Alcuni giorni fa c’è stato un inquietante caso di Trattamento Sanitario Obbligatorio a cui è stato sottoposto un 33enne, Dario Musso abitante a Ravanusa, in Sicilia, provincia di Agrigento. Dario il 2 di maggio scorso semplicemente con un megafono parlava ai suoi concittadini invitandoli ad uscire di casa, a tornare alla vita normale, a ribellarsi agli abusi. Per questo è stato avvicinato e poi fermato da una volante dei carabinieri che sono intervenuti in modo spropositato dal momento stesso in cui il ragazzo non dava segni di alterazione né aveva opposto resistenza, al contrario appariva tranquillo e collaborativo.
In un breve video caricato su Youtube si vede dapprima il ragazzo fermo su di un’automobile parlare al megafono invitando le persone a “svegliarsi” a uscire a ribellarsi, a non sottostare più alle restrizioni imposte con la quarantena, poi in un momento successivo con una ripresa dall’alto si vede il ragazzo in piedi fuori della macchina ragionare tranquillo essere avvicinato da due carabinieri e tre sanitari. Nel proseguo del video si vedono i carabinieri portargli le mani dietro la schiena e poi gettarlo malamente a terra, dopodiché i sanitari iniettargli qualcosa con una siringa, presumibilmente un sedativo.
Un intervento scomposto, inutile e violento, compiuto sul ragazzo senza nessun reale motivo che lo potesse giustificare.
Il ragazzo viene poi portato presso l’ospedale Barone Lombardo di Canicattì, legato ad un letto, viene ripetutamente sedato, imbottito di psicofarmaci, un catetere gli viene inserito a forza per le funzioni fisiologiche, il ragazzo rimane in queste condizioni senza possibilità alcuna di parlare per diversi giorni con la sua famiglia.
Il fratello di Dario, l’avvocato Massimiliano Musso, tenta inutilmente più e più volte di comunicare con il fratello, chiede di poterlo visitare, o quantomeno di poterci almeno parlare. I tentativi vanno avanti per quattro giorni dal momento del ricovero coatto, i responsabili del reparto ospedaliero negano ripetutamente ogni possibilità di contatto con il fratello ricoverato in modo forzoso.
L’avv. Musso ha registrato tutte le conversazioni avute dal 2 maggio in poi con gli operatori sanitari.
Ogni volta che il fratello e anche legale dell’uomo ricoverato prova a chiamare gli viene ripetuta sempre la medesima risposta:
“Suo fratello sta dormendo.”
L’avvocato non demorde e al terzo giorno contatta i carabinieri di Canicattì sollecitando un loro intervento, i carabinieri si dicono impossibilitati a poter mandar un volante e suggeriscono a Massimiliano Musso di contattare il commissariato di polizia locale.
Massimiliano Musso non si perde d’animo nemmeno stavolta e contatta subito il commissariato che tenta di rimpallare il problema ai carabinieri, in quanto loro competenza per essere stati i primi a intervenire.
Alla fine sotto insistenza e pressione del legale, la polizia di Stato chiama l’ospedale e parla finalmente con la dottoressa, che però riferisce ancora una volta la medesima cosa:
“Dario Musso dorme, al momento non può rispondere”
L’avvocato Musso il giorno stesso provvede allora a sporgere denuncia di reato per la violazione dell’art. 328 del codice penale, che riguarda il rifiuto d’atti d’ufficio. Musso non si arrende e richiama ancora l’ospedale anticipando la denuncia formale
“Suo fratello è contenuto. E’ meglio che dorme.” Rispondono questa volta i sanitari della struttura sanitaria.
Siamo giunti al termine del terzo giorno di ricovero coatto, tre giorni senza che la famiglia abbia avuto la possibilità di comunicare con il proprio familiare.
L’oggetto della denuncia oltre che per l’impossibilità di poter parlare con il fratello è l’omissione da parte dei sanitari che hanno provveduto il Trattamento Sanitario Obbligatorio al ragazzo, a comunicare il tipo di medicinali e il trattamento a cui Dario in quei giorni veniva sottoposto.
Ogni comunicazione con il fratello viene negata anche il giorno successivo.
