Dopo le risposte di Riccardo Noury, Laura Quagliolo, Giovanna Procacci, Giovanna Pagani, Guido Viale, ora parliamo con Andreas Formiconi, docente universitario, fondatore della rete Lacanet e della “scuolina” per l’integrazione degli immigrati di cui Pressenza ha già più volte parlato; nonché autore per Pressenza.
Ora che stiamo uscendo dall’emergenza Covid19 molti dicono: “Non vogliamo tornare alla normalità perché la normalità era il problema”. Questa dunque può essere una grande occasione di cambiamento.
Qual è secondo te la necessità di cambiamento più urgente in questo momento e cosa sei disposto a fare in quella direzione?
Cambiare la scuola. Prima di tutto. Per quanto mi riguarda questa era l’emergenza primaria anche prima della pandemia. La conditio sine qua non per la sopravvivenza dell’umanità risiede in un sistema formativo che riesca a educare cittadini pensanti, consapevoli del loro ruolo nella comunità, emotivamente intelligenti, ancor prima che competenti. Ma scuola e università stanno andando altrove, verso una società di individui istruiti in settori disgiunti, non comunicanti. Il sistema forma solisti che passeranno la vita a suonare musica d’insieme. Addestra alla soluzione di problemi ad una sola soluzione per una vita che sarà costellata di problemi a più soluzioni, o del tutto privi di soluzioni. Istruisce consumatori che verranno consumati in massa. Ignari della complessità, i cittadini confondono il “proprio settore” con il centro del mondo, e si ritrovano facile prede di narrazioni semplificate, con conseguenze sociali e politiche disastrose. Morin la chiama la scuola del lutto, autoreplicante, inerte, modificabile solo mediante piccole perturbazioni successive.
Ecco, forse il lockdown ha rappresentato una perturbazione, neanche troppo piccola. Cibo per innovatori. Un’occasione da non perdere, anche nella consapevolezza della resilienza al nuovo del sistema. Cosa sono disposto a fare? Provare a mettere insieme pezzi, prima impossibili da accoppiare, per risolvere criticità che danneggiano tutti: agire subito e con energia. Poi, tornati a regime, vedremo cosa sarà possibile far digerire al sistema.
Cosa servirebbe per appoggiare quel cambiamento, a livello personale e a livello sociale?
A livello personale: non avere paura, essere disposto a lavorare al massimo. Carpe diem. Riposerò dopo. A livello sociale: attivare connessioni improbabili fra corpi disgiunti.
È così che stiamo risolvendo la situazione impossibile nella quale svariate centinaia di nostri studenti di Scienze della Formazione Primaria (future maestre e maestri) si sono visti congelare i percorsi di tirocinio a causa del lockdown: dovrete saltare il semestre, avete avuto sfortuna, ci dispiace. Per provare ad uscire da questa impasse, abbiamo inventato un tirocinio online [1] che ha messo in contatto diretto gli studenti con i migliori insegnanti in Italia per imparare, approfondire e discutere le pratiche messe in atto con successo nelle rispettive scuole. Siamo riusciti a recuperare oltre duecento studenti, una quarantina dei quali si dovrà laureare nella prossima sessione di giugno. Per riuscire in questa manovra acrobatica, giocata alla prima e senza rete, è stato necessario il concorso di tutte le parti: governance dell’università, docenti del settore e, soprattutto, rappresentanti e organizzazioni degli studenti. Studenti protagonisti animati da passione e competenza [2], non solo commodity del sistema universitario. Riusciremo a replicare il modello? Non possiamo saperlo, ma una via è stata tracciata.
[1] https://sites.google.com/