Battesimo operativo nel Mediterraneo centrale dei droni RQ-4D “Phoenix” che la NATO ha acquistato nell’ambito del programma AGS – Alliance Ground Surveillance. Ad annunciarlo il generale Phillip Stewart dell’US Air Force, comandante della task force AGS di stanza nella base siciliana di Sigonella. “Abbiamo condotto con successo il primo volo del velivolo a controllo remoto MAGMA10 dalla Main Operating Base di Sigonella”, ha dichiarato l’ufficiale Usa-Nato. “Per la nostra AGS Force e per l’intera Nato si tratta di un evento storico che consente di aprire un nuovo capitolo per ciò che riguarda il miglioramento delle capacità alleate nel settore dell’Intelligence, della Sorveglianza e del Riconoscimento”.
Il drone AGS è decollato dalle piste dello scalo siciliano alle ore 10.26 del 4 giugno scorso ed è rientrato alla base in serata alle 19.46. “Durante il volo, i sensori del Phoenix hanno raccolto immagini e informazioni su obiettivi in movimento che sono state trasferite al Centro di Supporto operativo della task force AGS Nato di Sigonella, dove sono state processate ed elaborate e successivamente trasferite agli Alleati”, ha riferito il Comando Strategico Alleato in Europa (Shape) di Mons, Belgio.
Molto probabilmente, nella sua missione, il drone Nato ha sorvolato anche i cieli della Libia dove è in atto una controffensiva da parte dei reparti militari fedeli al Governo di Accordo Nazionale presieduto da Fayez Muṣṭafa al-Sarraj, sostenuti da Turchia, Usa, Qatar e Italia. In queste ultime settimane a Sigonella è notevole il traffico di velivoli alleati e pure i decolli e gli atterraggi dei droni Global Hawk in dotazione all’US Navy e all’US Air Force.
Il 20 gennaio 2020 si era tenuta nella grande stazione aeronavale siciliana la cerimonia di consegna dei primi due droni AGS e l’inaugurazione dell’Alliance Ground Surveillance System, alla presenza del Segretario generale della Nato Jens Stoltenberg, del Presidente del Comitato militare della Nato Stuart Peach e del Comandante Supremo delle Forze Alleate in Europa, il generale dell’US Air Force Tod Wolters. Il 23 marzo scorso, in piena pandemia da Covid-19, dal Comando Supremo Shape era stato reso noto l’arrivo a Sigonella delle sei unità della componente mobile del Centro di controllo del sistema AGS. “L’AGS Core system, così come i segmenti di controllo mobile e trasportabili via terra sono stati prodotti da industrie europee, grazie a NAGSMA, l’agenzia Nato predisposta specificatamente per il programma Allied Ground Surveillance”, riferiva il portavoce Nato.
Dotati della piattaforma radar MP-RTIP con sofisticati sensori termici per il monitoraggio e il tracciamento di oggetti fissi ed in movimento, i droni AGS possono volare ininterrottamente per più di 20 ore, sino a 18.000 metri di altezza e a una velocità di 575 km/h. I dati rilevati e analizzati a Sigonella sono poi trasmessi grazie ad una rete criptata al Comando JISR, Joint Intelligence, Surveillance and Reconnaisance della NATO, con sedi a Bruxelles, Mons e The Hague. Oltre 16.000 km il raggio d’azione dei nuovi velivoli senza pilota, così da consentirne l’operatività in un’area geografica che comprende l’intero continente africano e il Medioriente, l’Europa orientale sino al cuore della Russia. Grazie alle informazioni raccolte e decodificate dall’AGS, la Nato è in grado di ampliare lo spettro delle proprie attività nei campi di battaglia e rafforzare la capacità d’individuazione degli obiettivi da colpire con gli strike aerei e missilistici.
Entro la fine del mese di giugno dovrebbero giungere a Sigonella gli altri tre droni previsti dal programma AGS. Perché l’intero sistema di “sorveglianza terrestre” sia realmente completato bisognerà però attendere il 2022, cinque anni dopo cioè, di quanto era stato previsto dal contratto tra il comando Nato e l’industria statunitense costruttrice, Northrop Grumman, valore 1,5 miliardi di dollari, il più costoso di tutta la storia dell’Alleanza Atlantica.