Il problema principale delle carceri emiliano-romagnole è un sovraffollamento in perenne crescita, probabile causa di molte delle altre criticità della vita negli istituti penitenziari lungo la via Emilia.
Il dato è emerso dalla relazione annuale svolta da Marcello Marighelli, Garante regionale per le persone ristrette e private della libertà, nel corso dell’audizione nella Commissione Parità della assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna.
Marighelli ha tratteggiato la situazione delle carceri emiliano-romagnole e riassunto l’attività del Garante regionale svolta nel 2019, che si è concentrato soprattutto su due temi: la salute in carcere e l’avviamento al lavoro.
“E’ stato difficile concentrarsi sulla relazione per il 2019 nel pieno della pandemia da Coronavirus di quest’anno, ma, visto l’importante lavoro fatto, è giusto renderne conto”, spiega Marighelli che auspica un ritorno alla normalità dopo il Covid-19: “Speriamo che si ritorni alla piena attività per quanto riguarda educazione, volontariato, formazione: i segnali positivi in questa direzione- sottolinea- ci sono già”.
Scorrendo i numeri resi noti da Marighelli si vede come il numero delle persone recluse sia in crescita: in dodici mesi si è passati dai 3.554 del 2018 ai 3.834 del 2019. Le donne detenute sono 155, mentre gli stranieri sono 1.930.
Le strutture carcerarie ospitano mediamente il 137% di persone in più di quelle che dovrebbero, con la sola eccezione di Castelfranco Emilia dove gli ospiti sono il 37,5% della capienza della struttura. “Nel 2019 sono stati 15 i bambini che sono stati nelle carceri della nostra regione, con una permanenza che è andata da poco meno di una settimana fino, per un caso, a 10 mesi”, sottolinea il Garante per il quale “in Emilia-Romagna non è presente alcuna delle strutture individuate dalla legge ed è necessario porre termine ad una situazione che non rispetta i diritti dei bambini e delle madri: con la Garante dell’Infanzia intendo concertare un’iniziativa per realizzare una casa-famiglia protetta che possa ospitare 2 o 3 bambini con le loro madri per brevi periodi”.
“Il Coronavirus ha complicato di molte le cose: ci siamo attivati con le altre Istituzioni per fare il possibile per contrastare i contagi e aiutare le persone in questa difficile situazione e ora dovremo affrontare la Fase 2”, spiega Marighelli che ricorda come dopo aver provato in più realtà i collegamenti via Skype per assicurare i colloqui dei detenuti con i propri famigliari nel periodo top della pandemia, ora sarà difficile cancellare queste innovazioni tecnologiche per tornare “al telefono a gettone”.
La situazione di sovraffollamento, la scarsità di lavoro, la presenza di molti stranieri con poche possibilità di avere un permesso di soggiorno a fine pena, sono probabilmente alla base di un crescente disagio della popolazione detenuta. Sono numerosi gli atti di autolesionismo (1.381 totali, di cui 1.085 compiuti da stranieri), i tentati suicidi (137 totali, di cui 108 compiuti da stranieri) e 4 i suicidi (di cui uno riguarda un detenuto straniero).