Sarà che la mia particina scientifica mi spinge a volte a dedicare tempo all’inseguimento di risposte sulla funzione di organi, apparati e sistemi, o peggio alla scoperta di come sia possibile che un organismo complesso come il corpo umano si possa definire vivo e vitale nonostante l’uomo e la sua pressoché totale ignoranza a riguardo. Sarà che sono curiosa e non mi accontento della prima risposta per lasciare spazio al “vediamo cosa succede poi”, ma questa faccenda della diversità mi cattura da sempre e in tutte le sue declinazioni come qualcosa di irrinunciabile e imprescindibile.
Riuscite a vederlo?
Abbiamo coscienza di quante differenti tipologie di cellule riescano ad organizzarsi allo scopo di mantenerci in vita? E quanta diversità sia necessaria perché tutto funzioni durante l’arco di una giornata, assecondando ogni esigenza?
Io no, è troppo per me, ma mi ha sempre affascinato questa capacità collaborativa del corpo: un insieme di elementi dall’infinitamente piccolo, all’intero, capaci lavorare in sinergia pur nella diversità. E non poca diversità! Di aspetto e funzione! Incredibile!
E pur trovandoci a gestire tutti i giorni un corpo tanto complesso siamo spesso incapaci di comprendere l’impossibilità della vita senza la diversità. La diversità è la fortuna più grande che ci poteva capitare, la carta vincente per uscire da ogni problema: riuscite a vederlo?
Biodiversità
“La coesistenza in uno stesso ecosistema di diverse specie animali e vegetali che crea un equilibrio grazie alle loro reciproche relazioni”.
Questo è esattamente ciò che succede al nostro corpo. Quando l’equilibrio è perduto
sopraggiunge la malattia. Lo stesso è valido in natura… ma che dico? Anche noi siamo natura! Che sarà mai questo vizio di separare sempre tutto?!
Fermarsi … ascoltare … osservare …
Separare e catalogare è proprio una passione umana, non ce la facciamo a resistere, ma la vita non è separazione: è piuttosto lo stupore e la conferma che è solo dall’interazione continua tra elementi differenti, solo attraverso scambi, collegamenti, alleanze che la vita continua e si manifesta nella sua pienezza.
Se ci si ferma ad ascoltare e ad osservare un ecosistema, uno qualunque (possiamo scegliere dal bosco prealpino alla barriera corallina, dal canneto in riva al lago alla foresta pluviale), beh, scordiamo di trovare ordine o divisioni per categorie di animali o piante. Troveremo disordine insieme ad una potente carica vitale in grado di autoregolarsi in un equilibrio dinamico. Dall’elemento più piccolo a quello più grande ciascuno svolge un ruolo importante e collabora a favore della vita.
All’orizzonte grossi guai
Nel grande ecosistema che è il pianeta Terra forse noi umani non abbiamo ancora trovato il nostro posto. Piuttosto quando mi fermo ad osservare i nostri interventi mi sembra di riconoscere grossi guai e tanta ignoranza. E non si tratta dell’ignoranza di chi non ha istruzione, no, è l’ignoranza di chi ancora non ha capito chi sia e quale sia la sua funzione qui. Lo sanno le popolazioni native e tutti coloro che non hanno perduto o stanno riscoprendo il contatto con madre Terra, ma la maggior parte di noi vive lo smarrimento del sentirsi separati, distanti. L’incapacità di colmare un vuoto che l’accumulare cose sembra riempire. ma le “cose” non bastano mai. E fermarsi sembra impossibile.
La Terra è un grande essere vivente, un ecosistema capace di gesti straordinari: ci ha accolto, nutrito e ha intrapreso un sistema di comunicazione con noi, così come con tutti gli altri esseri che la popolano ma abbiamo dimenticato la sua lingua e non sappiamo più ascoltare. Ora è tempo di smettere di delegare. E’ tempo di fermarsi e dare delle risposte su chi vogliamo essere su questo pianeta, per questo pianeta e ascoltare, osservare per trovare il nostro posto e la nostra funzione e finalmente celebrare la vita in ogni sua forma.
Articolo originale: https://casaeditricecostruttoridipace.com/blog/ambiente/biodiversita/