Grup Yorum ha vinto la sua battaglia: la nota band turca potrà ricominciare a tenere concerti e vendere i propri dischi, dal momento che la magistratura ha deciso di revocare l’interdizione che l’aveva colpita nel 2016.
La decisione ha spinto quindi il bassista del gruppo, Ibrahim Gokcek, a interrompere lo sciopero della fame a oltranza iniziato 323 giorni prima per protestare contro questo divieto. “La nostra resistenza ha ottenuto una vittoria politica” ha dichiarato Gokcek, annunciando così che il tribunale di Istanbul ha accolto la richiesta del gruppo di poter tornare ad esibirsi. E’ attesa per oggi l’approvazione della data dell’evento. Una “vittoria” che però ha un sapore amaro: tra il 3 e il 25 aprile, prima la cantante Helin Bolek e poi Mustafa Kocak entrambi di 28 anni hanno perso la vita. Entrambi si sono lasciati morire di fame, la prima nella sua casa, il secondo in carcere, dove stava scontando una condanna all’ergastolo per vendita di armi a un movimento terrorista. Un’accusa contro cui, stando ai suoi legali, la procura di Istanbul non avrebbe avuto prove concrete.
Stando alla stampa locale, un gruppo di deputati di opposizione, attivisti e fan della band si sono riuniti stamani davanti la casa del bassista Gokcek per manifestare la propria solidarietà. “La vita ha vinto” ha dichiarato Sebnem Korur Fincanci, il presidente della Human rights foundation of Turkey (Tihv). “Avevamo detto che le loro richieste erano le nostre richieste. Abbiamo lottato per creare un mondo in cui possano cantare liberamente le loro canzoni popolari, e non intendiamo porre fine a questa battaglia” ha aggiunto il presidente dell’associazione.
All’origine della messa al bando del gruppo rock folk, il carattere politico dei suoi testi attraverso cui, in particolare, veniva contestato il governo del presidente Racep Tayyip Erdogan. Da qui nel 2016, la decisione delle autorità turche di includere la band nella lista dei movimenti sovversivi e terroristi, con il conseguente arresto di diversi suoi membri. I Grup Yorum però non si sono arresi e hanno deciso di lanciare uno sciopero della fame a oltranza per rivendicare il diritto alla libera espressione del pensiero e per chiedere il rilascio dei detenuti di coscienza.
In Turchia, dal fallito golpe dell’estate 2016, le associazioni per i diritti umani denunciano una stretta ai diritti e alle libertà individuali da parte dell’esecutivo, con l’arresto di migliaia di persone tra oppositori politici, dissidenti, intellettuali, giornalisti e attivisti.