In questo articolo parleremo di una crisi annunciata.

I dettagli sugli avvenimenti e sui fatti che menzionerò potrete trovarli nei riferimenti delle note bibliografiche: questo mi sembra il modo più chiaro per esprimere la mia personale opinione su ciò che, a mio avviso, è stata una privatizzazione nata male, per effetto di accordi europei atti a indebolire – o persino distruggere – un importante asset strategico italiano, quello delle telecomunicazioni, all’interno di un progetto più ampio di deindustrializzazione del nostro paese.

Sono entrato a far parte di Italtel alla fine del 2000. Ero contento. Entravo a far parte di una società storica che aveva messo in connessione l’Italia intera, fornendo alla SIP le centrali telefoniche.

C’erano grandi cambiamenti in atto, si passava dalla tecnologia del TDM al mondo Internet. Italtel era stata privatizzata poco tempo prima e moltissimi giovani ingegneri neolaureati entravano a far parte dell’azienda, creando il nuovo nucleo per il futuro. In sintesi c’era molto fermento, nuove tecnologie.

Italtel non era stata fino ad allora solamente un’azienda manifatturiera, ma soprattutto un polo culturale delle TLC in Italia, tanto che le più grandi menti delle telecomunicazioni (come ad esempio Agostino Vailati) e le università collaboravano con Italtel; era stato un polo di ricerca e sviluppo di primo ordine, oltre che un centro di formazione di riferimento per tutta l’Italia.

In realtà non sapevo che la mia fiducia verso il futuro dell’azienda era mal riposta. Infatti, mentre io mi sforzavo di studiare nuovi protocolli, nuove tecnologie, credendo nella rinascita di Italtel, proprio la sua privatizzazione ne aveva decretato il declino e, con esso, quello delle telecomunicazioni italiane.

Già Romano Prodi, due o tre anni prima che io entrassi, era venuto a parlare nella sede di Settimo Milanese, raccontando che le privatizzazioni avrebbero risolto ogni problema, per un grande rilancio dell’azienda in chiave europea, una grande possibilità!

In realtà scoprii più tardi che (come più volte dichiarato dall’economista Nino Galloni, dal 1990 al 2002 Direttore generale al Ministero del Lavoro) a livello europeo vi erano stati accordi tra Kohl e Mitterand, in base ai quali la Francia avrebbe appoggiato la riunificazione tedesca, ma in cambio la Germania avrebbe dovuto rinunciare al marco; come ulteriore contropartita, la Germania pretese che si procedesse alla deindustrializzazione dell’Italia; così, con l’appoggio degli affaristi italiani e di governi compiacenti, alla fine degli anni ’80 si verificò la svendita delle nostre imprese pubbliche.  Per entrare nell’Unione Europea, l’Italia ha rinunciato a pezzi di industria strategica, come le telecomunicazioni (tra altri comparti), riducendo di fatto la sua competitività e i suoi livelli di occupazione.

La parola d’ordine era “privatizzare”; così facendo, finalmente l’Europa sarebbe stata il paradiso che tutti noi aspettavamo…

Così, mentre viaggiavo per il mondo rappresentando orgogliosamente la mia azienda (la sentivo mia, perché credevo veramente nel suo valore), poco a poco mi accorgevo che l’Italia stava sacrificando il settore delle telecomunicazioni, mentre Francia e Germania fingevano di assecondare le direttive europee con false privatizzazioni quando, in realtà, lo Stato continuava ad appoggiare le due imprese strategiche nazionali del settore, ossia Alcatel e Siemens… che i rispettivi governo non hanno mai dato in pasto al mercato privato.

La privatizzazione di Italtel avvenne in maniera orribile, con un’operazione considerata addirittura fuorilegge in quel momento (sotto il governo D’Alema; venne poi legalizzata dal governo Berlusconi con alcune clausole di sicurezza). Si chiama LBO – Leverage Buy Out – ed è un’operazione finanziaria per cui chi compra ottiene dei prestiti  da parte di fondi d’investimento e poi li gira sull’azienda acquisita trasformandoli in un debito.

