Lo scorso 31 maggio si è compiuto un anno dall’arresto e incarcerazione di Rommel Herrera Portillo. Il giovane è rimasto vittima del falso positivo dell’ incendio di alcuni copertoni davanti alla porta d’ingresso dell’ambasciata statunitense in Honduras, nel contesto di una mobilitazione di medici e insegnanti contro il progetto governativo di privatizzazione di sanità e istruzione[1].
Dopo aver trascorso, senza nessuna giustificazione, quasi 5 mesi in un carcere di massima sicurezza insieme a detenuti considerati di ‘elevata pericolosità’, lo scorso ottobre Rommel è stato trasferito all’ ospedale psichiatrico “Mario Mendoza”.
La decisione è stata presa dal giudice a seguito di una perizia psichiatrica in cui si rilevava “un danno psichiatrico condizionato dalla comparsa di ansia mista a depressione”.
In diverse occasioni, gli avvocati incaricati della difesa di Rommel[2] hanno chiesto una revisione delle misure cautelari e la concessione degli arresti domiciliari, in modo da permettere al giovane maestro di difendersi in libertà.
Hanno anche sollecitato una riclassificazione del reato e il rito abbreviato.
Nessuna delle richieste è stata finora accolta e Rommel Herrera è ancora rinchiuso nell’ospedale psichiatrico, mentre le sue condizioni peggiorano giorno dopo giorno.
“È da metà marzo, da quando è stata dichiarata l’emergenza sanitaria, che non lo vediamo . Il mese scorso hanno addirittura proibito la consegna di cibo fatto in casa. Ci arriva qualche notizia attraverso il personale di sicurezza dell’ospedale e non sono buone. Rommel è sempre più isolato, più triste e depresso. Siamo molto preoccupati”, ha spiegato Juan Carlos Herrera, padre di Rommel.
Il proceso sarebbe dovuto iniziare il 16 aprile, ma è stato sospeso per la pandemia. Al momento non è stata fissata una nuova data.
Un anno difficile
“Il Pm non ha voluto sentire ragioni e ha mantenuto le accuse sproporzionate mosse contro Rommel. È una situazione molto difficile perché non sappiamo cosa accadrà al ragazzo. L’unica speranza che abbiamo è che durante il processo si possa dimostrare l’assurdità di tutto questo”, ha aggiunto Herrera.
Per il direttore di uno dei più grandi istituti scolastici pubblici, è fuori di dubbio che dietro a ciò che sta accadendo a suo figlio si muovono interessi che vanno ben oltre le accuse che gli vengono mosse. Lo stesso accade con gli altri prigionieri politici che permangono nelle carceri dell’Honduras, come gli otto difensori dell’ambiente della comunità di Guapinol [3]
“Il governo vuole creare un ambiente di terrore tra chi protesta. Ricordiamoci inoltre delle pressioni esercitate dagli Stati Uniti per il caso di Rommel e il servilismo del governo di Juan Orlando Hernández e della Procura. È evidente che si stanno accanendo contro mio figlio per dissuadere la popolazione dal lottare per i diritti fondamentali”.
Per Juan Carlos Herrera il messaggio che stanno mandando è molto chiaro: state attenti perché questo è ciò che può accadere anche a voi se continuate con le proteste e la lotta popolare.
Note
[1] https://www.peacelink.it/latina/a/46727.html
[2[ Cofadeh e l’avvocato Omar Menjivar
[3] https://www.peacelink.it/latina/a/47410.html