Lunedì 6 giugno la magistratura boliviana ha condannato e chiesto la detenzione dell’ex presidente Evo Morales per “Terrorismo e sedizione”. È stata nuovamente attivata, in questo modo, la causa fondata su un audio attribuito all’ex presidente che, a quanto pare, dal Messico dove si trovava rifugiato, ha istruito il dirigente cocalero Faustino Yutra su come bloccare le strade e impedire l’ingresso di alimenti a diverse città, nel contesto dei conflitti scatenati nel novembre del 2019, il cui esito è stato un colpo di stato.
L’indagine era iniziata il 20 novembre del 2019 dopo che il governo de facto aveva presentato le accuse contro l’ex presidente per “terrorismo, sedizione e finanziamento al terrorismo”. Il 20 dicembre i procuratori hanno chiesto l’arresto di Morales che si trovava in Argentina con lo “status di rifugiato”, motivo per il quale le autorità argentine hanno rifiutato di estradarlo.
L’ Interpol ha la sede regionale sudamericana a Buenos Aires, e ci si aspetta che venga inviata una richiesta di allarme rosso per creare un conflitto diplomatico con l’Argentina, il cui presidente Alberto Fernandez, non riconosce Jeanine Áñez come presidente costituzionale e legittima dello Stato Plurinazionale di Bolivia, perché non è salita al potere con voto democratico. Si è autoproclamata presidente del Paese in una Assemblea legislativa semivuota e il collegio presidenziale è stato istituito da un militare. Fuori, l’assemblea legislativa era presidiata da militari, circondata da carri armati ed elicotteri. L’autoproclamazione è avvenuta in seguito alla rinuncia da parte dell’ex presidente Morales su richiesta del capo delle Forze Armate, Williams Kaliman. Áñez per diventare presidente de facto, si è prima autoproclamata Presidente del senato e subito dopo Presidente della Bolivia. Fino ad allora era la seconda vicepresidente del senato, nonostante non avesse seguito la linea di successione, poiché il suo partito aveva ottenuto solo il 4% dei voti.
Gli avvocati di Morales, Raul Zaffaroni e Gustavo Ferreyra hanno emesso un comunicato: “La Bolivia è uno stato di diritto in cui regna la forza bruta. L’imputazione a Evo Morales costituisce l’ennesima prova dello stato di polizia nel Paese. Le prove non esistono, l’accusa è un’assurdità, così come il mandato di arresto. Non c’è alcuna accusa penale per incriminare il nostro cliente. Morales lotta per ripristinare lo stato costituzionale e la democrazia. Il peso delle nostre ragioni sgombera il campo da ogni segnalazione deplorevole, come l’accusa e la richiesta di arresto”.
Evo Morales con i suoi due avvocati Gustavo Ferreyra e Raúl Zaffaroni. (Foto di Rolande Andrade Stracuzzi, legge 11723)
D’altro canto, il 15 giugno è stata rimessa in piedi contro Evo Morales, l’accusa di brogli elettorali durante le elezioni del 2019 ed è stata annunciata la comparsa spontanea di un “testimone chiave” la cui dichiarazione avrebbe permesso di ampliare le denunce e le richieste di arresto. Salvador Romero, presidente del Tribunale Supremo Elettorale che ha uno stretto legame con Carlos Mesa, candidato della Comunità Cittadina e appare in diverse fotografie sui social, si è unito a questa denuncia.
La strategia golpista è quella di “provare” tramite giudici cooptati dal golpismo, che c’è stata frode senza avere prove e di annullare lo status giuridico del M.A.S. Sarebbe un’opzione per i golpisti che permetterebbe loro di vincere un’elezione, eliminando il partito dalla corsa elettorale.
La persecuzione politica e giuridica contro l’ex presidente non finisce qui, il 25 giugno Arturo Murillo ministro del governo de facto, ha accusato Morales, incredibilmente, di essere l’ideologo della scandalosa causa di corruzione per l’acquisto di respiratori con sovrapprezzo in cui è stato arrestato l’ex ministro della salute golpista Marcelo Navajas. Murillo ha affermato che questa causa risponde ad una “cospirazione del M.A.S” e ha ampliato le denunce al dirigente cocalero Andronico Rodriguez e a due ex ministri, fra altre 10 persone, per presunti reati di appropriazione indebita a danno dello Stato e organizzazione criminale. Anche in questa causa sarebbe stato presentato un “testimone chiave” che fornirebbe dati compromettenti per i dirigenti e gli ex funzionari del M.A.S.
