Dopo due settimane un’altra manifestazione di Black Lives Matter a Torino.
La manifestazione è iniziata alle 15 in piazza Castello.
Ancora una volta gli interventi hanno sottolineato le difficoltà che le persone di origine africana incontrano nel nostro Paese e a Torino.
Forte la denuncia contro quella che ormai da più parti viene definita come discriminazione di Stato, che causa difficoltà ad ottenere la cittadinanza, il lavoro, una casa, e non ultima, la deprecabile realtà dei CPR.
Al microfono sono intervenuti esponenti dei lavoratori di Saluzzo, protagonisti della manifestazione di giovedì 18 giugno.
Dopo poco è venuto un forte acquazzone, i manifestanti si sono spostati sotto i portici di piazza Castello, a quel punto l’evento si è trasformato in una festa.
I manifestanti, in larga parte giovani, hanno dato libero sfogo alla naturale voglia di stare insieme: la musica e i balli hanno perso il sopravvento.
Inizialmente una bellissima performance con i bonghi, poi uno (o più?) DJ alla console, peraltro piuttosto potente, montata sul carrello attaccato alla bici.
Il comunicato dei manifestanti:
“Solo pochi giorni fa sono morti per mano del razzismo di stato Adnan Siddique, ucciso a coltellate per avere difeso alcuni braccianti vittime di caporalato e Mohamed Ben Ali, morto tra le fiamme di un incendio divampato nel ghetto di Borgo mezzanone, in provincia di Foggia. Il razzismo è ancora profondamente radicato e sistematico anche in Italia, e per questo va combattuto ogni giorno in ogni sua forma, dalle microaggressioni quotidiane, alla lotta dei braccianti.
Pochi giorni dopo l’omicidio di George Floyd, un uomo palestinese affetto da autismo, Iyad Hallaq, è stato ucciso da sette colpi di pistola sparati dalla polizia israeliana a Gerusalemme. La politica d’Israele del “grilletto facile” ha ucciso, nel solo 2019, 133 palestinesi (di cui 28 minorenni). I rischi penali sono nulli: quasi mai viene aperta un’inchiesta che si conclude con una condanna qualora a commettere l’omicidio o le violenze siano soldati o coloni israeliani. I due omicidi, a distanza di pochi giorni, hanno rivelato come le lotte degli afro-americani e la lotta palestinese siano intimamente connesse. Il razzismo ed il colonialismo sono figli di un’ideologia suprematista occidentale i cui confini superano quelli nazionali.
Questa cultura si esprime anche nell’espressione tangibile della memoria pubblica, con intitolazioni e monumenti che celebrano personaggi chiave della storia coloniale ed escludono sistematicamente la memoria dei colonizzati. Nel mese di dicembre a Torino il Partito Democratico ha bloccato un ordine del giorno che prevedeva l’intitolazione dei giardini di via Revello, in Borgo San Paolo, alle cadute e ai caduti delle Forze siriane democratiche, l’esercito rivoluzionario siriano formato da curdi, arabi ed ezidi che ha sconfitto lo Stato islamico in questi anni. Sui giardini di via Revello sorse il centro sociale Gabrio, dove fu organizzata la prima carovana torinese che raggiunse Kobane. Le Forze siriane democratiche hanno offerto dodicimila martiri al mondo nella lotta contro l’Isis, ma il Pd sostiene una dedica alternativa all’imprenditore biellese Riccardo Gualino. Si assegnano pesi diversi al valore delle vite sulla base dell’origine, della lingua e dei rapporti mondiali di potere. Non a caso l’Italia, paese che pure ha conosciuto la resistenza contro l’occupazione, mostra indifferenza totale non solo verso le cadute e i caduti, ma anche verso le prigioniere e i prigionieri palestinesi e curdi vittime di tortura nelle prigioni di Israele e Turchia – in nome di alleanze fondate su un profitto che è frutto diretto delle attuali pratiche di colonizzazione.
Sabato 6 dopo il Flash Mob si è formato un corteo spontaneo e pieno di energia che Torino non aveva mai visto prima: abbiamo attraversato la città facendo tremare chi di solito ci chiede i documenti e ci vuole incutere paura. Abbiamo camminato, ballato e cantato tutti e tutte insieme riprendendoci gli spazi che quotidianamente vengono negati.
Dopo l’assemblea pubblica antirazzista del 12 giugno è risultato chiaro che quel corteo non ci è bastato, e quindi SABATO 27 GIUGNO TORNIAMO NELLE STRADE con una grande manifestazione felici e determinati a far sentire la nostra voce!
Alziamo di nuovo un grido fortissimo: giustizia per George, per Adnan, per Mohamed,per Iyad, per tutti i morti di razzismo. Un grido contro il razzismo e la violenza poliziesca che ogni giorno ci opprime!
Lo slogan che stra attraversando tutto il mondo urla “no justice no peace”, e allora finché non ci sarà giustizia non ci sarà pace! Questo è solo l’inizio!“.