Partirei dai fatti: Trump, Putin, XI Jin Ping, Erdogan, Modi, Netanyahu, Bolsonaro e tralascio tutti i loro emuli minori sparsi per il pianeta.
Provando a non giudicare e limitandomi ad assistere, il mio senso sentito produce un nodo allo stomaco che invita al rigetto.
E allora rifletto, cosa produce in me questo senso di repulsione? Se è vero che il mondo ci fa da specchio, i vari Trump e compagni sono dentro di me, dimorano nell’ombra della mia psiche.
Che fare?
Giudicarli, criticarli, prendermela con loro equivarrebbe a solcare un varco ancora più profondo tra la mia personalità cosciente e la mia ombra. La soluzione è accogliere amorevolmente, accettare, dialogare, educare, osservare, comprendere la vera natura dei fatti, realizzare la consapevolezza.
Ardua impresa direte voi.
Se facessimo diversamente ci comporteremmo come colui che cerca le chiavi sotto il lampione anche se le ha perse più lontano, perché lì c’è la luce e si vede meglio.
Dicendo questo intendo portare l’attenzione su di una pandemia molto più subdola e diffusa di quella di cui tutti parlano: l’identificazione proiettiva.
Ci identifichiamo con la nostra personalità cosciente, quello che sappiamo di noi stessi, che solitamente coincide con quello che ci piacerebbe essere, escludiamo dalla coscienza gli aspetti sgradevoli o socialmente disapprovati e li proiettiamo sul mondo esterno. Vediamo nemici fuori perché facciamo la guerra a parti di noi che non accettiamo.
Una volta creato il nemico di dentro, mediante la scissione della nostra personalità, l’Io e l’Ombra, diventiamo vittime di un tiranno ignorato e ci restano solo due possibilità: combattere il persecutore o cercare un salvatore.
Entrambe le strade presentano insidie ambivalenti, dal momento che è proprio il nemico ignorato che giace nell’ombra di noi stessi a tenere le fila, a dirigere le operazioni dalla stanza dei bottoni.
Prendiamo in considerazione, tra i tanti, due possibili scenari, due scene madri di diverse varianti sul tema.
Scenario 1: combattere il persecutore
L’Io al cospetto di Trump, ignora di vedere in lui parti ignorate di Sé, si sente perseguitato e lo combatte. Ma senza troppa convinzione: ne parla male tra amici, condivide post critici sui social, si spinge magari a partecipare a qualche manifestazione tipo black lives matters, vive sostenibile.
E non si accorge di essere complice: un certo grado di dissenso è previsto e tollerato dal potere, fa parte del gioco, anzi fa il suo gioco, si chiama democrazia, parodia della libertà.
Il dissenso moderato è complice del potere in una strategia win-win: i tiranni restano al potere, l’ombra resta nell’ombra. Entrambi, vittima e persecutore, possono continuare a sentirsi in pace con la propria coscienza.
Scenario 2: cercare il salvatore
L’Io proietta la propria Ombra sul mondo e identifica il salvatore con Trump. Delega a Trump di combattere per lui la battaglia contro i suoi fantasmi interiori, nella speranza di costruire un mondo ad immagine e somiglianza delle sue identificazioni egoiche: credenze, convinzioni, bisogni. Non dimentichiamo infatti che i tiranni sono scelti dal popolo nella maggioranza dei casi.
Entrambi, sono in una botte di ferro, di nuovo strategia win-win: Trump ha il potere, l’Io la sicurezza di non dovere affrontare la sua ombra.
Torniamo alla soluzione proposta: osservazione consapevole.
Il primo passo per uscire dalla trappola è riconoscere la trappola, dice il saggio.
Riconoscere il gioco dell’identificazione che riduce l’essere umano a pallido riflesso di sé stesso, e delega il proprio potere personale nelle mani di chi sa giocare meglio a questo gioco.
Un gioco perverso dove sono tutti perdenti, una loose-loose strategy dove, in realtà chi è al potere è più dannato degli altri, imprigionato in un gioco senz’anima, una strada senza uscita dalla quale si può solo tornare indietro grazie al risveglio della coscienza.
