Ieri domenica 7 giugno i milanesi hanno aderito con entusiasmo alla manifestazione come in moltissime città in Italia e nel mondo. Migliaia di persone si sono riunite davanti alla Stazione Centrale in Piazza Duca d’ Aosta per ricordare che il razzismo sistemico non è un problema che riguarda gli Stati Uniti, anzi tocca da molto vicino anche il nostro paese.
Una manifestazione molto giovane e sentita, con tanti ragazzi di seconda o terza generazione, per la prima volta riuniti in una piazza così numerosa per rivendicare l’orgoglio delle loro origini e del colore della loro pelle. Gli slogan sono gli stessi si sentono ormai da quasi due settimane nelle piazze di tutto il mondo “Black Lives Matter”, “No Justice, no peace”, “White silence is violence”.
“Questa piazza ci responsabilizza” ha gridato uno degli organizzatori dal palco itinerante, auspicando che l’ondata di indignazione suscitata dalla brutalità della polizia e dal razzismo negli Stati Uniti siano anche uno slancio per cambiare le leggi discriminatorie in Italia. In primo luogo, la riforma della legge sulla cittadinanza.
La folla si è mossa in un corteo assolutamente pacifico fino a via Zuratti, per ricordare una vittima della violenza razzista milanese, la cui storia ricorda troppo da vicino i crimini della polizia americana. Era il 14 settembre del 2008 quando il diciannovenne Abdoul Guiebre, per gli amici Abba, accusato di aver rubato dei biscotti, viene ucciso a sprangate dai proprietari del negozio che gli urlano “sporco negro”.
In Piazza Duca D’Aosta, tra i vari interventi, discorsi e canzoni, i manifestanti si sono inginocchiati e hanno osservato 8 minuti e 46 secondi di silenzio in ricordo di George Floyd, equivalenti al tempo in cui il poliziotto Derek Chauvin ha premuto il suo ginocchio sul collo dell’uomo.
In via Zuratti ci sono stati due minuti di silenzio per Abba. Nella speranza che il grido di ribellione e cambiamento iniziato negli USA non muoia in Italia.
Foto di Karim Fahmy; reportage fotografico in collaborazione con Cristina Mirra