In piena crisi economica e sanitaria Macron ha annunciato la costruzione di una seconda portaerei a propulsione nucleare (classe De Gaulle) da 5 miliardi di euro. Nella spesa prevista non sono compresi i costi per la realizzazione della flotta di supporto ed il costo operativo annuale minimo che ammonta ad altri 220 milioni di euro.
IL GOVERNO FRANCESE ha inoltre fatto sapere che il prossimo 10 giugno – la stampa bretone parla di «finestra aperta tra il 9, il 10 e l’11» – a Penmarch, in Bretagna, avvierà i nuovi test del vettore nucleare M-51 il cui costo unitario ammonta a 120 milioni di euro. Un sommergibile nucleare è in grado di lanciare ben 16 di questi missili i quali a loro volta sono in grado di lanciare 6 testate su obiettivi diversi.
Questi annunci danno quindi avvio ad alcune delle linee guida del recente Libro bianco della Difesa che stanzia 100 miliardi di euro in quindici anni per il programma di rinnovo della flotta di sottomarini nucleari.
Questi annunci danno quindi avvio ad alcune delle linee guida del recente Libro bianco della Difesa che stanzia 100 miliardi di euro in quindici anni per il programma di rinnovo della flotta di sottomarini nucleari.
Il Movimento per la Pace francese, sceso in piazza anche il 28 maggio, in un comunicato dello scorso 3 giugno, denuncia come questi programmi si pongano in aperta violazione del Trattato di non proliferazione nucleare (Npt) e dichiara che «il governo avrebbe dovuto, in attuazione dell’articolo .6 del trattato Npt, agire in funzione del disarmo nucleare attraverso la sottoscrizione del Trattato per la Proibizione delle armi nucleari adottato dall’Onu nel 2017».
NELLO STESSO comunicato i pacifisti francesi fanno presente come ben altri sarebbero i dossier su cui investire risorse «un piano per la sanità pubblica con assunzione di personale, un piano per ricostruire il settore industriale medico nazionale, un piano per l’energia per avviare la transizione ecologica…».
Paese che vai, riarmo che trovi e i piani di Macron sembrano essere ben altri.
Anche in Francia infatti le spese militari non hanno subito alcun arresto e si avviano a raggiungere il 2% del Pil come richiesto dalla Nato. Già prima della pandemia Macron aveva varato una Legge di programmazione militare da 295 miliardi di euro in cinque anni.
IL PIANO, evidentemente nemmeno scalfito dal virus, ha l’ambizione di garantire «l’autonomia strategica» nazionale ed europea. Oltre alle nuove acquisizioni (sommergibili nucleari, fregate, droni, satelliti, aerei ed elicotteri) la Legge di Programmazione Militare (Lpm) prevede un corposo aumento del personale: 6.000 unità per le forze armate di cui 1.500 per i servizi segreti e 1.000 operatori per la cybersicurezza più 750 funzionari da impiegare nella «divisione vendite» nella Direction Générale de l’Armement. Con questo livello di spesa Parigi vuole consolidare la presenza militare in Africa dalla Costa Atlantica fino all’Oceano Indiano, dal Senegal a Gibuti, passando per il Sahel e quindi ricongiungersi con altre basi e avamposti presenti nei due oceani.
QUESTA VISIONE strategica espansionista, aggressiva e ambiziosa richiede un concorso negli «oneri per la sicurezza» che la Germania offre già da anni. Mentre la capacità di proiezione globale (condivisa come piattaforma con gli alleati, tra cui l’Italia) offre all’industria bellica francese prospettive infinite; e il governo Macron persegue l’intenzione di dirigere lo scomposto neocolonialismo europeo con il ruolo di capofila militare-industriale e nucleare. Per il momento, sempre all’ombra della Nato.
Articolo originale sul Manifesto del 9/6/20