Chi ha e chi non ha. Il privilegiato e il povero.
La pandemia ha esasperato ancora di più il divario sociale, sia qui che in altre parti del mondo. La crisi ci costringe a guardarci intorno, a osservare per dare un senso a ciò che sta accadendo. Siamo incollati alla televisione, alla radio o ai social media in attesa delle ultime notizie, così da capire come muoversi in questa situazione del tutto nuova, in cui dobbiamo rimanere chiusi in casa, isolati e con tanto tempo libero. Quindi non possiamo ignorarla. Ci colpisce un po’ più da vicino e nel personale e, a giudicare da quanto ho letto sui social negli ultimi tre mesi, non sono l’unica. Sicuramente, il fatto che questa crisi abbia evidenziato ancora di più il divario sociale è uno dei vantaggi che porteremo con noi.
Qui vi propongo un resoconto (non esaustivo), un squarcio di come sia stato vivere come un privilegiato o un povero negli ultimi due mesi e mezzo, visto dal mio posto di osservazione a Metro Manila.
Proteggere la salute dei cittadini e garantire i servizi di assistenza medica. La quarantena è arrivata dopo più di un mese e mezzo dall’annuncio ufficiale della pandemia alla fine di gennaio e dall’arrivo in ospedale dei primi pazienti affetti da coronavirus. Precedentemente era ancora possibile viaggiare, con un gruppo nutrito di turisti cinesi e filippini, provenienti da Wuhan, volati verso altri lidi. I primi casi di COVID-19 sono stati registrati tra turisti e viaggiatori cinesi. Gli ospedali hanno cominciato a riempirsi, ma neanche le strutture private avevano a disposizione tutto il materiale necessario per curare i pazienti e contenere la trasmissione del virus. Il ministero della salute si è dato da fare per risolvere il problema, rinforzando gli ospedali pubblici e convocando più infermieri e personale sanitario e, in un secondo momento, facendo tamponi, ricorrendo a un massiccio tracciamento dei contatti e all’isolamento degli ammalati. Beh, ci hanno provato, ma il virus li ha travolti e l’intero sistema sanitario non era semplicemente pronto ad affrontare una malattia sconosciuta e altamente contagiosa.
La maggior parte dei contagi e delle morti da COVID-19 è stata registrata soprattutto nel ceto più agiato e tra coloro che erano andati all’estero per lavoro o piacere, a cui si sono poi aggiunti quelli causati dalla trasmissione del virus da cittadino a cittadino. Sfortunatamente, anche un gran numero di medici in prima linea ha contratto la patologia. Ad oggi, la collaborazione tra governo e settore privato ha permesso di costruire molte nuove strutture in cui poter mettere in quarantena i malati. Ci sono molti più tamponi e mascherine in arrivo. Tuttavia, mancano ancora le capacità necessarie per fare test a tappeto e combattere la pandemia in maniera più efficace.
Avere il denaro per pagare le cure può aiutare ma, se si dovesse contrarre il virus, non importa se si è ricchi o poveri, l’ospedale rimarrebbe un luogo in cui è meglio non trovarsi di questi tempi. Se una persona benestante dovesse ammalarsi, potrebbe recarsi presso le migliori strutture private, servirsi delle sue conoscenze con i medici e beneficare di cure mediche domestiche e di consultazioni online. Oppure, potrebbero addirittura prendere un volo per farsi curare all’estero. C’è un paziente che lo ha effettivamente fatto, ma l’aereo si è schiantato, uccidendo tutti i passeggeri, tra cui anche un membro del personale medico della mia città. Ma cosa succederà al più povero dei poveri? Beh, non sembrano molto preoccupati dal bisogno di farsi curare se contagiati. Sfortunatamente, ho sentito molti dire “Io non posso essere colpito, solo i ricchi se ne preoccupano”. A preoccuparli davvero è capire cosa mettere in tavola.
Parola d’ordine: provviste. Gli scaffali dei supermercati sono stati svuotati così velocemente della proverbiale carta igienica che ci si chiede quanta ne usino davvero i ricchi per tirare lo sciacquone. Ha suscitato tante discussioni e grande rabbia nella città un post sui social, in cui si vede la moglie di un imprenditore molto agiato di Davao (la città natale del presidente) spendere presumibilmente un milione di dollari in generi alimentari tutti in una volta. Diversi oggetti, in particolare mascherine, disinfettanti, vitamine e equipaggiamento protettivo fondamentale per il personale sanitario e per chi lotta in prima linea, sono velocemente esauriti. Sono rimasti indietro migliaia di operai, venditori ambulanti, domestici e tutti coloro che hanno un salario giornaliero minimo intorno ai 5 pesos, persone che possono permettersi solo un pasto al giorno.
