“Siamo contadini e contadine, “persone che da sole o in associazione con altri o come comunità, svolgono attività di piccola produzione agricola, di sussistenza e/o per il mercato e che dipendono in maniera particolare dalla terra e ad essa sono attaccate” […] lavoriamo ad una agroecologia che unisca la dimensione organica di coltivazione e allevamenti, con le relazioni nelle comunità locali e con un’economia sociale che garantisca a tutti l’accesso al cibo. […] Siamo anche noi coinvolti nella pandemia Covid 19, ed esprimiamo qui il nostro punto di vista, con l’intenzione di dialogare con le realtà sociali e le esperienze che condividono queste visioni, – e che per meglio comprendere queste emergenza sanitaria sono partiti – dal necessario sguardo sui caratteri biologici dei coronavirus e su alcune significative correlazioni sulla diffusione epidemica del Sars-Cov 2 nel territorio italiano.”
Questi i passaggi più significativi di immediata presentazione di un documento di 13 pagine prodotto dall’Associazione Rurale Italiana e intitolato: ”Dal coronavirus all’Agroecologia contadina”.

Obbiettivo dichiarato del documento approfondire gli aspetti maggiormente in relazione con la dimensione agro-ecologica che comprendono anche salute umana, ambiente, economia, e organizzazione della società.

 

All’origine dei virus causa delle epidemie:
Il documento nasce dalla rielaborazione e dallo sviluppo di testi, argomenti, informazioni diffusi da varie fonti, con l’intenzione di ricomporre un mosaico per dare un senso ad un pensiero collettivo emergente sulle cause delle pandemie.
La natura sistemica del nostro mondo così come salute umana, animale ed ecologica sono strettamente e indissolubilmente collegate fra loro. In particolar modo è evidente in questa pandemia da Covid-19, come anche in altre epidemie da zoonosi, la strettissima connessione nello sviluppo e nelle trasmissioni virali tra la specie umana e altri animali, riconducendosi a una serie di fattori non più trascurabili, come ad esempio: le condizioni negli allevamenti intensivi, la loro enorme dimensione, la loro organizzazione basata su una selezione genetica uniforme degli animali che si sono sviluppati ormai da oltre un secolo, favorendo da una parte la mutazione genetica dei virus e la lor proliferazione, (“industrializzando la produzione di animali, anche la produzione di parassiti viene industrializzata”) dall’altra provocando la riduzione o la scomparsa di eventuali capacità di resistenza immunitaria utili nel rallentare le possibili trasmissioni virali;  la salute ecologica del nostro ambiente; la devastazione degli ecosistemi, l’inquinamento e il cambiamento climatico; come anche la nostra dieta sempre più a base di alimenti ultraelaborati, ma al tempo stesso sempre più povera di nutrienti, ricca invece di sostanze agrochimiche che indeboliscono il sistema immunitario. Fattori questi che una volta sommati convergono nella generazione di effetti pesantissimi, causa poi di crisi ecologica e conseguente crisi sanitaria come nella pandemia da Covid-19 ancora in corso.

Rifacendosi alla Dichiarazione dei diritti dei contadini approvata dall’ ONU nel dicembre 2018, l’Associazione Rurale Italiana nel documento lancia un appello a ”lavorare insieme, scienziati, cittadini e contadini, per una scienza della complessità dei sistemi fisici-chimici-biologici-cognitivi-sociali, integrata con il sistema delle conoscenze accumulate dalle esperienze collettive di settori e ambiti economici, sociali e nelle relazioni con i viventi negli ecosistemi.”

 

Un manifesto sul diritto dei popoli alla sovranità alimentare:
“Un’agroecologia, indissociabile dalla Sovranità alimentare, che si rifaccia al diritto dei popoli ad una alimentazione sana, nel rispetto delle culture, ottenuta con metodi sostenibili e rispettosi dell’ambiente, così come il diritto di poter decidere il proprio sistema alimentare e produttivo.”

