Abiti sgargianti, paiette, bandiere dell’ YPJ e della Palestina. Sabato 27 giugno è andata in scena un’ inconsueta commistione tra movimenti, storie e richieste. Dalle 14, all’ombra del Nettuno, è cominciato l’evento promosso, tra gli altri, dal B side, Coordinamento campagna BDS Bologna, Labas, Tpo e Non Una di Meno Bologna. L’iniziativa, è andata avanti fino al tramonto e ha visto il susseguirsi sul palco di esibizioni di artisti, dj set, canti e balli popolari, e interventi politici. Il tema comune, declinato nei vari interventi, è la libertà: l’autodeterminazione dei Popoli, nel caso dei Kurdi e dei Palestinesi, e l’autodeterminazione dei corpi.
fotoreportage di Vittoria Sichi
Il B side, si legge nel lancio dell’evento, “poco più di un anno fa (…) ha cominciato un percorso di rete auto-organizzata per ri-politicizzare il Pride e mettere al centro le soggettività più marginalizzate”. Da qui la decisione di dedicare il sabato a questo esperimento e la domenica alla classica giornata del Pride, quest’anno senza la parata.
L’iniziativa si è svolta all’insegna dell’intersezionalità tra i vari gruppi. Una caratteristica che sta diventando una consuetudine a Bologna, come già accaduto un paio di settimane fa con l’iniziativa Say their names, ma anche all’inzio del lockdown con l’esperienza di don’t panic Bologna. L’idea è quella che le situazioni di sfruttamento ed emarginazione derivino tutte dal sistema socio-politico ed economico: il patriarcato, nel caso delle rivendicazioni Lgbtqia +; il colonialismo, nel caso dei Kurdi e Palestinesi. Per contrastare il sistema di sfruttamento, dunque, la necessità è unire tutte insieme le “lotte”.
L’evento ha cercato di portare all’attenzione dell’opinione pubblica le situazioni che la pandemia ha totalmente oscurato. Infatti, nell’indifferenza totale, Netanyahu appoggiato da Trump, ha annunciato per il 1° luglio l’inizio dell’annessione dei territori palestinesi della Cisgiordania. Uno sfregio ai diritti umani, oltre che una bomba incendiaria per gli equilibri in Medioriente. Nella stessa indifferenza Erdogan continua a prendere di mira il Rojava, questa volta colpendo la popolazione yazida nel nord dell’Iraq. Le donne kurde , simbolo di resistenza, erano già scese in piazza a Bologna al fianco del movimento transfemminista al grido: jin,jiyan, azadin. (donna, vita, libertà ndr.)L’evento è stato molto partecipato, nonostante il caldo torrido e le norme anti-covid.
Per la seconda giornata, lo scenario sono stati i Giardini Margherita. Quest’anno il Pride bolognese è stato ridimensionato, per via delle norme anti covid, ma anche dall’impossibilità, da parte degli organizzatori, di vedersi per preparare l’evento. Per questo la parata ha lasciato il posto ai flash mobs.
Il primo per ricordare Sara Hijazi, attivista egiziana Lgbtqia+, arrestata per aver sventolato nel 2017 una bandiera arcobaleno e morta pochi giorni fa suicida. Il secondo, un filo rosso per unire tutte le discriminazioni, e poi l’esibizione del coro del KOMOS- coro Lgbt di Bologna. Dalle 18 in poi dj set e musica fino al tramonto.
Il primo per ricordare Sara Hijazi, attivista egiziana Lgbtqia+, arrestata per aver sventolato nel 2017 una bandiera arcobaleno e morta pochi giorni fa suicida. Il secondo, un filo rosso per unire tutte le discriminazioni, e poi l’esibizione del coro del KOMOS- coro Lgbt di Bologna. Dalle 18 in poi dj set e musica fino al tramonto.