Questa operazione – tipica di un sistema neoliberista in cui i mercati possono fare ciò che vogliono, permettendo di comprare un’azienda senza avere neanche un capitale, ma solo fondi di garanzia – potrebbe in teoria essere applicata con buoni risultati nel caso in cui l’azienda che viene privatizzata abbia un flusso di cassa continuo e sicuro, che garantisca il pagamento del debito. Ma non era questo il caso di Italtel.

Cosi Italtel S.p.a., che nel 1999 era al 100% proprietà del gruppo STET (di cui faceva parte Telecom Italia), nel 2000, dopo una forte riduzione del personale, venne ceduta al fondo statunitense Clayton e Dubilier & Rice.

Per Italtel è stato l’inizio del massacro. Dissero che dovevamo aggredire il mercato e concorrere con gli altri colossi… Facile a dirsi, ma non a farsi, perché la nostra azienda non aveva una profonda conoscenza dei mercati internazionali e una pianificazione finanziaria adeguata, o semplicemente non aveva il know how.

A complicare la situazione venne la crisi del 2008 e la presenza sul mercato dei concorrenti cinesi, ai quali il mondo imprenditoriale italiano, senza aiuti statali, non avrebbe potuto far fronte.

In questo contesto di crisi generale Italtel andava sempre più perdendo colpi, arrivando a rischiare per ben due volte il fallimento. Nel 2014 ci fu un tentativo di rilancio, con l’interessamento del colosso indiano TechMahindra, dimostratosi poi un bluff.

Nel tempo si sono succedute altre crisi, che hanno portato all’uscita dell’azionariato di Telecom Italia e l’entrata di Unicredit, che dopo aver svalutato le azioni detenute e aver ridotto il personale, all’ennesima crisi del 2017, ha venduto le azioni a Exprivia S.p.A., società quotata alla Borsa di Milano. Operazione alquanto discutibile e non trasparente, poiché Exprivia era un soggetto di gran lunga più piccolo di Italtel stessa.

In ogni caso l’operazione avrebbe dovuto portare, nel 2020, alla progressiva integrazione delle strutture. Invece oggi, dopo altri cambiamenti nell’assetto finanziario, siamo arrivati all’ennesimo fallimento annunciato e a un ulteriore tentativo di salvataggio: si prospetta l’uscita di Exprivia dall’azionariato e l’acquisizione da parte del fondo Pillarstone Italy RSC, ma voci insistenti annunciano il rischio che Italtel possa essere oggetto di “spezzatino industriale”, con conseguenze da “lacrime e sangue” per i lavoratori.

Negli ultimi giorni sono apparsi due articoli sul Sole 24 Ore che riportavano da un lato l’avvicendamento, come principale creditore di Italtel, fra Unicredit e il Fondo Pillarstone Italy RSCT, dall’altro una manifestazione di interesse di Sirti nei confronti di Italtel.

Va precisato che il Fondo in questione ha utilizzato Pillarstone come Advisor dell’operazione, ma fa parte di una società (la Davy Global Fund Management) con sede in Irlanda e un patrimonio di circa 16 miliardi di euro. Il Fondo, nato pochi giorni fa, ha già rilevato da alcune banche (Unicredit, Intesa, Credit Agricole …) i crediti deteriorati di 14 aziende italiane.

Dal punto di vista di Italtel cambierebbe poco, nel senso che ora il principale creditore (che detiene circa 100ML€ precedentemente in mano a Unicredit) è appunto il Fondo RSCT, il quale ha già contattato l’azienda per avere un’idea dettagliata della sua posizione, con riferimento alla Prenotativa, all’operazione di M&A che Italtel porta avanti con KPMG, alle prospettive del business aziendale. Successivamente c’è stato un incontro fra il Fondo ed Exprivia.  Ad oggi non è chiaro come il Fondo abbia pagato Unicredit e quale cifra abbia sborsato per rilevare i circa 100ML€ del credito detenuto dalla banca.

