“Se si tratta di un referendum su Donald Trump, Joe Biden può sorridere”. Così ha detto Colin Reed, noto stratega politico repubblicano, mentre commentava le prossime elezioni presidenziali americane in una recente intervista concessa alla Fox News. Reed sottolineava l’operato di Trump negli ultimi mesi, riflesso nei sondaggi in picchiata e i dubbi sulla sua rielezione.
Fino a pochi mesi fa l’economia andava bene e Trump se ne era preso il merito, nonostante si trattasse di una situazione cominciata con la presidenza di Barack Obama, il suo predecessore. Trump però ha un grande talento per accaparrarsi i frutti degli alberi piantati da altri. La maggioranza degli americani lo aveva accettato e nonostante i danni recati all’economia con i dazi a paesi considerati avversari, ma anche a quelli visti come alleati, lo slancio economico sembrava non finire. Il 45esimo presidente da candidato aveva coltivato la sua immagine promettente di un’economia forte basandosi sul suo passato di uomo di affari di successo. Dopotutto, Trump andava in giro nel suo aereo personale durante la campagna elettorale del 2006 e ripeteva a più non posso che era ricco e non aveva bisogno di soldi. Voleva la presidenza solo per il bene dell’America.
Sappiamo benissimo adesso che durante la campagna del 2016 il tycoon continuava i suoi affari e mentre di giorno diceva di non avere niente a che fare con la Russia, di sera parlava con il suo avvocato del progetto di una Trump Tower a Mosca. Lo ha rivelato nelle sue testimonianze Michael Cohen, uno dei suoi ex avvocati, condannato a tre anni di carcere per frode fiscale e per avere mentito al Congresso. Cohen adesso è ai domiciliari e sconterà il resto della sua pena a casa per via della pandemia. Nelle sue testimonianze, aveva rivelato che Trump gonfiava il valore delle sue proprietà per ottenere prestiti, mentre allo stesso tempo lo riduceva quando si trattava di responsabilità fiscali. Il fatto che il presidente non abbia mai mostrato le sue dichiarazioni dei redditi fa credere che non sia tanto ricco come vuole far credere e aumenta i sospetti che i prestiti gli siano arrivati da fonti poco limpide.
Nonostante tutto, questa sua immagine non poco falsa di abile uomo d’affari e la fede nel suo “successo” economico rimangono solide. La maggioranza degli americani crede che sulla questione dell’economia il tycoon sarebbe più efficace di Biden. Un sondaggio della CNBC-All-America ci dice infatti che Trump avrebbe una politica economica migliore di quella di Biden (44 a 38%). Questo dato è significativo soprattutto per il fatto che l’economia attuale si trova in uno stato di recessione iniziata nel mese di febbraio del 2020, una situazione che non avveniva dal 2009. Da notare che la recessione era già iniziata prima della diffusione del Covid-19. Nel primo trimestre dell’anno in corso il PIL (prodotto interno lordo) degli Stati Uniti è calato del 4,8% e si crede che nel secondo trimestre il calo arriverà al 30% cifra che non si vedeva dalla Grande Depressione degli anni ’30
Se Trump è riuscito a convincere che sarebbe preferibile a Biden in campo economico, in tutti gli altri i sondaggi ci dicono che il candidato democratico avrebbe la meglio. Alcuni sondaggi danno a Biden un vantaggio di 14 punti a livello nazionale, ma anche in sei Stati tipicamente in bilico Trump si trova indietro. Persino in Stati “red”, che tipicamente votano per i candidati repubblicani, come il Texas e la Georgia, Biden si trova in una posizione favorevole. Le cifre vengono spiegate dalle reazioni di Trump alla pandemia e alle manifestazioni contro il razzismo ma anche con l’unificazione del Paese.
L’unico punto forte per Trump si trova nell’entusiasmo dei suoi fedelissimi. Biden invece non entusiasma, ma considerate le sue posizioni moderate, non si presta nemmeno agli attacchi del suo avversario che cercano di definirlo come radicale.
I repubblicani in generale anche al Senato dovrebbero preoccuparsi poiché il 51% degli americani voterebbe per candidati democratici invece di candidati repubblicani (37%). Queste preoccupazioni aumenteranno almeno nel prossimo futuro poiché la reazione alla pandemia di Trump, caratterizzata da scarsa serietà, non corrisponde al sentire della maggioranza. Gli americani sono preoccupati, temono che la pandemia rappresenti un grave pericolo e con 21 punti di distacco credono che il governo dovrebbe fare sforzi per contenere i contagi anche se l’economia ne soffrirebbe. Tutto il contrario della politica di Trump: non indossa la mascherina come raccomandano i virologi, dando un cattivo esempio e invia il messaggio che le 130mila morti causate dal Covid-19 non lo preoccupano affatto.
Nei tre anni e mezzo di mandato Trump non è riuscito ad ampliare il suo elettorato, preferendo concentrarsi nel mantenere unita la sua base come se lui fosse solo il loro presidente. Uno sbaglio che riflette la sua incapacità di dimostrare empatia verso gli altri. Un comportamento tragico per un presidente il cui ruolo dovrebbe mirare a unificare il paese. Trump sembra però legato al passato e ha persino dichiarato che porrà il veto a un ingente disegno di legge sulla difesa che include i cambiamenti di nomi che onorano capi militari confederati.
Se Trump non sembra preoccupato dai sondaggi, alcuni dei suoi sostenitori la vedono diversamente. Tucker Carlson della Fox News, per esempio, ha recentemente twittato che il presidente potrebbe perdere le elezioni a meno che “alcuni fatti fondamentali cambino subito”. Lo stratega Reed ha aggiunto che si può ignorare un sondaggio, ma quando si tratta di cifre che sono riflesse in tutti i sondaggi bisogna prenderli sul serio. Dissente ovviamente Brad Parscale, il manager della campagna elettorale di Trump. In un recentissimo editoriale nel Washington Post fa notare che il suo candidato genera entusiasmo nel suo elettorato e questo è visibile anche nei contributi finanziari della loro campagna. Giusto. I sondaggi di questi giorni sono però compatti e l’elezione è a solo 4 mesi. Se Parscale non sembra preoccupato qualcuno lo sarà. Si sono già sentite voci secondo cui Trump potrebbe abbandonare la corsa per evitare una sconfitta storicamente schiacciante e umiliante.