Ieri pomeriggio alle 15 davanti al Consolato Americano in Piazza della Repubblica, più di 1000 persone hanno dato forma e vita al presidio “Giustizia per George Floyd”. L’evento, nato ed organizzato spontaneamente su internet, e volutamente privo di simboli e bandiere, è durato circa due ore.
Al presidio hanno partecipato in larga maggioranza giovani, studenti ed universitari. Significativa la presenza delle rappresentanze delle comunità migranti, senegalese, burkinabé e singalese. Al presidio hanno partecipato anche le realtà partenopee che invocano giustizia per le vittime della violenza delle forze dell’ordine in città: l’Associazione Davide Bifolco, sedicenne del Rione Traiano, colpito da un carabiniere perché scambiato per un latitante, e il comitato “Giustizia per Ugo Russo”, anch’egli sedicenne ucciso a colpi di pistola da un carabiniere in borghese che il giovane stava provando a rapinare.
I loro nomi sono stati inseriti nell’elenco di quelli urlati al cielo del lungomare durante il presidio: lo statuinitense George Floyd e il maliano Soumaila Sacko, ucciso a colpi di fucile mentre scavava tra le lamiere, in Calabria due anni fa. Il presidio – composto e ordinato, anche se non sempre rispettoso delle distanze nonostante gli sforzi del servizio d’ordine e degli organizzatori – si è articolato in una prima fase di cori e grida di sostegno alle lotte contro il razzismo in tutto il mondo, accompagnato da cartelli e scritte. Nella seconda parte coloro che hanno preso il microfono per spiegare le ragioni della manifestazione, hanno chiesto giustizia per George Floyd e condannato la violenza degli atti razzisti perpetrati dagli agenti della polizia nel mondo.
Ma molte delle parole sono state rivolte anche per denunciare condizioni di sfruttamento e precarietà generate da ideali e legislazioni razziste: continui ed importanti i riferimenti ai Decreti Sicurezza, all’incoerenza della regolarizzazione parziale dei migranti recentemente criticata anche dallo sciopero dei braccianti, e per altro in una situazione di emergenza come una pandemia globale.
Ci sono state parole anche per le criticità affrontate dai “neri italiani”, seconde generazioni di migranti con problemi di cittadinanza, o cittadini a tutti gli effetti cui ai posti di blocco viene ancora chiesto inspiegabilmente il permesso di soggiorno. A tutto questo il presidio propone risoluzioni basate su di una legislazione ancora assente ispirata allo Ius Soli e alla piena regolarizzazione delle comunità migranti.
Al termine del presidio, un divertente e coinvolgente intervento musicale di un gruppo di murgueri ha sciolto la rabbia e la tensione accumulate in un momento di distensione e divertente catarsi collettiva. Intorno alle 17.30 il presidio è andato naturalmente a disperdersi, senza alcun problema né incidente.
Svolto simbolicamente davanti al consolato americano per ovvi motivi, sottolineiamo che dalle finestre dello stesso è stata esposta una simbolica bandiera arcobaleno, simbolo della pace e dei diritti. Un piccolo segnale, a nostro giudizio inequivocabile sulla presenza, nella comunità statunitense, di idee comunque non univoche e convergenti alle politiche violente dell’amministrazione Trump.