Il 15 giugno, contemporaneamente da due città diverse, parte la “Marcia per la Democrazia e contro il Colpo di Stato”. Un’azione non violenta organizzata dal secondo partito di opposizione, ossia il Partito Democratico dei Popoli, HDP. L’idea nasce subito dopo la sospensione di due parlamentari dello stesso partito, Leyla Güven e Musa Farisoğulları. Nello stesso momento era stato sospeso anche Enis Berberoglu, del Partito Popolare della Repubblica, CHP.
Il 4 giugno, dopo la votazione del Parlamento nazionale, i tre parlamentari sono stati presi in detenzione cautelare e successivamente Berberoglu è stato rilasciato per motivi di salute. Nei giorni successivi anche Guven e Farisogullari sono stati rilasciati, ma agli arresti presso le loro abitazioni.
Una lunga marcia che parte dall’estremo oriente della Turchia, ossia dalla città di Hakkari e contemporaneamente anche dall’estremo occidente del Paese ovvero dalla città di Edirne. La marcia dovrebbe concludersi nella capitale, Ankara. Un gesto simbolico anche per un Paese come la Turchia che si sente sempre più diviso, spaccato e polarizzato dal punto di vista culturale, economico, linguistico, religioso ed etnico. Nel Paese esistono tuttora grossi problemi culturali e legali legati al riconoscimento delle lingue e della libertà di culto.
Una delle due città di partenza ovvero Edirne è la città in cui si trova in carcere da più di 3 anni l’ex co-presidente dell’HDP, Selahattin Demirtas. Avvocato e candidato alla Presidenza della Repubblica, Demirtas si trova in una cella con un altro parlamentare appartenente allo stesso partito, Abdullah Zeydan. Non sono solo questi due a trovarsi dietro le sbarre, in totale sono 9 deputati in attesa di libertà e per altri 31 sono in atto diversi processi. Le accuse rivolte ai deputati sono spesso “collaborazione con organizzazioni terroristiche”, “appartenenza ad un’organizzazione terroristica armata” e “propaganda per conto di organizzazioni terroristiche”. In numerosi casi, sia gli stessi deputati sia gli avvocati hanno già denunciato le false prove, oppure la mancanza totale delle prove. La Cedu si è già espressa diverse volte invitando il governo centrale a prendere le decisioni necessarie per l’immediata scarcerazione dei deputati.
Il Partito Democratico dei Popoli definisce come “colpo di stato” ciò il governo centrale dal 2016 sta facendo nei confronti di questo stesso partito, ma non solo. Oltre la sospensione e l’arresto di numerosi parlamentari, l’HDP conta più di 25 sindaci in carcere. Dal 2016 ad oggi, in totale più di 90 sindaci dello stesso partito sono stati sospesi e al posto loro sono stati nominati dei commissari straordinari, che sono spesso degli ex prefetti oppure membri del partito al governo. Un gesto che, visibilmente, ignora la volontà del popolo e i risultati elettorali. In alcuni casi il consenso popolare superava anche il 70% del totale dei voti ottenuti da questo partito durante le elezioni amministrative.
Nelle ore precedenti alla marcia, Demirtas ha lanciato con l’aiuto deii suoi avvocati una serie di messaggi dal suo account Twitter ufficiale dicendo che questa marcia è di tutte le persone che hanno sete di libertà, pace e democrazia. Tuttavia il principale partito di opposizione, il CHP, tramite il leader Kemal Kilicdaroglu, aveva comunicato nei giorni precedenti che non avrebbe aderito alla marcia. Kilicdaroglu pur trovando totalmente giusta e legittima l’azione (il CHP aveva organizzato nel 2017 una marcia molto simile) sottolineava che secondo lui la marcia sarebbe stata oggetto di provocazioni e disordini, e questo avrebbe costituito un elemento di ricatto per il governo centrale. Bisogna ricordare che da parecchi anni Ankara cerca di criminalizzare le opposizioni accusandole di ogni cosa possibile con l’obiettivo di spaccare un eventuale fronte. Questa sorta di coalizione delle opposizioni infatti aveva strappato al partito al governo numerose città nell’ultima tornata elettorale, anche dopo più di 30 anni di dominio come nelle città di Istanbul e Ankara.
Mentre la marcia sta partendo, nelle prime ore del mattino, in numerose città la polizia ha aumentato i controlli, bloccato gli ingressi provinciali e i prefetti hanno comunicato il divieto di manifestare e svolgere cortei. Particolarmente a Istanbul 9 persone sono state prese in detenzione provvisoria a causa dell’intervento della polizia.