHC è la macchina che genera la maggior quantità di dati in tutto il pianeta. Il Large Hadron Collider raccoglie l’equivalente di quaranta milioni di immagini ad alta definizione ogni secondo e deve decidere all’istante quali conservare per successive analisi. Per far fronte a questa sfida è stato necessario sviluppare specifici algoritmi matematici e la più grande rete di risorse informatiche del pianeta.
Il tema della riduzione degli errori è diventato essenziale. L’Orologio atomico è una di queste macchine straordinarie, con un margine di errore praticamente vicino allo zero. Il suo meccanismo prevede la preparazione di un atomo in modo che oscilli tra due stati diversi, in cui ogni stato è una diversa sovrapposizione quantica di due livelli di energia dell’atomo. L’orologio perde un secondo ogni 3400 milioni di anni, rispetto all’orologio atomico al cesio che perde un secondo ogni 100 milioni di anni.
(IMMAGINE – Schema dell’orologio atomico)
Alla ricerca dell’armonia
Alla fine del 20° secolo, il pensiero scientifico raggiungeva una grande complessità a partire dalla formulazione del Big Bang e dal modello standard della fisica delle particelle, fino a giungere infine al vuoto. Ma un tale vuoto non può essere vuoto, perché in tal caso non esisterebbe nulla, nemmeno relativamente. Pertanto, questo vuoto trovato dalla scienza rilancia la palla alla filosofia: l’idea del vuoto come struttura creativa senza tempo e immateriale (estranea allo spazio).
Quasi tutto l’intenso sforzo scientifico e il massiccio finanziamento del governo nella fisica delle particelle sono stati storicamente diretti a catalogare le proprietà delle particelle subatomiche, come “quark” e “gluoni”, piuttosto che penetrare nella natura della geometria. Ora, gli scienziati stanno capendo che i concetti “inutili” di spazio e tempo possono essere la fonte ultima di bellezza e semplicità in natura. [3]
Come è accaduto in tutte le fasi dell’esistenza umana, il progresso tecnologico ci pone di fronte a nuove situazioni per le quali non siamo preparati. Implica il superamento di limiti insospettati e lo fa avvalendosi del sistema culturale delle fasi precedenti; ciò genera una grande crisi sistemica. Questo momento di singolarità viene definito da Akop Nazarethian come la rottura dell’equilibrio tecno-umanitario.
La capacità di visualizzare un futuro in una possibile direzione diventa quindi il problema fondamentale. Nazaretián è ampiamente impegnato a seguire punti di vista che potrebbero dare una prospettiva in una direzione di sopravvivenza globale ed evoluzione sconosciuta. Nel suo libro “Futuro non lineare” raccoglie in modo interdisciplinare il lavoro di numerosi specialisti.
Il filosofo ortodosso russo Nikolái Berdiáev [1990] affermò che “ogni tentativo di risolvere ogni questione storica, in ogni periodo, deve essere riconosciuto come fallimento a 360º. Nel destino storico dell’essere umano, in sostanza, nulla è andato bene”. L’eterna “lotta del bene contro il bene” generava invariabilmente il male; e le intenzioni umane non si sono materializzate o non sono valse la pena. Nelle parole di Dante si potrebbe dire che “la via dell’inferno è lastricata di buone intenzioni”. [4]
Non sorprende che la stragrande maggioranza degli astrofisici del 20° secolo vedesse l’esistenza umana come una “farsa”, alla quale solo l’anticipazione dell’inevitabile fine dà la sfumatura di”tragedia superiore” [Weinberg, 1993]. [5]
Queste citazioni rivelano la sensazione di incertezza della fine del secolo scorso. Tuttavia, l’umanità ha continuato a sollevarsi sulle ali di un uccello chiamato tentativo, mosso da una strana combinazione di intuizione e ricerca dell’armonia di ciò che esiste.
Nell’aprile 1998, il satellite della NASA Transition Region e Coronal Explorer (TRACE) ha trovato prove di musica proveniente da corpi celesti. L’atmosfera del sole emette ultrasuoni e suona una partitura composta da onde che sono circa 300 volte più basse dei toni che le orecchie umane possono captare.
Tra stelle e particelle, la vita diviene una rarità. Prima di questa insospettata danza creativa Albert Einstein aveva espresso il suo stupore con la frase: “La proprietà più sorprendente di questo mondo è il fatto che esiste.”
