Siamo stati informati dalle autorità sanitarie che 8 dei 43 tamponi laringofaringei effettuati ieri pomeriggio sulle persone sbarcate ad Augusta dalla Mare Jonio sono risultati positivi al Covid-19.
La pandemia non fa purtroppo distinzione e non conosce i confini e si è evidentemente propagata anche nel continente africano ed in Libia in modo massiccio. Questo impone un intervento umanitario di soccorso che preveda l’evacuazione dai campi di prigionia libici dove le condizioni igenico-sanitari disastrose rischiano di trasformare quei luoghi in un focolaio senza precedenti.
D’altro canto un’emergenza non esclude l’altra: senza navi da soccorso in mare le persone muoiono a migliaia nel Mediterraneo centrale. In assenza di soccorsi da parte dei governi le navi della società civile non possono fermarsi, adesso meno che mai.
Far morire le persone in mare non può essere un metodo di prevenzione e contenimento del virus. È un discorso inaccettabile. E anche quando i profughi miracolosamente riescono ad arrivare fino alla terraferma in autonomia la sicurezza sanitaria è comunque meno garantita rispetto a quanto le nostre navi riescono a fare.
Le persone che abbiamo salvato sono in quarantena e non rappresentano un rischio per la popolazione siciliana, le procedure adottate da Mare Jonio sono le più avanzate per il contenimento del Covid-19, procedure che permettono di identificare i positivi immediatamente senza rischi di propagazione dell’epidemia.
L’equipaggio di Mare Jonio è adesso all’ancora nel porto di Augusta, già in quarantena. Gli uomini e le donne che sono salpati con Mare Jonio lo hanno fatto, con coraggio, a tutela della vita e della salute, in mare come in terra. L’equipaggio si atterrà scrupolosamente a tutte le misure le autorità sanitarie riterranno opportune.
Oggi più che mai Mediterranea fa suo il monito di Papa Francesco. Nessuno si salva da solo, dalla morte in mare così come dalla pandemia.