In una lettera aperta pubblicata nella rivista Harper, 152 scrittori, tra cui JK Rowling e Margaret Atwood, lamentano un clima di “esasperata tendenza alla critica” che si starebbe diffondendo nella cultura liberale. Così questi autori hanno preso posizione nell’attuale dibattito relativo alla libertà di opinione su internet.
Mentre si affronta un quesito del genere, in una società in cui i social danno l’opportunità di esprimere posizioni estreme, si può guardare agli autori vittoriani come esempio per analizzare da un altro punto di vista il linguaggio e il modo in cui può essere usato per comunicare le proprie idee. Inoltre, saremmo così in grado di osservare come gli scrittori vittoriani, per ovviare all’allora limitata tolleranza e alla censura letteraria, abbiano escogitato dei metodi creativi di scrittura che hanno messo in primo piano la sensibilità e richiesto prudenza.
Senza offendere nessuno
Sono pochi i casi di libri messi al bando durante l’era vittoriana. Tuttavia, le opere letterarie venivano censurate o rifiutate per pudore morale e spesso gli editori si opponevano alle invettive contro le classi sociali più agiate, ovvero coloro che compravano i libri. Il primo romanzo dello scrittore e poeta Thomas Hardy, The Poor Man and the Lady, non è mai stato pubblicato poiché, secondo l’editore Alexander Macmillan, il ritratto della nobiltà era “nero come la pece, senza che vi fosse anche un solo raggio di luce a scacciare l’oscurità”.
Tuttavia, nella maggior parte dei casi non erano gli editori a scartare le opere, ma le biblioteche che si rifiutavano di distribuirle. Queste istituzioni erano parte integrante del consumismo letterario durante l’era vittoriana, essendo uno dei pochi mezzi di distribuzione dei libri.
Tra queste, la più influente era la Select Library di Charles Mudie, fondata nel 1842. La sua era una libreria “elitaria” perché lasciava circolare soltanto quegli scritti che i genitori della classe media avrebbero potuto leggere ad alta voce alle proprie figlie, senza causare imbarazzo.
Questo comportamento influenzò il tipo di opere commissionate dagli editori e i libri che gli autori avrebbero potuto pubblicare evitando problemi. Sebbene la censura letteraria in età vittoriana fosse limitante, questa spinse gli scrittori a elaborare modi più creativi e innovativi per comunicare le proprie idee.
La censura “produttiva”
L’editore di George Eliot, John Blackwood, criticava il suo lavoro poiché offriva dei ritratti autentici degli individui, invece che idealizzarli. Si sentiva particolarmente a disagio ogni volta che Eliot si concentrava sulle difficoltà quotidiane della classe lavoratrice.
In La storia d’amore di Mr Gilfil (1857), Eliot descrive il momento in cui un’orfana, Caterina, viene ripulita da cima fondo, suscitando una forte critica da parte di Blackwood:
“Non ricordo nessun passaggio che mi abbia portato a esercitare una censura critica, se non quella dell’allusione alla sporcizia in comune con la tua eroina.”
Oltre alla sporcizia, anche il consumo di alcool veniva spesso visto come un promemoria indesiderato sui problemi della classe lavorativa. Sempre in La storia d’amore di Mr Gilfil, l’autrice descrive il momento in cui un eponimo membro del clero si gode un “raro goccio di gin diluito nell’acqua”.
Tuttavia, conoscendo il punto di vista di Blackwood e rendendosi conto che avrebbe potuto mettere a disagio qualcuno, si sentì ancora più motivata a rivolgersi direttamente al lettore nel testo stesso. La scrittrice, rivolgendosi alle sue “signore” lettrici, definisce la propria descrizione del signor GIlfil poco romantica:
Sono consapevole di aver corso il rischio di alienare tutte le mie raffinate lettrici e di avervi tolto ogni briciolo di curiosità che avreste potuto trovare circa i dettagli della storia d’amore del signor Gilfil… vi assicuro che il consumo di gin diluito nell’acqua è stato piuttosto contenuto. Il suo naso non era rubicondo; al contrario, i capelli bianchi evidenziavano il viso pallido e venerabile. Penso che lo abbia bevuto principalmente perché economico; e mi trovo qui a insistere su un’altra delle sue debolezze, che avrei potuto decidere di ignorare, se fossi stato interessato a dipingere un suo ritratto lusinghiero, piuttosto che uno realistico.
Qui la censura letteraria ha arricchito la scrittura di Eliot. Il rifiuto dell’autrice di sopprimere il suo lavoro diventa parte della storia e rinvigorisce il suo desiderio di dipingere il signor Gilfil così com’è davvero, ovvero un vicario che diluisce il gin con l’acqua perché povero.
Il potere del non dire
Oltre ad ispirare aggiunte narrative, il potere della censura risiedeva in ciò che veniva lasciato fuori dal testo.
In uno dei libri più apprezzati di Thomas Hardy, Tess dei D’Uberville, si pone l’accento sulle violenze sessuali commesse nel luogo di lavoro e sullo stupro. Poiché l’autore doveva fare attenzione al modo in cui avrebbe presentato l’abuso della protagonista, le sue descrizioni sono state decisamente delicate. Ecco come descrive la scena in cui Tess viene violentata dal suo datore di lavoro, Alec D’Uberville:
L’oscurità era tanto fitta da permettergli di vedere solo ed esclusivamente una pallida nebulosità sui suoi piedi, che rappresentava quella figura in mussola bianca che aveva lasciato tra le foglie appassite. Tutto il resto era scuro. D’Uberville si chinò e sentì un delicato respiro regolare. Si inginocchiò e si chinò fino a che il suo respiro non cominciò a riscaldargli il viso; un istante dopo le loro guance si toccarono. Lei dormiva profondamente e le sue ciglia si riempivano di lacrime.
A causa della censura, Hardy non poté descrivere la scena con dei dettagli grafici, creando, in tal modo, un ritratto più sensibile e meditato. L’autore non disumanizza Tess presentandola come un oggetto sessuale per intrattenere il lettore.
Concentrandosi sul “delicato respiro regolare” e sulla suggestiva immagine delle ciglia della ragazza che si riempiono di lacrime, il poeta evita gratuite descrizioni di violenza, rendendoci allo stesso tempo dolorosamente consapevoli dell’ingiustizia che Tess ha subito. Per questo motivo, il suo ritratto ne guadagna in potenza e suggestione. Si può affermare che l’autore sia riuscito a raggiungere tale risultato grazie ai limiti imposti dalla censura.
Questi esempi mostrano come la censura letteraria abbia spinto gli scrittori a camminare con i piedi di piombo in un territorio impervio. La stessa censura spinse gli scrittori a chiedersi se includere descrizioni violente o socialmente controverse fosse utile o meno rispetto alle storie narrate.
In Hardy ed Eliot, la censura e i limiti da essa posti inspirarono creatività, sensibilità e ragionamento. Questi esempi possono fornire uno spunto di riflessione nell’ambito del dibattito odierno sulla libertà di parola e sulla censura. Così come Hardy ed Eliot dovettero fare degli sforzi mentre componevano le loro opere, ci si chiede: le cose potrebbero essere presentate in maniera differente e, in alcuni casi, hanno davvero bisogno di essere dette esplicitamente?
Traduzione dall’inglese di Emanuele Tranchetti. Revisione: Giulia Paola Pattavina