Sulla manifestazione di interesse di Sirti (che però ha ufficialmente smentito), la notizia certa è che Pillarstone ha chiesto a Sirti di entrare nella Data Room Italtel (ovvero di muoversi, al pari di altre aziende, in modo da definire un possibile interessamento verso Italtel stessa). L’AD di Italtel, Stefano Pileri, ritiene che lo sviluppo del 5G e della Banda Larga dei prossimi anni renderebbe industrialmente interessante una “convergenza” Italtel / Sirti.

Ma è chiaro che in questo modo Italtel non potrà andare avanti: se lo Stato non interverrà a salvare questo briciolo di know how rimasto, l’Italia non avrà mai più un polo tecnologico avanzato, ma dipenderà sempre da altri. In vent’anni si è distrutta quasi tutta la nostra conoscenza e la nostra competenza nelle telecomunicazioni!

Quale ricompensa abbiamo avuto per tale sacrificio ? Abbiamo migliorato la situazione del paese?Non ne abbiamo ricavato nessun vantaggio, anzi, all’opposto, si sta verificando l’inesorabile e progressiva perdita di un settore strategico di vitale importanza per un paese avanzato come il nostro. L’Unione Europea si sta manifestando sempre più come il nulla, priva di qualsiasi progetto comune, mentre Francia e Germania vanno realizzando il loro progetto di de-industrializzazione dell’Italia.

Lo Stato italiano intervenga per tutelare i suoi asset strategici, decisamente più importanti di quanto non siano gli interessi dei mercati, oppure assisteremo ancora una volta, impotenti, all’ennesimo sacrificio sull’altare del nulla!

Un lavoratore Italtel.

Riferimenti:

Italtel (wikipedia)

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Italtel

Leveraged buyout (wikipedia)

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Leveraged_buyout

Così Prodi e Berlusconi consentirono ai Benetton di trasferire i debiti su Autostrade

https://www.google.com/amp/s/notizie.tiscali.it/economia/articoli/riforma-diritto-societario-2003-operazione-benetton-autostrade/amp/

Il leverage buyout e le privatizzazioni: una truffa legalizzata

https://www.attivismo.info/il-leverage-buyout-e-le-privatizzazioni-una-truffa-legalizzata/

Da manifatturieri a system integrator. La nuova Italtel

https://www.zerounoweb.it/mobility/da-manifatturieri-a-system-integrator-la-nuova-italtel/

Germania: sì a euro ma in cambio deindustrializzazione dell’Italia:

Il funzionario oscuro che fece paura a Helmut Kohl e si oppose alla svendita italiana

https://www.google.com/url?sa=t&source=web&rct=j&url=http://www.storiainrete.com/6985/in-primo-piano/kohl-si-a-euro-ma-in-cambio-deindustrializzazione-italia/&ved=2ahUKEwiImKaL2qDqAhUulosKHeNCCkIQFjAEegQIBxAB&usg=AOvVaw05jO36e4rSsbFuvt4DdePP

L’Italia è una potenza scomoda: per questo deve morire: L’economista Nino Galloni disegna uno scenario inquietante dell’Italia condannata alla sua estinzione.

http://www.internationalwebpost.org/contents/L%E2%80%99Italia_%C3%A8_una_potenza_scomoda:_per_questo_deve_morire_(l%E2%80%99inchiesta_1%5E)_16932.html#.XvdGDTPOOdN

Presidenti del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana

https://it.m.wikipedia.org/wiki/Presidenti_del_Consiglio_dei_ministri_della_Repubblica_Italian

5G e sicurezza: ecco perché serve una grande azienda tech nazionale (interessante articolo di Paolino Madotto del 23 dicembre 2019)

Italtel è una delle ultime aziende italiane con una grande capacità nel settore tlc. Sarebbe stato utile trasformarla in un polo nazionale a intervento pubblico, ma così non è stato. Ora però è tempo di rimediare per avere una azienda in grado di fornire apparati e tecnologie strategici, come accade in Francia e Germania.

https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/5g-e-sicurezza-ecco-perche-il-governo-deve-entrare-in-italtel-prima-che-sia-troppo-tardi/