6 giugno 2020. Sull’onda delle manifestazioni che hanno infiammato gli Stati Uniti dopo la morte di George Floyd, causata dalla violenza della polizia, anche Torino ha voluto esprimere solidarietà alle lotte degli afroamericani e una ferma condanna delle violenze e del razzismo, ovunque vengano perpetrati.
Gli organizzatori, il gruppo di giovani attivisti “No Justice, No Peace” in collaborazione con la “Rete 21 marzo – mano nella mano contro il razzismo”, avevano chiarito bene le regole del sit-in: tutti vestiti con qualcosa di nero, seduti a terra ben distanziati, ognuno con un cartello sul tema.
Già prima delle 15, ora prevista per l’incontro, piazza Castello offriva un notevole colpo d’occhio con centinaia di persone. Ma poi, andando oltre ogni più rosea previsione, la piazza si è andata via via popolando di migliaia di persone, in gran parte giovani, tutti uniti dalla stessa lotta e dalla stessa speranza.
Quando si è dato il via, un incredibile silenzio ha pervaso una piazza composta ed empatica: 8 minuti e 46 secondi lunghissimi e brevissimi allo stesso tempo. Il tempo impiegato per uccidere un uomo, il tempo di riflessione individuale e collettiva per iniziare a costruire insieme un futuro diverso. Quindi si è levato un grido, man mano sempre più forte: “No justice, no peace!”, e un applauso liberatorio.
Una ventina sono stati, a seguire, gli interventi di persone direttamente toccate dal razzismo e dalle discriminazioni, perché nere, perché rom, perché omosessuali; perché la violenza della società, delle istituzioni, del “sistema” di cui tutti siamo complici opprime chi è considerato “diverso” anche qui in Italia, non solo in America.
Esperance si è rivolta alla piazza: “Dove eravate quando venivo discriminata?” per ricordarci che ogni giorno bisogna lottare e ribellarsi a razzismi di ogni genere, non solo quando manifestiamo pubblicamente, non solo quando qualcuno organizza dei momenti per farlo.
Igor e Ivana, due attivisti rom, hanno emozionato il pubblico testimoniando le discriminazioni che subiscono continuamente, dalle persone e dalle amministrazioni.
Oggi queste persone e tante altre che spesso sono invisibili, si sono espresse con rabbia, ma anche con il sorriso.
Deka è tornata di recente dagli Stati Uniti, subiva discriminazioni in Italia e le ha subite ancora di più là.
Ayoub ha ricordato che ogni anno scendiamo in piazza il 21 marzo per la Giornata internazionale per l’eliminazione della discriminazione razziale, ma dobbiamo batterci contro le ingiustizie sempre, nel nostro vivere quotidiano.
Dopo i ringraziamenti, la manifestazione si è sciolta. Ma quei minuti di riflessione dovrebbero permetterci di essere più attenti, a partire da oggi, a non lasciar passare con indifferenza le violenze e le discriminazioni, riscattando quel senso di giustizia che ognuno di noi ha nel profondo del suo cuore.
Daniela Brina – Foto di Fabrizio Maffioletti