Prescrizione del candidato alla presidenza, Luis Arce
Il 30 giugno si è avuta notizia della denuncia penale presentata da Sergio Flores, responsabile della gestione pubblica delle pensioni, contro Luis Arce Catacora, candidato a presidente del Movimento al Socialismo. Tale denuncia riguarda l’acquisto di programmi informatici durante il suo incarico di Presidente della direzione pubblica, acquisto che avrebbe causato un danno economico allo Stato. La denuncia è stata presentata a due mesi dalle elezioni presidenziali, fissate per il 6 settembre nel paese e nel contesto in cui Anez annuncia il decreto 4.272 di riattivazione dell’impiego. Il M.A.S ha denunciato che tale decreto implica il ritorno al neoliberismo, favorendo le imprese private ed escludendo le imprese pubbliche dal ricorso ai fondi del tesoro nazionale, condannandole al fallimento e alla successiva privatizzazione. In tal modo, si mette a rischio l’esistenza dei titoli Juancito Pinto e Juana Azurduy, il cui fondo di pagamento proviene dai proventi delle imprese pubbliche. Inoltre, questo decreto determina la privatizzazione dei servizi di base: luce, acqua, gas etc, dichiarati diritti umani da Morales, che ne aveva abbassato il prezzo nel paese.
Il ministro della giustizia Alvaro Coimbra, ha confermato l’accettazione della denuncia contro Luis Arce e ha richiesto alla procura la riattivazione delle commissioni per citarlo nel caso di appropriazione indebita del fondo di sviluppo per i popoli indigeni originari e per le comunità agricole (F.O.N.D.I.O.C.), in cui sarebbero implicati la maggior parte dei funzionari del governo dell’ex presidente Morales. Luis Arce è accusato di inadempimento dei doveri e altro. Coimbra ha anche affermato che verranno riaperti i più di 60 processi per presunta corruzione durante il governo di Morales.
Luis Arce in un incontro con il presidente argentino, Alberto Fernández. (Foto: Télam)
La persecuzione giuridica o lawfare è una strategia conosciuta nella regione e della quale sono stati vittime diversi ex presidenti come Lula Da Silva, Rafael Correa e Cristina Fernandez de Kirchner, con l’intento di estrometterli dalla competizione elettorale nonostante il travolgente appoggio dei rispettivi popoli. Il caso brasiliano è stato emblematico.
Il 30 giugno dalla direzione nazionale del M.A.S.I-I.P.S.P è stato emesso un comunicato a livello nazionale e internazionale, con il quale veniva denunciato l’intento di impedire la partecipazione ai comizi del prossimo 6 settembre al candidato alla presidenza Luis Arce per il M.A.S, che si presenta come vincitore indiscusso nei sondaggi. In questo modo, si eliminerebbe il M.A.S, principale forza politica della Bolivia, tramite un golpe giuridico. Si rischia di partecipare a una elezione senza il principale competitore.
Luis Arce è arrivato a La Paz dall’esilio in Messico per iniziare la sua campagna di consensi il 28 gennaio scorso e, appena sceso dall’aereo, nel corridoio dell’aeroporto di El Alto, è stato immediatamente denunciato per un caso di corruzione. Viene accusato di presunto inadempimento dei poteri nel caso del fondo indigeno (F.O.N.D.I.O.C), quando ricopriva il ruolo di ministro dell’economia. Questo caso è quello che i golpisti avevano segnalato di riattivare nell’immediato. Precedentemente, Luis Arce, è stato anche sotto protezione presso l’ambasciata del Messico, a La Paz, dopo il golpe del 10 novembre 2019 e in asilo politico in Messico, dopo aver ottenuto un salvacondotto dal governo de facto.
Le elezioni in Bolivia sono fissate per il 6 settembre, e tutti i sondaggi danno per vincitore il candidato Luis Arce del Movimento Al Socialismo. Il contesto nel paese è di crisi politica, economica, sociale e sanitaria con una forte offensiva golpista verso il popolo boliviano, per evitare le prossime elezioni ad ogni costo, nonostante sia stata fissata la data elettorale. Il golpismo cerca di evitare i comizi con azioni violente per scuotere il paese e, allo stesso tempo, gestisce in maniera inquietante la pandemia, al fine di ottenere un picco di contagi di 130 mila fino alla data delle elezioni. Per questo motivo, Anez non ha adottato i mezzi di contenimento necessari e, solo dopo il collasso sanitario, si sono prodotte prove per giustificare le cifre ufficiali. Un’altra opzione sarebbe arrivare alle elezioni eliminando dalla corsa elettorale il principale oppositore e/o annullando lo status giuridico del M.A.S.
Si segnala inoltre la salita al potere di un governo decisamente militare che eliminerebbe la realizzazione dei comizi per la data stabilita. Questa situazione si intreccia e si riconfigura in relazione al contesto geopolitico regionale e internazionale, in cui gli Stati Uniti non sono più la potenza economica del mondo e il vero capo di Anez, Trump, precipita rovinosamente nei sondaggi per la sua rielezione, il che dimostra che la pandemia può fare vittime anche fra i governi.
Traduzione dallo spagnolo di Maria Vittoria Morano. Revisione: Silvia Nocera