Chiusura immediata dei trasporti di massa senza piani per il futuro. Non è un problema se hai un’auto e un autista a disposizione. Tuttavia, cosa si può dire delle maggior parte dei cittadini che dipende dai trasporti di massa? All’improvviso migliaia di persone, soprattutto personale sanitario e operai essenziali, si sono trovate costrette a recarsi a piedi sul posto di lavoro o comunque a cercare un’alternativa. All’inizio, il governo si è affidato a unità governative locali o aziende private per trovare un modo di garantire dei trasporti per i lavoratori essenziali. Su internet gli utenti hanno espresso tutto il loro orrore, definendo i legislatori non solo sprovveduti, ma anche senza cuore.
Prima i politici e i pochi privilegiati. Le regole della quarantena a loro non si applicano. Con pochi kit per i test e i centri a corto di tamponi, la notizia secondo cui i politici e le loro famiglie siano state le prime ad avere la possibilità di essere testati ha attirato una pioggia di critiche da parte dei cittadini. Un politico è stato deriso per aver accompagnato sua moglie incinta all’ospedale ed essere poi andato a fare shopping in un ipermercato in piena violazione delle regole della quarantena. Nonostante molti ne abbiano richiesto le dimissioni o l’arresto e nonostante l’ospedale abbia anche pubblicato una dichiarazione di denuncia, la suddetta persona è ancora libera, apparentemente sotto “indagine”. Tuttavia, non avete ancora sentito questa: un comandante della polizia organizza una festa di compleanno con un sostanzioso buffet, violando il divieto di assembramento e di distanziamento sociale. Nonostante ciò, il presidente ha insistito sul fatto di aver ancora bisogno dei suoi servizi e chiede ai cittadini di lasciargli un po’ di spazio. Al contrario, centinaia, se non migliaia di abitanti delle comunità più povere sono stati sommariamente arrestati, multati o costretti ai lavori forzati per essere stati sorpresi in strada.
Aiuti finanziari fondamentali. La quarantena, chiamata Ehanced Community Quarantine (quarantena popolare intensificata), è stata imposta all’improvviso a metà marzo nelle aree di Luzon e Metro Manila. Il governo ha pubblicato le linee guida e le politiche necessarie dopo due giorni, con le diverse unità governative locali che si sono fatte in quattro per capire come implementare in maniera efficace ed effettiva tale quarantena. Regnava confusione ovunque. A causa di tutto ciò, era necessario preparare dei pacchetti di aiuto per le migliaia di cittadini rimasti senza sostentamento. Per fortuna, la Filipino bayanihan (un’organizzazione di beneficenza) è intervenuta e nei primissimi giorni volontari, organizzazioni non governative e grandi aziende hanno dato una grossa mano. Sono stati distribuiti cibo per le comunità più povere e mascherine e dispositivi di protezione individuale per il personale sanitario, sono stati offerti tantissimi servizi di trasporto gratuito, in alcuni casi anche prima dell’arrivo del supporto del governo. Molti hanno lodato queste iniziative. Ad eccezione di alcune città provviste di alcune unità capaci e ben organizzate, la maggior parte delle unità governative locali ha dovuto darsi da fare per garantire delle cibarie ai più poveri. L’assistenza finanziaria è arrivata soltanto molto più tardi e distribuita in modo disorganizzato e irregolare.
State a casa e mantenete le distanze. Non sarebbe un problema vero e proprio se si avesse un’abitazione piuttosto decente, con un numero sufficiente di camere e magari un giardino o, ancora meglio, in una comunità molto sicura. Non sarebbe un problema neanche se si potesse godere di una bella vista dal proprio balcone in un’area elegante, dove si può andare tranquillamente a correre o a fare una passeggiata con il proprio animale domestico su una strada vuota. Potreste anche avere magari qualcuno in casa che può aiutarvi, con amici e famiglia pronti a farvi compagnia. Potreste ordinare del cibo d’asporto dal vostro ristorante preferito se vi dovesse mancare l’andare a cena fuori. Frutta e verdura fresche per rimanere in salute? Potreste ordinare anche quelle, facendovele consegnare sulla porta di casa. Chi è davvero ricco può addirittura volare sulla propria isola personale per il fine settimana.
