Nel sessantesimo anniversario dell’indipendenza del Congo, in una lettera ufficiale inviata a Felix Tshisekedi, presidente della Repubblica Democratica del Congo, il Re del Belgio Filippo si è scusato per “le ferite inflitte durante il colonialismo” e per gli “atti di violenza e le sofferenze” subiti dal suo popolo.
E’ la prima volta che un sovrano belga ammette e si scusa per le atrocità commesse durante la spietata dominazione coloniale del Congo: circa dieci milioni di africani furono uccisi dalla creazione, nel 1884/85, dello Stato Libero del Congo, di fatto un dominio privato di re Leopoldo II. Il paese venne depredato delle sue enormi risorse – cosa che d’altronde continua ancora oggi – tanto che si calcola che la ricchezza accumulata dal Belgio con il sangue dei congolesi equivalga a quasi 100 miliardi di euro.
Le scuse sono un primo passo, ma altri, ben più concreti, dovrebbero seguirne: riparazioni economiche, restituzione del ricchissimo patrimonio artistico e culturale del Congo, recupero della memoria storica cancellata dallo schiavismo e dal colonialismo e un impegno concreto perché nelle scuole si studi la verità riguardo a quell’oscuro periodo.
Come denunciavano i manifestanti che nelle scorse settimane hanno imbrattato e abbattuto statue di Leopoldo II in diverse città del Belgio, è inammissibile che il sovrano venga ancora onorato come un benefattore, con strade che portano il suo nome e statue in molti spazi pubblici, nonostante le atrocità commesse contro il popolo congolese.