Un altro scienziato ribelle era Ilya Prigogine. Nel 1977, lo specialista in termodinamica riceveva il premio Nobel per la chimica per la sua teoria sulle strutture dissipative, dimostrando che nella chimica di alcune strutture si verifica un processo di creazione in cui le possibilità rompono i propri limiti e si liberano grazie al caso e al non equilibrio dell’interazione.
Dal punto di vista termodinamico, tutti i processi naturali sono – erano – irreversibili, ma “Le strutture dissipative sono isole dell’ordine in un oceano di disordine”, affermò Prigogine.
“L’Universo del non equilibrio è un universo coerente” (…) “Nel nostro tempo, siamo molto lontani dalla visione monolitica della fisica classica. Di fronte a noi si apre un Universo di cui abbiamo appena iniziato a intravedere le strutture. Scopriamo un mondo affascinante, sorprendente e nuovo come quello dell’esplorazione infantile”. [6]
Un’altra delle sue teorie fa anche riferimento alla questione della musica dell’Universo, che sembra viaggiare attraverso il tempo: “Esistono diversi modi di mettere in discussione l’Universo in cui viviamo, e anche la musica è uno di questi. Il nostro ambiente non è solo colore, ma anche suono e molte altre cose”.
Ilya ha ispirato studiosi della mega-storia a comprendere all’interno di una struttura l’essenza del materiale e dell’umano, come un processo comune, che comincia con la genesi dell’Universo a partire dal Big Bang.
“La caratteristica principale di ogni sistema vivente è l’apertura”. “Tutto ciò che vediamo in natura è molto diverso da un robot; segue il modello evolutivo, è instabile, si trasforma”.
Prigogine ci avvicina all’idea di equilibrio filosofico in contrapposizione con il disequilibrio termodinamico. Di fronte al caos, al caso e alla tremenda complessità dell’Universo, l’essere umano è la manifestazione più avanzata che abbiamo dell’evoluzione.
“Stiamo riscoprendo il tempo, ma è un tempo che, invece di confrontare l’uomo con la natura, può spiegare il posto che l’uomo occupa in un universo inventivo e creativo”.
All’alba del nuovo secolo, l’incertezza continuerà a pesare duramente, talvolta trasformata in nichilismo e talvolta trasformata in molteplicità di significati. Su questo punto, il grande filosofo Prigogine ci ha lasciato scommettendo chiaramente sulla seconda opzione per un possibile futuro.
“Il futuro è incerto… Ma questa incertezza è al centro della creatività umana”. “Scegliamo sempre; questo è il motivo per cui è così importante arricchire la gamma di possibilità e sviluppare nuove utopie alla fine di questo secolo, che rendano possibili nuove scelte”. [7]
Traduzione dallo spagnolo di Cecilia Bernabeni. Revisione: Chiara De Mauro.
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[1] David Blanco Laserna. “Einstein, La teoria della relatività”, RBA Coleccionables SA, 2012. Pag. 21
[2] L’albero della conoscenza, chiamato anche albero cosmico “Axis Mundi”, appare nella mitologia di tutte le culture, sin dai tempi più remoti della civiltà umana. Nella Bibbia viene trattato in modo negativo e associato al male. “Ecco, l’uomo è diventato come uno di noi quanto alla conoscenza del bene e del male. Che ora egli non stenda la mano e non prenda anche dell’albero della vita, ne mangi e viva per sempre” Espulsione dal Paradiso, Cap. III, Torres Amat, 1957.
[3] Michio Kaku. “Hyperspace”, Editore digitale Banshee. 1994. Pag. 26
[4] Akop Nazarethian. “Futuro non lineare”. Ed. Suma Qamaña. Buenos Aires, 2016. Pag. 212
[5] Ibid. Pag. 293
[6] Ilya Prigogine. È stato definito un grande filosofo umanista, i suoi libri sono stati tradotti in molte lingue; la maggior parte dei suoi scritti si occupa di termodinamica e gli ultimi cercano di unire scienza e umanesimo. I suoi saggi includono “Introduzione alla termodinamica dei processi irreversibili”, “Le leggi del caos”, “La fine delle certezze” e “La nascita del tempo”.
[7] Ilya Prigogine, Buenos Aires, 1999.
Macchine del tempo II: Sotto le stelle
Máquinas del tiempo IV: Desajustes en el transcurrir