Non è passata sotto traccia una recente dichiarazione del presidente serbo, Aleksandar Vučić, con un richiamo ad un prezioso minerale che rende la Serbia un Paese singolare, dal punto di vista delle risorse di base. «La Serbia possiede il 10% delle riserve mondiali di litio, e se hai il 10% del litio ricercato in tutto mondo, allora ti rendi conto di che tipo di ricchezza si trovi in Serbia Occidentale. In questo campo, il litio è senza dubbio il minerale più importante per la Serbia». Per poi ribadire: «nella Jadarite si trovano 26 elementi, e uno di questi è il litio, anche se è molto complicato estrarre il litio tra tutti gli altri minerali che si trovano in quella pietra». Se ne parla quasi come di una “pietra miracolosa” e, per le sue qualità, non poteva non entrare in una campagna elettorale (in Serbia è stata fissata la data per le prossime elezioni, si vota di qui a breve, il 21 Giugno) in cui, a tenere banco, nei tempi brevissimi di una campagna che inevitabilmente favorirà i partiti al potere e meglio strutturati, non potranno che essere i temi economici (anche alla luce degli effetti del lockdown legato alla pandemia da coronavirus), le divisioni interne al fronte delle opposizioni (e, insieme con queste, le accuse al governo di “stringere” il controllo sui media e di limitare la libertà di stampa) e le questioni di politica interna (anche in chiave europea ed internazionale) a partire dal dialogo con Prishtina.
La Jadarite, dunque. Il 24 Luglio 2017 il governo serbo firmò un protocollo d’intesa con il colosso minerario anglo-australiano “Rio Tinto”, con il quale veniva fissata al 2023 la data dell’inizio dello sfruttamento del minerale, ma che sin da subito avviava il percorso per le attività di studio, di ricerca e di prospezione, e per il rilascio dei permessi; all’intero processo venne assegnato il nome di «Progetto Jadar». In quella circostanza, la premier, Ana Brnabić, ricordò che «finora Rio Tinto ha investito 90 milioni di dollari nel Progetto Jadar, la produzione dovrebbe iniziare nel 2023» e il progetto è nondimeno ambizioso: consiste nella ricerca e nello sviluppo dei depositi di litio e boro, di cui il sottosuolo della Serbia è particolarmente ricco, che dovrebbero avere altissima importanza, tanto che l’estrazione potrebbe soddisfare una quota parte significativa della domanda mondiale di litio e di boro. Il che implica, tuttavia, non poche contraddizioni: per un’economia, come quella serba, che, con la stagione dell’apertura al mercato e delle privatizzazioni, si è sempre più aperta agli Investimenti Diretti Esteri e ha sempre più ridotto il perimetro della proprietà statale e sociale, un simile orizzonte significa anche un nuova sfida a livello locale, dal momento che il progetto dovrà poter costituire anche un’occasione di sviluppo locale e un’opportunità per «lo sviluppo di Loznica e della regione». Il nodo è al pettine, se, ancora lo scorso 4 Giugno, lo stesso Vučić ha ribadito che «abbiamo concesso il litio che si trova nella regione di Loznica, vale a dire, in particolare, il diritto di esplorazione, praticamente gratis».
Il ministro dell’Energia, Aleksandar Antić, figura di primo piano del Partito Socialista Serbo, alleato con il SNS, il Partito Progressista Serbo di Vučić, e che punta a confermare la medesima alleanza dopo la prossima tornata elettorale, è stato uno dei sostenitori della prima ora del progetto, avendo espresso, già all’epoca del protocollo d’intesa, la propria convinzione che la firma apposta al memorandum non solo avrebbe accelerato le attività di sviluppo nel processo di apertura della miniera e di sfruttamento del litio, ma anche, di conseguenza, un fattore decisivo per lo sviluppo economico: «lo sviluppo e l’attuazione del progetto nei tempi previsti renderanno la Serbia uno degli Stati chiave al mondo nel processo di produzione e di sviluppo di due elementi molto importanti, quali il litio e il boro, che sono fondamentali per lo sviluppo moderno. In tal modo, si potrà dare slancio alla crescita dell’economia». Parlando del litio si tratta, infatti, del componente fondamentale delle nuove produzioni avanzate, delle batterie al litio ricaricabili, utilizzate nei dispositivi elettronici portatili, negli utensili elettrici, nei veicoli elettrici, ma anche nelle applicazioni per lo stoccaggio di energia elettrica. Nelle dichiarazioni, pertanto, il «Progetto Jadar» è spesso presentato come un “volano” poiché, visto il potenziale delle miniere, potrebbe innescare la possibilità di ulteriori investimenti nel Paese.
La miniera si trova in prossimità di uno dei più promettenti «distretti di sviluppo» della Serbia, a Loznica, poco distante da Šabac; qui, in virtù della rilevante concentrazione di litio e di boro, nonché di un bacino minerario stimato in oltre 100 milioni di tonnellate, si ritiene trovi posto uno dei maggiori depositi di litio al mondo. È qui, nella Serbia nord-occidentale, non distante dal monte Cer e della valle del fiume Jadar, da cui il nome, nel quadrilatero compreso tra le città di Loznica, Šabac, Obrenovac e Valjevo, che una équipe di geologi serbi e nord-americani, per conto della società Rio Tinto, scoprì, presso Loznica, il primo giacimento di Jadarite, nel 2004; a tutt’oggi, la valle dello Jadar è l’unico posto al mondo ove è stato trovato il minerale. Un minerale particolare: la Jadarite («silicato idrossido di sodio litio boro») è un ortosilicato, di colore bianco, che dà luogo a una caratteristica fluorescenza rosa quando esposto a luce ultra-violetta, con formula: Na2OLi2O(SiO2)2(B2O3)3H2O. Una pietra dalle particolarità uniche, che si ritrova oggi ad accompagnare una campagna elettorale, quella serba, tra le più controverse degli ultimi anni, con l’SNS al potere accreditato di oltre il 55% del consenso e il Partito Socialista Serbo in crescita al 12%; con l’ultima revisione della legge elettorale che, conservando il carattere di legge proporzionale, ha abbassato la soglia di sbarramento al 3%. Il tutto all’indomani dell’insediamento nella regione del Kosovo, lo scorso 4 Giugno, del nuovo governo Hoti.