E’ solo alla fine del 4° giorno che l’avvocato Musso riesce a parlare col fratello per telefono grazie all’intervento di un operatore sanitario presente quel giorno in reparto.
Massimiliano può sentire finalmente la voce di Dario che in quel momento risulta essere completamente stordito, presumibilmente sotto effetto dei sedativi che per tutti e quattro i giorni del ricovero gli sono stati somministrati.
Dario però riesce a dire:
“Sono chiuso nelle mani e nelle braccia.”
Dario finalmente viene dimesso, ma sarebbe più opportuno dire rilasciato dal ricovero coatto, il giorno 9 maggio, dopo una settimana esatta di T.S.O. La famiglia di Dario per tramite il fratello legale, ha già provveduto a presentare ricorso contro il provvedimento firmato dal Sindaco della cittadina, ricorso che verrà discusso in tribunale il prossimo 4 giugno.
L’avvocato Massimiliano Musso in seguito a questa inquietante vicenda ha rilasciato una breve intervista a TeleTime, raccontando come si sta muovendo, il suo obbiettivo e la questione che gli sta principalmente a cuore è che ciò che è accaduto al fratello non debba e non possa più ripetersi con nessuno, specie in virtù del fatto che non tutti hanno la fortuna di poter avere un fratello avvocato che li tuteli da un simile episodio:
“L’unica cosa che può risarcire completamente questa questione è che non avvenga mai più nei confronti di nessuno. – Racconta l’avvocato Massimiliano Musso nell’intervista in merito a quanto accaduto al fratello Dario – Perché poi risarcimenti personali lasciano il tempo che trovano. Qui la vera giustizia sarà compiuta nel momento in cui non accada mai più:
1) Che un medico senza visitare il paziente firmi una proposta di trattamento sanitario obbligatorio.
2) Che un secondo medico dell’ASL firmi un documento senza mai avere visitato il paziente che convalida la prima richiesta del primo medico.
3) Che un Sindaco disponga una immotivata ordinanza con cui dispone il Trattamento Sanitario Obbligatorio, il luogo di degenza, con il ricovero nell’ospedale psichiatrico senza prima avere parlato direttamente con la persona. Un Sindaco dovrebbe avere la dignità di essere presente sul luogo per valutare concretamente e vedere con i propri occhi, apprezzare dal punto di vista della sua responsabilità di primo cittadino di una comunità in che condizioni si trovi quella persona a cui stanno negando la libertà, e costringendo la somministrazione di farmaci che non sono certo l’aspirina.
4) Che non succeda mai più che un giudice tutelare convalidi una ordinanza di T.S.O. senza nemmeno aver letto le carte, con una superficialità che ha portato ad un atto abnorme, che è già oggetto d’inchiesta sul tavolo del ministro della Giustizia per le opportune ispezioni ministeriali sul Tribunale di Agrigento, dove andranno a verificare tutti i T.S.O. degli ultimi anni e in che forma sono stati convalidati.
Se questo è successo a mio fratello Dario, – prosegue Musso – che ha le spalle coperte attraverso il sottoscritto, attraverso mio padre, che è un ex maresciallo dei carabinieri, attraverso la mia famiglia, una famiglia umile, ma di persone assolutamente stimate sul territorio, per questo penso se ciò è accaduto nei confronti di mio fratello Dario che comunque non è stato abbandonato, io mi chiedo che cosa possa succedere agli ultimi della società, o comunque alle persone che non sono in grado di difendersi con la tenacia che abbiamo messo in campo noi.“ Conclude l’avvocato Musso.
La vicenda oltre che un chiaro abuso è sicuramente allarmante. Testimonia una pericolosa deriva fatta di abusi di potere che ultimamente si sono verificati varie volte in Italia con la scusante dell’applicazione delle misure relative alla quarantena per via dell’emergenza sanitaria.
Misure che troppo spesso sono state applicate eccedendo, uscendo notevolmente da quanto disposto dalle leggi stesse, applicando provvedimenti che operano sulla limitazione delle libertà delle persone in modo eccessivo, spesso spropositato, e in modo abnorme oltre il necessario e nel non rispetto delle leggi a tutela delle libertà civili e personali della popolazione in generale.