Invece, per chi vive in un piccolo quartiere, con tutta la famiglia accatastata in un unico spazio comune, il concetto di distanziamento sociale è impossibile da applicare. Stare a casa in una stanza calda e umida può essere un vero problema. Provate a chiamarli ancora “cocciuti” per continuare a uscire o per fare una passeggiata per raggiungere i talipapa, ovvero dei minimercati umidi, dove acquistare l’essenziale per il pasto del giorno. Se voi foste in loro, li accusereste ancora di qualcosa?
Lavorare da casa. Fantastico! Grandioso se avete un lavoro da ufficio, un computer veloce e accesso a internet. Potreste passare più tempo con la vostra famiglia senza sprecare del tempo prezioso facendo avanti e indietro attraverso il traffico congestionato di Manila. Ma che cosa potreste dirmi di chi ha una paga giornaliera, ovvero di muratori, braccianti, tassisti, venditori ambulanti e lavoratori? Dall’oggi al domani, in migliaia hanno perso la loro fonte di sostentamento. (La mia signora delle pulizie, che veniva a casa mia uno o due giorni a settimana da una città vicina, è una di loro. Anche suo marito, un muratore, è rimasto senza lavoro. Solo dopo svariati giorni di quarantena gli aiuti per le famiglie – un po’ di riso, della pasta e del cibo in scatola- hanno raggiunto queste comunità.)
Serie tv su Netflix o video su Youtube per divertirsi. Certamente un altro piacere e un’altra cosa per cui essere grati. Cittadini del ceto medio e di quello più abbiente potevano guardare film e concerti in streaming tutto il giorno e divertirsi ascoltando le loro celebrità preferite comodamente da casa. In cima a questa lista c’era il binge watching in piena notte dell’ultimissima serie televisiva drammatica coreana o di Viu. (Devo ammettere di avere recuperato anche un po’ di Hallyu bug. Perlomeno mi ha permesso di distrarmi dalla tossica copertura mediatica continua della crisi da coronavirus.) Tutto questo naturalmente se aveste Netflix e la vostra connessione non cadesse di continuo a causa del sovraccarico della banda larga.
Dall’altra parte invece ci sono coloro che vanno avanti con la tv pubblica. Sfortunatamente, il governo ha chiuso la ABS-CBN, la più grande rete televisiva gratuita, la cui franchigia è scaduta a maggio, lasciando così solo un’altra rete operativa. Il presidente aveva annunciato più volte che l’avrebbe chiusa e il congresso l’ha fatto, sebbene l’opinione pubblica abbia chiesto a gran voce di prolungarla.
Ad oggi, le misure restrittive sono state allentate, dando più possibilità agli abitanti di raccogliere i cocci e cercare di rimettersi in carreggiata. Tuttavia, ci vorrà un po’ prima che le cose possano tornare alla normalità. Sono successe molte cose e diventa sempre più evidente come l’attuale sistema, basata su denaro, potere e privilegi, non sia stato in grado di risolvere i veri problemi come l’inuguaglianza sociale.
Per quello che vale, il virus ha spianato la strada per un’accesa discussione e un intenso dibattito, per una riflessione sui problemi che attanagliano la vita odierna e su una possibile risoluzione. Si registra maggiore empatia e supporto per le piaghe dei più svantaggiati. Aumenta sempre di più il numero di coloro che fanno sentire forte la propria voce, chiedendo un sistema che dia la priorità alla salute e al benessere, alle pari opportunità per vivere una vita sicura e decente per tutti, e non solo per alcuni. Chiedono un sistema che metta i veri bisogni dei cittadini in cima alla piramide delle priorità. Aumentano gli appelli nei confronti di coloro che hanno il potere, affinché affrontino i timori della società moderna.
C’è una re immaginazione di ciò che una “nuova normalità” può e dovrebbe essere dopo la pandemia, perché la “vecchia normalità” non funzionerà più.
Traduzione dall’inglese di Emanuele Tranchetti