In caso di risveglio
Una volta riconosciuto il gioco, la trappola, il secondo passo sarà quello di rinunciare a giocarlo;
rinunciando a combattere persecutori e a ricercare salvatori ma assumendoci la piena responsabilità della nostra complicità.
Vigeva uno slogan un tempo: el pueblo unido jamás será vencido. Già, il popolo unito, peccato che il popolo è diviso, diviso dentro di sé, prima di tutto.
Ciò che divide è l’Oscura Signora, la paura. Abbiamo tutti paura di rinunciare al gioco.
Analizziamo il Trump-pensiero, si fa in fretta: America First, e io sono il primo degli americani, quindi, prima me stesso. Vinca il più forte, competizione sfrenata, crescita a tutti costi, giocate tutti al mio gioco, sono il migliore.
Evolutivamente lo stadio di pensiero trumpiano ed epigoni è definito etnocentrico.
Le sue origini risalgono ai tempi del mondo tribale, dove l’identificazione con i valori del gruppo era assoluta, trasgredirli era tabù, non condividerli voleva dire essere nemici e quindi inferiori, da combattere.
Il pensiero tribale, etnocentrico è la madre di tutti i fondamentalismi e di conseguenza di tutte le guerre: pensiamo alla storia dell’umanità, delle grandi conquiste, degli imperi, delle invasioni, degli stermini, pensiamo all’inquisizione, alle società segrete, alla mafia, a Daesh, agli hooligans e ahimè, pur con strumenti più raffinati e subdoli, pensiamo al deep state, alla finanza mondiale e ai suoi lacchè, i politici in questione.
Il fatto che quando siamo persi nel gioco vittima-persecutore-salvatore, stiamo tutti operando secondo uno stadio di pensiero etnocentrico, dominati dall’ Oscura Signora, la paura.
Persi nel gioco, seppur sensibili a un mondo migliore e sostenibile, ad un’etica del rispetto dei diritti civili e della condivisione, resteremo limitati a pallidi tentativi di cambiamento, a modeste inefficaci azioni di dissenso, complici di fatto dei padroni del gioco. Resteremmo imprigionati sotto il gioco dell’Oscura Signora e dei suoi palliativi: il wishful thinking o pensiero del desiderio, vano e improduttivo.
Fuori dal gioco, oltre la paura, nel dominio della responsabilità e della consapevolezza l’Io integrando la sua Ombra, opera il salto nel Sé, si riconnette cioè alla propria vera natura, attinge alle sue potenzialità e risorse creative, accedendo così allo stadio di pensiero sovra-razionale, mondo-centrico.
Il pensiero mondo-centrico recupera l’eredità delle tradizioni sapienziali dell’umanità, la cosiddetta filosofia perenne che, seppur inascoltata dai dormienti il gioco del potere, recita da millenni il suo messaggio di saggezza, universale, transculturale, transpersonale, transnazionale, fuori dal tempo.
Si pensi al Mitakuye Oyasin dei Lakota per i quali tutto è interconnesso, così come alla legge della connessione del Buddismo, si pensi al monito Cristico, “ama il tuo prossimo come te stesso”, si pensi al concetto di Atman dei Veda o alla Coscienza Suprema del Tantrismo, ai concetti di Tao, di Dharma e così via.
La novità risiede nel fatto che è oggi possibile declinare tale saggezza in ambito sociale, culturale, economico e quindi politico grazie alla visione integrale, fondata su modelli circolari di condivisione e partnership in grado di produrre sistemi organizzativi ad alta sinergia.
Questo mondo, che appare pertanto soggiogato da poteri forti e dai suoi fantocci egocentrici, potrebbe rivelarsi un posto migliore dove vivere, da risvegliati in vita.
I movimenti per un’economia circolare e lo sviluppo sostenibile, le organizzazioni non governative, le agenzie dell’Onu, l’Unione Europea se continua su scelte coraggiose e solidali come quella del Recovery fund, possono costituirne il materiale grezzo col quale tessere la trama del prossimo salto evolutivo.