Un manifesto sulla sostenibilità e sovranità alimentare, con una sfida a fare un salto in avanti, per un’agricoltura a dimensione umana e rispettosa che, all’interno delle politiche alimentari riesca a “porre coloro che producono, distribuiscono e consumano alimenti, al di sopra delle esigenze dei mercati e delle imprese.” Una intenzione apertamente dichiarata a difendere gli interessi, l’integrazione e la salute delle generazioni future.
Indispensabile per questo “rafforzare, solidarietà, il vivere bene, il mangiare bene, l’autonomia alimentare, la cura dell’acqua, del suolo, dei semi da produrre, il sostegno all’agricoltura familiare e contadina; partire a ri-costruire dai territori favorendo l’incontro tra i produttori in alleanze rurali e cittadine. Ritrovare insomma le conoscenze rurali e locali e valorizzare le capacità collettive in una ottica che innegabilmente ci vede l’uno strettamente dipendere dall’altra.

 

Ferma critica alle risposte date finora con l’emergenza sanitaria:
Il documento nato dall’Associazione Rurale Italiana che è anche Membro del Coordinamento Europeo Via Campesina, muove anche una ferma critica alle risposte che finora sono state date dai governi in generale a questa emergenza sanitaria. Responsabili di produrre mercificazione invece che reali soluzioni, in primis le biopolitiche attuate sotto la spinta del capitalismo più estremo, che produce dipendenza invece che sovranità alimentare, e che vede un patto tra Scienza-Industria-Istituzioni in cui Sanità e agricoltura possono esistere solo grazie a soluzioni tecnologiche prodotte dalle imprese Biotech, da acquistare sul mercato a carissimo prezzo e  che in definitiva vanno a creare forme di monopolio esclusivo, di dipendenza e d’impoverimento rurale e ambientale.
Oppure altro esempio per gestire le varie emergenze sanitarie, ambientali, sociali, e alimentari, l’utilizzo di satelliti, droni, sistemi di controllo sempre più sofisticati e invasivi delle libertà civili delle persone, oppure ancora in campo alimentare l’uso sistematico di nuovo materiale biologico geneticamente modificato e brevettato, come se la vita si potesse brevettare.  Così come d’altronde si assiste a una simile deriva anche nelle politiche sociali di sorveglianza attuate tramite le Istituzioni statuali e dalle forze di Polizia che in occasione di questa pandemia, hanno messo in atto forme di controllo sociale considerate impossibili fino a poco tempo fa.

“Politiche – citate nel documento – che hanno visto da una parte gli Stati abbandonare sempre più l’economia pubblica svendendo sempre più spesso i patrimoni pubblici della collettività”, dall’altra abbiamo assistito ai governi entrare con sempre più forza nella quotidianità dei cittadini, nelle loro vite private, “sospendendo la società stessa, isolandone gli appartenenti, – (in specie i soggetti più deboli) – e confinando in generale la popolazione nelle sue case, proibendo perfino ogni contatto fisico attraverso il dispiego di un vero apparato autoritario di controllo, negando anche ogni libero confronto scientifico, nell’incapacità culturale e politica di saper educare civicamente i propri cittadini. Favorendo di fatto l’ulteriore dominio delle grandi Corporation sia durante il confinamento casalingo con l’intrattenimento digitale e la consegna delle merci, che successivamente con le app di tracciamento dei movimenti personali e la raccolta di dati sanitari.”

 

Nel documento campesino rurale, importanti domande:
Ci si chiede se, “con lo stesso dispiego di mezzi utilizzati nelle politiche di controllo sociale, non “sarebbe possibile utilizzare questa forza per affrontare invece la crisi climatica con politiche ambiziose e coraggiose e proteggere i mezzi di sostentamento per tutti a fronte della crisi economica che comporta la pandemia, senza però utilizzare strumenti coercitivi ma attivando percorsi di educazione collettiva della popolazione?”

