Recentemente il Governo italiano ha lanciato una sottoscrizione di Bond-Italia a 5 anni che ha riscosso molto successo in quanto garantisce il discreto tasso d’interesse dell’1,4%. Sono stati infatti raccolti 22 miliardi di euro nel giro di 3 giorni, un debito completamente interno e autoctono, senza dover chiedere soldi a nessuna istituzione europea o di altro tipo.
A ben rifletterci, leggendo qua e là, non mi sembra sia stata una grande idea. Facendo quattro conti 22 miliardi a un tasso dell’1,4% costeranno allo Stato italiano 308 milioni all’anno in interessi da pagare ai sottoscrittori, il che moltiplicato per cinque anni ammonta a un totale di 1 miliardo e 540 milioni, che andranno a gravare ulteriormente sul nostro già pesantissimo debito pubblico.
Certo, visto il momento, non si può andare molto per il sottile e l’urgenza finanziaria impone delle priorità imprescindibili. Ma non si può non osservare che se lo Stato avesse preso i 22 miliardi dal tanto discusso MES, il meccanismo europeo salvastati, ad un tasso dello 0,1% nella sua versione speciale per l’emergenza in corso, il costo degli interessi sui cinque anni sarebbe stato di 110 milioni. Avremmo risparmiato 1 miliardo e 430 milioni. Buttali via…
Se poi si pensa che si potrebbe ricorrere a questo MES straordinario fino ad un massimo di 37 miliardi, il risparmio sarebbe ancora maggiore, e l’unico vincolo sarebbe di destinare questo finanziamento al sistema sanitario, CHE NE HA ESTREMO BISOGNO.
Il problema è che questo MES speciale, anche se economicamente conveniente, non è politicamente presentabile per certe forze sovraniste, colte da orticaria al solo pensiero di come reagirebbe il loro elettorato, pronto a inchiodarle alle promesse elettorali di facciata. Quindi meglio appesantire il debito pubblico che gestire le finanze con lo spirito del “buon padre di famiglia”.
La logica sovranista è quella del tanto peggio, tanto meglio: più la baracca va a rotoli più si aprono spazi per la conquista del potere, magari assoluto. È così che vanno letti i voti contrari al Parlamento Europeo della Lega all’introduzione dei “coronabond” (la Meloni favorevole) e del M5S alla creazione di un Recovery Fund (anche se al momento del voto definitivo si è astenuto per non spaccare la maggioranza). Qualsiasi cosa arrivi dall’Europa va rigettata a prescindere.
L’argomentazione sovranista principe per giustificare l’opposizione decisa al MES è che l’Europa pretenderebbe di ficcare il naso in casa nostra imponendo tagli di spesa draconiani, stile Grecia.
In questo caso ciò sarebbe solo parzialmente vero, perché l’Europa ficcherebbe sì il naso nei nostri affari, ma solo per verificare che i fondi vengano correttamente destinati al sistema sanitario e nessun taglio draconiano verrebbe richiesto. Personalmente non vedo dove stia il problema, dato lo stato pietoso in cui versa il nostro sistema sanitario pubblico, che avrebbe e avrà bisogno di investimenti ancora più ingenti.
A quanto pare, i fondi MES non sarebbero erogati in un colpo solo e una commissione verificherebbe il loro utilizzo passo a passo, a fronte di progetti ben precisi e documentati. Tale lavoro non dovrebbe porre alcun problema ai tecnici del Ministero della Salute (o sì?). L’approvazione, in sostanza, sarebbe preventiva.
Un’altra argomentazione sovranista che imperversa di questi tempi è che l’Europa deve mostrarsi solidale con prestiti a fondo perduto (contraddizione nei termini, perché allora si tratterebbe di un regalo, non di un prestito). Davvero una grande illusione: nessun Paese concederà mai finanziamenti a fondo perduto. A parti invertite, confessiamolo, neppure noi lo faremmo, e tanto meno lo farebbero i sovranisti nostrani e di altre nazioni.
Adesso si sta spingendo per il famoso Recovery Fund (quello che il M5S in un primo momento non voleva), cioè un finanziamento europeo tramite il quale l’Italia e qualche altra nazione avrebbero accesso a fondi maggiori di quanto sarebbero chiamate a contribuire. La differenza sarebbe distribuita sulle spalle di vari Paesi, Germania in testa.
Al di là degli aspetti tecnici, materia per gli economisti, indipendentemente da qualsiasi strumento di finanziamento, è inevitabile che alla fine il nostro debito pubblico avrebbe una ulteriore impennata, e prima o poi dovremmo renderne conto e fare un piano di rientro. Dovremmo cioè restituire i fondi ottenuti mediante riduzione del debito pubblico, che si può fare o con tagli alla spesa, a danno in definitiva di pensioni, istruzione, servizi, ricerca ecc. o con nuova tassazione.