Siamo difronte a una deriva molto temibile oltre che ambigua, composta da una serie di forzature e abusi sdoganati con la giustificazione dell’emergenza sanitaria. Non si può usare la presunta tutela della salute pubblica come fosse un piede di porco per divellere le libertà civili. Usare a pretesto l’emergenza sanitaria, per colpire e abusare chi dissenta e tenti di esercitare i propri diritti costituzionalmente stabiliti, come quello di parola e di opinione. Diritti che devono essere invece garantiti, sia dallo Stato, così come da tutte le sue figure istituzionali.
Non è certo garanzia di rispetto dei diritti costituzionali la minaccia di essere rinchiusi in un ospedale psichiatrico quando si eserciti il proprio diritto di esprimere la propria opinione, così come in fondo stava facendo Dario Musso. E risultano anche gravi precedenti quei casi in cui una persona, qualora contravvenendo a una qualche disposizione sanitaria, vengano poi attuate nei suoi confronti misure abnormi e totalmente spropositate rispetto all’entità stessa della contravvenzione.
Fino anche ad arrivare a prefigurarsi uno scenario preoccupante, dove chiunque si rifiuti di seguire questa specie di nuovo “regime sanitario” possa fare la fine di Dario Musso: sedato in strada come fosse il più pericoloso fra i criminali, trasportato all’ospedale, sottoposto a ricovero coatto, legato imbottito di medicinali e obbligato a trattamento sanitario del tutto immotivato e non giustificato, negando sia a lui che alla sua famiglia i più minimi diritti fondamentali.
Di fronte a quel che è successo a Dario non c’è emergenza sanitaria che tenga che possa anche lontanamente giustificare quanto avvenuto. D’altronde preoccupa vedere che non siamo difronte a un avvenimento isolato, bensì sono stati numerosi i casi di risposta eccessiva e spropositata, gli abusi veri e propri commessi sulle persone e sulla popolazione in questo periodo di emergenza.
Per comprendere meglio la questione bisogna dire che con l’uso del regime di T.S.O. i diritti del paziente e delle persone ad esso sottoposte, si riducono drasticamente, tanto da rendere il ricovero niente di diverso dalla reclusione carceraria. Oltre a ciò la sottrazione della libertà e il massiccio bombardamento psicofarmacologico riducono le capacità di difesa dell’individuo creando una situazione di vero e proprio rischio: ogni reazione della persona può essere interpretata dagli psichiatri come sintomo di malattia o incapacità di rendersi conto del proprio stato di salute, condizioni queste che possono giustificare il T.S.O., oltre un incremento delle terapie farmacologiche e non.
Esistono però dei modi per difendersi dai ricoveri coatti e dalle morse strette della psichiatria quando diventino violenza e abuso, specie quando questi TSO vengano operati con dei vizi, sia di contenuto che di forma.
La Legge di Riforma sanitaria del 1978 stabilisce chiaramente le modalità di esecuzione di un trattamento coatto: qualora uno qualunque dei passaggi necessari alla sua effettuazione non venisse rispettato (come avviene nella maggior parte dei casi) è possibile parlare di vero e proprio abuso, o addirittura di reato, e dunque procedere legalmente affinché il provvedimento venga revocato.
Il trattamento sanitario obbligatorio ha durata di 7 giorni, e per essere disposto necessita di una serie di passaggi stabiliti per legge. Esso deve essere disposto dal sindaco del Comune di residenza su proposta di un medico e convalidato da uno psichiatra operante nella struttura pubblica. Dopo aver firmato la richiesta di T.S.O. il sindaco deve inviare il provvedimento e le certificazioni mediche al Giudice Tutelare operante sul territorio, entro 48 ore; il giudice, che ha un compito di vigilanza sul trattamento può, o meno, convalidare il provvedimento. Lo stesso procedimento deve essere seguito nel caso in cui il T.S.O. venga rinnovato.
Il T.S.O. può essere quindi eseguito solo ed esclusivamente se sussistono queste tre condizioni :
1. L’individuo presenta chiare alterazioni psichiche tali da necessitare interventi terapeutici urgenti;
2. L’individuo rifiuta le terapie psichiatriche;
3. L’individuo non può essere assistito in altro modo rispetto al ricovero ospedaliero.
Tutte condizioni queste che non sussistevano minimamente nel caso di Dario Musso. Di fatto un Trattamento Sanitario Obbligatorio non deve essere concesso e deve essere immediatamente revocato se manca anche una sola delle 3 condizioni sopra che lo giustifichino.