E ancora ci si interroga sul concetto di “normalità” a cui tornare, quando invece purtroppo era “già presente nella normalità di ieri ciò che ci ha portato a questa risposta autoritaria nella pandemia, e soprattutto alle ricette economico-sociali che vengono ora proposte per “superare l’emergenza”. Nel documento si esorta a “renderci conto che il capitalismo non è solo un sistema di potere economico, ma di quanto il capitalismo è dentro ognuno di noi. E che si manifesta, ad esempio, nel consumismo che spoliticizza, e che provoca una sorta di smarrimento interiore, producendo una “mutazione antropologica”, rappresentata e coltivata nei grandi media impegnati a diffondere la paura e favorire l’epidemia di individualismo e disuguaglianza.”

Tra le osservazioni mosse nel documento si punta il dito sul ruolo di una informazione sempre più ripiegata su sé stessa, supina a logiche economiche e di privilegio tali che “arriva persino a giustificare diseguaglianze di stampo medioevale come ai tempi della peste dove i ricchi si isolavano nelle case di campagna ed i poveri restavano prigionieri nella città, bloccati e sorvegliati. In cui le persone – prosegue nel documento – dovrebbero comunicare non più direttamente tra loro, bensì per mezzo di dispositivi, verso una degradazione e un’erosione di ogni relazione sociale in vista di un distanziamento sociale permanente.”

Chiedendosi infine se, dal momento in cui “la specie umana è sociale, l’imposizione indiscriminata del “distanziamento” equivalga ad una malattia autoimmune causata dall’alterazione del sistema immunitario sociale, oppure forse, una mutazione antropologica è già comunque in corso? – e ancora nel documento si pongono  una serie di domande che in effetti sarebbe opportuno per tutti farsi:
“In quale modo possiamo rispondere a chi chiede come “abbiamo potuto accettare, soltanto in nome di un rischio che non era possibile precisare, che le persone che ci sono care e degli esseri umani in generale non soltanto morissero da soli, ma che i loro cadaveri fossero bruciati senza un funerale?”
Quali effetti può determinare una prolungata privazione di normali e quotidiani modi di vivere per una intera popolazione (e per la sua salute in senso pieno)?

“È un nuovo passo verso una società tecno-scientifica che non riconosce l’umanità, i corpi, gli affetti, le relazioni e ciò che sembrava assurdo solo pochi mesi fa pare ora, e per il prossimo futuro, normale?”

Infine: “In nome di un rischio di cui nessuno può stabilirne l’entità, con la prospettiva prolungata dell’obbligo del distanziamento sociale quando a questi viene associato il pervasivo uso del “divieto di assembramento” imposto a qualunque azione compiuta fuori casa a parte il lavorare in fabbrica o stare in fila al supermercato, come vogliamo difendere i nostri diritti costituzionali di libertà di riunione e manifestazione?

 

Necessità di nuovi approcci scientifici:
“Il coronavirus –  si fa notare nel documento di analisi – è considerato “emergenza” sanitaria, altre crisi vengono definite “emergenze” ambientali fino a giungere alla crisi climatica come emergenza. Tutte queste “emergenze” derivano da una visione meccanicistica, militaristica e antropocentrica del mondo degli umani come separati e superiori agli altri esseri viventi che noi riteniamo di poter possedere, manipolare e controllare. Fondata a sua volta su un modello economico basato sull’illusione della crescita illimitata. Mentre è chiaro che le premesse della pandemia sono state poste dal degrado degli ecosistemi e dall’inquinamento prodotti dall’espansione illimitata delle attività industriali e agroindustriali capitaliste, nella comunicazione mediatica sulla pandemia tutto si riduce a un antagonismo guerresco tra esseri umani e un “singolo” ente biologico. Adottando una logica a comparti separati, in cui predomina lo specialismo dei singoli campi della scienza ignorandone invece le interconnessioni.”