Né più né meno di un condominio, dove tutti sono chiamati a pagare le proprie quote e se qualcuno non lo fa, sono gli altri a dover sopperire. Fino a quando non si finisce in tribunale per pignoramenti, sequestri ecc.
Non facciamoci illusioni, questa pandemia ci costerà moltissimo, come anche a tutti gli altri Paesi, indipendentemente dagli strumenti finanziari.
La nostra vera battaglia dovrebbe essere non di cercare improbabili prestiti a fondo perduto, ma di ottenerli ai tassi più bassi possibili con il più lungo periodo di restituzione, senza posizioni strumentali e ideologiche e di migliorare e di parecchio la nostra organizzazione statale. Senza dimenticare la lotta alla corruzione e alle mafie che avvelenano la nostra società.
Anche accedendo al Recovery Fund, che le istituzioni europee creerebbero indebitandosi sul mercato globale a tassi vantaggiosi grazie all’ottimo rating di cui l’Unione Europea gode, prima o poi, il capitale andrebbe comunque restituito. Quello che i sovranisti de noantri, cioè coloro che evocano la fuoriuscita dal condominio Europa e dall’Euro, non dicono mai è che se l’Italia dovesse cercarsi da sola i finanziamenti necessari sarebbe costretta a pagare tassi d’interesse ben maggiori, con il famoso spread alle stelle e con titoli considerati spazzatura. Meglio non pensare a come saremmo ridotti oggi se fossimo un Paese davvero “sovrano” e isolato: saremmo un guscio di noce in un mare in tempesta, un Paese che, se non è già fallito, come successe all’Argentina, è solo grazie all’Unione Europea.
E anche l’argomentazione che basterebbe ricorrere in gran parte al finanziamento interno avrebbe le gambe corte, cortissime: significherebbe in pratica chiedere ai cittadini di finanziare uno Stato insostenibile, inefficiente, litigioso e disorganizzato, magari con prestiti forzosi in cambio di titoli di stato. Altro che patrimoniale! E lo Stato sarebbe costretto ad emettere ulteriori titoli di debito per pagare gli interessi di quelli precedenti, ad un tasso via via maggiore. Quanto potrebbe durare questa spirale negativa?
Ma, dicono i sovranisti, si potrebbe stampare moneta a volontà. E allora, vista la quantità di materie prime e di beni che dobbiamo acquistare, che valore avrebbe questa valuta nel mondo? La moneta di un Paese sull’orlo del fallimento verrebbe sempre accettata? Non ci sarebbe come minimo il rischio di una spirale inflativa stile anni ’80 quando l’inflazione era oltre il 20% e, come i meno giovani ricorderanno, all’estero le lire erano snobbate persino negli hotel? Almeno oggi l’euro è valuta pregiata e rispettata.
È questa la nostra visione dell’Italia che sarà? Non sarebbe molto più saggio integrarsi sempre meglio nelle istituzioni europee? Non sarebbe preferibile cercare di contenere prima e di diminuire poi il nostro elefantiaco debito, di cui si discute da 40 anni senza che nessuno abbia seriamente affrontato il problema? Perché continuiamo a ricorrere a strumenti propagandistici come i Bond-Italia che non fanno altro che peggiorare la situazione pur avendo a disposizione un’alternativa più conveniente?
La soluzione non può che sorgere dall’impegnarsi seriamente per una nuova visione della comunità europea. Dopo la moneta unica, occorrerebbero una politica fiscale condivisa per eliminare i paradisi fiscali presenti nella UE, una politica estera comune, una difesa comune, un Parlamento europeo con un vero potere politico almeno su alcuni temi, una politica ambientale severa, ecc… Si tratterebbe in definitiva di iniziare a costruire gli Stati Uniti d’Europa, progetto sì a lunghissimo termine ma, passo dopo passo, raggiungibile. Il lavoro non manca.
Ci sarebbe sicuramente una conseguente perdita di sovranità, ma i vantaggi in termini sociali, ambientali e di peso politico nel mondo sarebbero di gran lunga maggiori. Si tratterebbe di dare uno slancio definitivo al progetto dei padri dell’Europa (Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni…), i quali, nel loro Manifesto di Ventotene del 1941, confinati com’erano dal fascismo e in un momento in cui il nazismo sembrava invincibile, ebbero il coraggio di pensare oltre e di avere una visione che andava al di là delle loro stesse esistenze.
https://www.aiccre.it/wp-content/uploads/2017/08/manifesto-di-ventotene.pdf