Così come un T.S.O. è illegale e immediatamente impugnabile per vizi di forma:
Innanzitutto di fronte alla presentazione di un provvedimento di T.S.O. abbiamo diritto a chiedere copia della notifica del Sindaco relativa al provvedimento stesso.
In mancanza o in attesa di tale notifica, che deve pervenire entro 48 ore, nessuno può obbligarci a ricoverarci o a seguire terapie, a meno che non abbiamo violato norme penali o che lo psichiatra abbia invocato lo stato di necessità regolato dall’articolo 54 del Codice Penale.
La definizione dello lo stato di necessità è comunque estremamente generica, cosa questa che lascia molta libertà all’arbitrio dello psichiatra di turno nel definire se il nostro comportamento sia lesivo o meno.
I poteri dello psichiatra sono enormi se si pensa inoltre che la lesività del nostro comportamento non dipende da diagnosi cliniche o da norme legali, quanto più da giudizi e/o pregiudizi sociali e culturali.
Dopo che il provvedimento ci è stato notificato i diritti del paziente in regime di T.S.O. si riducono notevolmente.
Potrebbe mancare a questo punto la notifica da parte del Giudice Tutelare che deve pervenire entro le 48 ore successive alla richiesta del Sindaco.
Se la convalida del giudice non avviene entro questo lasso di tempo il provvedimento decade. Ciò significa che abbiamo tutto il diritto, ai sensi di legge, di lasciare la struttura ospedaliera in cui ci avevano rinchiuso.
Moltissimi i casi in cui è accaduto che i medici che firmano il provvedimento non abbiano mai né visto né visitato il paziente.
Il ricovero risulta illegale e dunque il T.S.O. è invalidato. In questi casi, inoltre, i medici possono essere denunciati per falso in atto pubblico.
Il T.S.O. decade anche qualora o i medici o il Sindaco o il Giudice Tutelare, nei loro documenti abbiano omesso di specificare le motivazioni che hanno reso necessario il ricorso al ricovero coatto.
Spesso, inoltre nelle certificazioni ci si dimentica di specificare che sussistono le 3 condizioni descritte sopra che rendono possibile il T.S.O.
Detto ciò gli abusi sono innumerevoli e purtroppo anche dove siano presenti innumerevoli irregolarità, il “dissequestro” da un ospedale psichiatrico non risulta mai essere né semplice né immediato.
Impedire che si faccia uso e abuso di T.S.O. con le modalità subite da Dario Musso, magari giustificate in modo immotivato come si è ben potuto vedere per via dell’emergenza sanitaria, è la battaglia che ha iniziato a condurre il fratello di Dario, l’avvocato Massimiliano Musso. Un battaglia che risulta essere molto importante per tutti, specie se si guarda l’allarmante dato pervenuto sul numero di T.S.O. in netto aumento, in specie dopo l’attuazione delle disposizioni legate all’emergenza sanitaria.
In Italia la Conferenza Nazionale Salute Mentale ha lanciato un appello a Governo e Regioni, sostenendo che ‘la tutela della salute mentale deve diventare uno degli obiettivi cruciali della strategia più generale per contrastare i danni dell’epidemia covid-19”.
E cosa fanno dunque gli psichiatri e le autorità per “contrastare i danni indiretti dell’epidemia covid-19” ? Beh, fanno quello che gli riesce meglio e più facile: aumentano i T.S.O.
Come dire: “se vi sentite a disagio per il dover stare reclusi in casa, oppure perché avete perso il posto di lavoro, o anche se avete da dissentire qualcosa come faceva Dario Musso, non preoccupatevi; ci siamo noi. Vi preleviamo da casa oppure in strada e vi rinchiudiamo con la forza in un reparto di psichiatria.”
Beh grazie per l’aiuto, ma ne facciamo volentieri a meno. Per questo motivo sono molto importanti le battaglie come quella condotta dal fratello di Dario, perché casi come quello occorso a Dario non possano ripetersi e diventare storie di ordinario abuso compiuto sulle persone in nome dell’emergenza sanitaria.