 

Un nuovo orizzonte agro-ecologico proposto dall’A.R.I.
“Conoscenza, scienza e coscienza ci possono guidare lungo una nuova strada. Per i contadini, per l’agroecologia contadina, per gli agro-ecologi nel mondo, la malattia più pericolosa non è il coronavirus. È lo squilibrio nella natura causato dal sistema di produzione agroindustriale, estrattivo, intensivo, esteso e inquinante che continua ad assediare gli ecosistemi naturali. La soluzione sta in un cambiamento radicale nel paradigma produttivo e alimentare nelle mani degli agricoltori, come suggerito da numerosi ricercatori in tutto il mondo.
L’agroecologia si occupa di acqua, fertilità del suolo, di biodiversità coltivata come risultato di continue migrazioni di sementi e razze animali, di integrazione delle conoscenze ancestrali con quelle dei contadini contemporanei, inoltre l’agroecologia è un sistema alimentare sostenibile con diversi animali e colture, privo di OGM, prodotti chimici per l’agricoltura e antibiotici. L’accesso al cibo prodotto localmente è strategico. Mangiare cibi nutrienti principalmente di origine vegetale prodotti in aziende agricole agroecologiche locali può contribuire a rafforzare il nostro sistema immunitario. Di conseguenza, il problema va ben oltre ciò che solleva una visione strettamente sanitaria C’è quindi urgente bisogno di politiche che mettano al centro la cura per la vita, che siano in grado di recuperare non solo le conoscenze scientifiche, ma anche di creare sistemi alimentari sostenibili. Per tutti questi motivi, l’agroecologia è la migliore alternativa all’agroindustria di oggi, perché è in grado di intrecciare le conoscenze tra scienze naturali e sociali, rompendo così la dicotomia cultura-natura. Per questo motivo, concepisce il mondo in una prospettiva socio-ecologica, in cui le disuguaglianze sociali e ambientali ne fanno parte. Inoltre, l’agroecologia è il risultato dei legami con i movimenti sociali e le organizzazioni di contadini, indigeni, donne e lavoratori rurali senza terra, che concepiscono il cibo in modo indipendente, localizzato nei territori, e non come qualcosa di esterno ad essi, come il business alimentare ci abitua con i suoi prodotti provenienti da diverse parti del mondo, senza preoccuparsi dell’impronta ecologica generata.”

 

La visione di una nuova via di sviluppo:

“Il movimento contadino internazionale della Via Campesina (LVC) esprime una visione chiara e collettiva del significato profondo di agroecologia, a partire dall’esperienza e dei saperi legati alla terra. Associandola alla sovranità alimentare come è stata definita nella Dichiarazione di Nyeleni nel 2007 «La Sovranità alimentare è il diritto dei popoli ad una alimentazione sana, nel rispetto delle culture, ottenuta con metodi sostenibili e rispettosi dell’ambiente, così come il diritto di poter decidere il proprio sistema alimentare e produttivo. Questo pone coloro che producono, distribuiscono e consumano alimenti nel cuore dei sistemi e delle politiche alimentari e al di sopra delle esigenze dei mercati e delle imprese. Essa difende gli interessi e l’integrazione delle generazioni future. Ci offre una strategia per resistere e smantellare il commercio neoliberale e il regime alimentare attuale. Essa offre delle orientazioni affinché i sistemi alimentari, agricoli, di pastori e di pesca siano gestiti dai produttori locali.

Un percorso di cambiamento da fare insieme:
Un messaggio e una proposta chiara quella lanciata dall’Associazione Rurale Italiana, membro della Via Campesina Europea, che invita a “Costruire insieme percorsi di cambiamento, – che implica a sua volta di  – porre le basi materiali e simboliche perché vita e libertà siano altro: cooperare, curare, costruire in modo autonomo, collettivo, immanente, forme di esistenza autodeterminate in una nuova prospettiva per stabilire un sistema di produzione veramente sostenibile ed agro-ecologico, in armonia con la natura e rendere la produzione alimentare non più determinata dalla logica del mercato capitalista; superare l’essenza mercantile del cibo e renderlo un bene sociale, istituire la produzione alimentare come servizio per la società”.

Manifestazione degli antiStati generali

Alla manifestazione degli antiStati generali (credits: Marinella Correggia)